STORIA E VIDEOGIOCHI. QUALE RAPPORTO? ESPERTI E SVILUPPATORI NE HANNO PARLATO A BARI

videogiochi

Si può raccontare la storia attraverso il gioco e, più nello specifico, il videogioco? Come si concilia una materia che racconta eventi già successi e dall’esito ormai scritto e noto con un media che ha le sue principali peculiarità nell’interattività e nell’indeterminatezza?

Di questo e di tanto altro si è parlato a Bari nei giorni scorsi, durante Apulia Digital Experience 2023, la prima conferenza internazionale in Italia dedicata all’innovazione digitale nelle industrie creative, promossa da Rai e Apulia Film Commission. Una kermesse che, nella sede dell’Apulia Film House dal 10 al 12 novembre, ha esplorato le nuove frontiere del digitale tra intelligenza artificiale, metaversi, universi del gaming, del cinema e dell’audiovisivo. Una tre giorni all’interno della quale si è tenuta la sesta edizione di “Videogame e Alta Cultura”, l’annuale appuntamento dedicato ai rapporti tra media videoludico e cultura nel suo significato più ampio.

Appuntamento organizzato dalla società barese Age of Games. Quest’anno, tema di collegamento tra videogiochi e cultura è stato, appunto, la storia. Insieme ad un pool di esperti in diverse materie, si è discusso su come non solo i videogiochi possono influenzare lo studio della storia, ma come possiamo leggere la storia in modo ludico grazie a giochi e videogiochi.

«Un tema fondativo per me che ho una formazione da storico» per Fabio Belsanti, Ceo di Age of Games e principale organizzatore di Videogame e Alta Cultura: «Il progetto è nato durante alcuni miei studi universitari in cui riuscivo a vedere la ludicità in alcuni archivi meravigliosi».

LA STORIA E’ TRA LE PRINCIPALI FONTI PER LE NARRAZIONI

Da sempre la storia è tra le principali fonti da cui ogni tipo di arte trae ispirazione. E il videogioco non fa eccezione. Sono tantissimi i titoli ambientati in epoche passate, il più delle volte durante le svariate guerre che hanno insanguinato i secoli. Titoli che tentano di riprodurre più o meno fedelmente gli eventi o che alla storia mescolano molti elementi evidenti di fantasia.

«Quello tra storia e videogiochi è un rapporto molto importante perché il videogioco è un fantastico strumento di ausilio alla didattica, per appassionare le nuove generazioni alla storia. Pensiamo ai casi di Assassin’s Creed o a quel capolavoro che è Civilization, che gioca con lo sviluppo delle civiltà storiche. Il videogioco è qualcosa di assolutamente positivo, da comprendere e utilizzare per il progresso della nostra civiltà, al pari di tutte le altre espressioni artistiche» è il commento di Marco Accordi Rickards, Ceo di Vigamus, il museo del videogioco che ha sede a Roma.

WHAT IF

Talvolta i videogiochi si limitano ad inserire le vicende di un personaggio in contesti storici già predefiniti, realistici o fortemente influenzati dalla fantasia. Talvolta, invece, si cimentano nel racconto di un alternativo corso degli eventi, partendo da quei “se” con cui non si fa la storia, come recita un mantra ricorrente volto a ribadire come non sia interesse degli storici discutere su cosa sarebbe successo se un determinato avvenimento fosse andato diversamente. Giustamente, perché se la storia è quella materia, infatti, è quella materia che lo studio di quel che è successo, ha poco senso, per gli storici in senso stretto, inoltrarsi nel “what if”, per dirla con la sintesi tipica della lingua inglese.

Ciò, tuttavia, non significa che quell’immaginare scenari alternativi non abbia alcun senso. Anzi, dal punto di vista narrativo, il “what if” è un meccanismo potentissimo in grado di generare storie avvincenti, una merce pregiata per chi osa immaginare. “Ucronia” è la parola adatta a descrivere narrazioni basate su eventi storici dall’esito alternativo che vanno a creare scenari futuri che, a loro volta, si distinguono in utopie e, più spesso, distopie (spesso il futuro immaginato dalla fantascienza è orribile). Prima la letteratura, poi il cinema, si sono sbizzarriti ricostruendo narrazioni storiche differenti dal reale corso degli eventi. Negli ultimi decenni sono stati i videogiochi, forti dell’interattività che è la loro principale peculiarità, ad inoltrarsi in quel vasto ed esplorabile terreno del “cosa sarebbe successo se”. In vari modi diversi tra loro.

CIVILIZATION

Basti pensare ai giochi strategici. Per chi non è avvezzo al mondo videoludico si tratta di giochi in cui il giocatore non interpreta un personaggio specifico, come accade nella gran parte dei videogame, ma eserciti. Come se fosse un signore della guerra che, seduto davanti al proprio pc o alla propria consolle da gioco, decide le strategie belliche disponendo delle vite (per fortuna solo virtuali) dei suoi soldati.

Tra i capostipiti del genere, la serie Civilization, nata nel 1991, consente al giocatore di controlla l’evoluzione di una nazione attraverso tutta la storia della civiltà. Si parte da civiltà realmente esistite, come mongoli, indiani, zulu, greci, egizi, aztechi, romani e tante altre e, attraverso scelte economiche e belliche, si può far sì che la civiltà scelta si espanda sempre di più. Nell’universo così impostato, il reale corso degli eventi diventa qualcosa di superfluo e inutile e si possono far vincere, all’esercito scelto, battaglie storicamente perse, giusto per fare qualche esempio.

FUTURI PASSATI

E così, in questo modo, si possono immaginare “futuri passati” che possono mostrarci tanti errori che sono stati fatti e che si continuano a fare ancora oggi. Lo ha sottolineato Virginio Ilari, presidente della Società Italiana of Storia Militare e redattore della rivista di geopolitica Limes, partendo dal racconto di alcuni scritti che, a fine ‘800, anticiparono la Prima Guerra Mondiale.

«Nella tradizione scolastica il gioco non è visto come un grande amico della storia – sottolinea Antonio Brusa, docente di Didattica della Storia all’Università di BariVige ancora l’interdizione dettata da un grande come Benedetto Croce secondo cui la storia non si fa con i se. Mentre il gioco è basato sui se. Annibale perse la battaglia di Canne, ma giocando puoi invertire le sorti dell’accaduto. Il gioco è il mondo del possibile, la storia è il mondo dell’accaduto. Come è possibile metterli insieme? Oggi abbiamo tantissimi giochi da tavolo e videogiochi che hanno come oggetto la storia. Non c’è nessun periodo storico che non abbia almeno un gioco che ad esso si ispira. Alcuni esperti dicono che è possibile fare l’intero programma didattico giocando.

Il punto è quanto vale giocare con la storia e quanto grande è il rischio di imparare cose sbagliate. Qui il discorso si fa più serio e c’è bisogno di essere più analitici. Ci sono giochi che non insegnano nulla, altri che insegnano poco o male, altri fatti molto bene, accurati dal punto di vista storico. Possiamo immaginare un futuro in cui i giochi raggiungono un altro livello, che non si limita al fornire un’informazione storica, ma trasmette una capacità critica della storia, per imparare a ragionare storicamente».

HOMENI ET ARME

Ma il rapporto tra storia e videogioco non si esaurisce certo qui. Perché attraverso l’esperienza ludica è anche possibile ridare vita a personaggi apparentemente minori, non raccontati dalla storiografia, piccole ma fondamentali pedine di grandi eventi storici. Pensiamo, ad esempio, alle compagnie di mercenari che, tra Medioevo ed età rinascimentale, si davano battaglia in quell’Italia divisa in tanti piccoli stati. Siamo a conoscenza delle loro battaglie, ma non delle vicende dei singoli protagonisti. Attraverso il media videoludico si possono interpretare quei “personaggi in cerca di autore” e ridar loro quel ruolo da protagonisti finora negato dalla grande storia.

È questo, ad esempio, l’obiettivo di Homeni et Arme, gioco attualmente in sviluppo da parte di “Age of Games”. Sarà basato interamente sullo studio e sulla trascrizione di fonti archivistiche inedite del XV secolo. Si tratta di libri contabili di un esercito mercenario del Rinascimento toscano, digitalizzati 20 anni fa, per una tesi di laurea, da Belsanti. Da voci di spesa e note a margine che ricostruivano vicende personali dei componenti della compagnia, l’obiettivo è ricostruire, con l’aiuto della fantasia tipica dei videogiochi, le loro vicende, attraverso un gioco strategico a turni dall’alta componente narrativa.

ESPLORARE IL LATO TRAGICO DELLA GUERRA

Un altro modo in cui il gioco può narrare la storia è mostrando, sotto forma di sfida, il lato tragico delle guerre. Immaginiamo di essere in una città sotto i bombardamenti, sotto assedio nemico, e di dover provvedere al sostentamento di civili nascosti. È il caso di un gioco dal titolo “This war of mine”, ambientato durante l’assedio di Sarajevo degli anni ‘90. Nei panni di un gruppo di civili, bisogna riparare il rifugio, provvedere ai bisogni alimentari dei rifugiati e cercare il necessario per difendersi dal freddo. Oppure è il caso di Papers, Please. Il giocatore impersona un ispettore di frontiera addetto al controllo immigrazione in un fittizio paese dell’Europa orientale, sotto dittatura comunista, in piena Guerra Fredda. In base alle sue scelte può decidere di far scappare le persone o denunciarli e condannarli all’arresto e, in alcuni casi, alla pena capitale.

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