di Carmela Moretti
Come sarebbe la nostra conoscenza dei più grandi artisti italiani del passato, se per ognuno di essi avessimo ritrovato un libro dei conti? Certamente molto più approfondita e con meno incertezze da dissipare.
È questa la domanda che ci si pone, dopo aver visitato la mostra sul Guercino, organizzato presso la Pinacoteca Nazionale di Bologna; un importante progetto espositivo, che ruota proprio attorno al libro dei conti dell’artista bolognese, conservato nella Biblioteca dell’Archiginnasio di Bologna.
Si tratta di un documento di eccezionale valore per gli studiosi, per l’appunto una merce rara. Su queste pagine sono segnati tutti i dettagli dell’attività del Guercino e della sua bottega. Così, grazie a questa mostra, apprendiamo che Giovanni Francesco Barbieri – detto Guercino, per uno strabismo all’occhio destro causatogli da un trauma – è stato non solo un grande esponente del Barocco emiliano, ma anche un geniale imprenditore di sé stesso. Diede vita a un atelier insieme a suo fratello Paolo Antonio e agli eredi del suo primo maestro, Benedetto ed Ercole Gennari, con cui più tardi il legame professionale diventò anche di parentela (Ercole Gennari sposò Lucia, la sorella del Guercino).
Organizzarono lo studio, mostrando ottime capacità gestionali. Innanzitutto, i componenti si specializzarono in campi diversi. Per esempio, Guercino si perfezionò nella rappresentazione della figura umana, per cui aveva intrapreso numerosi e meticolosi studi di anatomia; suo fratello Paolo era particolarmente portato per la pittura naturalistica: paesaggi, animali, frutta, fiori, oggetti quotidiani.
Questo tipo connubio darà vita a opere realizzate a più mani, come per esempio L’ortolana: qui il Guercino si è occupato della figura della contadina, mentre Paolo della composizione naturalistica che le sta intorno.
Dal libro dei conti – affidato prima a Paolo Antonio e più tardi alla cura del Guercino stesso – si apprendono altri particolari di notevole interesse: il tariffario, i quadri venduti, le date, i nomi dei clienti.
Si viene a sapere, così, che per una testa, una mezza figura e una figura intera erano previste tariffe diverse. In più, i Gennari potevano copiare le opere del maestro Guercino e venderle a un costo più moderato, a condizione che le copie non lasciassero mai la bottega prima dell’originale.
Insomma, si trattava di una vera e propria azienda, con la finalità di valorizzare il “brand” Guercino, per trarne il massimo profitto.
L’esposizione riunisce circa una ventina di quadri realizzati dall’artista di Cento e dal suo team.
Tra questi, oltre al già citato L’ortolana, spiccano Madonna del Passero e San Sebastiano, entrambi realizzati nel periodo giovanile.
Il primo, rappresenta la Vergine col bambino in un rapporto di intimità quotidiana. Non vi è sacralità: si tratta semplicemente di una madre che gioca col proprio figlioletto, mostrandogli un passerotto in un gesto di delicata tenerezza. L’opera fu realizzata da un Guercino ancora ventenne, che si era formato quasi completamente da autodidatta.
Anche il San Sebastiano risale al periodo giovanile di Guercino. Il protagonista del dipinto si allontana dalla tradizionale iconografia a cui siamo abituati: non appare come un uomo che resiste stoicamente al martirio, ma si accascia stremato. A rendere meraviglioso il dipinto è l’accuratezza con cui l’artista si è dedicato alla figura umana, mettendone in primo piano i piedi.
Anche in questo caso non vi è traccia di sacralità, ma ancora un riuscito tentativo di umanizzare il divino.
La mostra è visitabile fino all’11 febbraio 2024. Questo prolifico e brillante artista del barocco emiliano, per molti aspetti ancora poco conosciuto al grande pubblico, merita di essere conosciuto e approfondito.