Quaranta anni fa, un simpatico e baffuto idraulico italiano venuto dal Giappone conquistò il mondo.
In tanti avranno capito già di chi stiamo parlando. Sì, perché non è solo il protagonista di un videogioco. È uno dei simboli della cultura popolare internazionale. Parliamo ovviamente di Mario, o Super Mario. O, ancora, Mario Mario, come venne chiamato in un film del 1993 dedicato a lui e al fratello Luigi Mario.
Se chiediamo ad una qualsiasi persona che non ha mai avuto a che fare con i videogiochi quale sia il primo personaggio che viene in mente quando si parla di questo tema, quasi sicuramente penserà a Mario. Qualcuno magari indicherà anche l’archeologa Lara Croft, ma al 99% il primo pensiero sarà all’idraulico in tuta rossa e salopette blu. È così forte la sua popolarità che, in più occasioni, il nomignolo “Super Mario” è stato affibbiato a diversi personaggi omonimi che, per l’opinione pubblica, eccellevano nel loro campo. Si va dal calciatore Mario Balotelli al ciclista Mario Cipollini. Dal calciatore Mario Gomez al campione di hockey Mario Lemieux. Senza dimenticare la politica italiana che, negli ultimi anni, ha visto ben due premier essere indicati come Super Mario: Monti e Draghi.
La prima apparizione
In realtà, il vero quarantesimo anniversario del personaggio fu due anni fa. La prima apparizione fu nel videogioco Donkey Kong, nel 1991. Nacque dalla mente di Shigeru Miyamoto. Ma, all’epoca, non si chiamava Mario, ma era solo Jumpman. Uomo che salta, in italiano. Non era idraulico, ma carpentiere. Non si infilava nelle fogne, ma era chiamato a liberare la fidanzata Pauline dalle grinfie di Donkey Kong, un gorilla ispirato ovviamente al King Kong conosciuto a cinema 50 anni prima. In realtà, al posto di Mario ci sarebbe dovuto essere Popeye, Braccio di Ferro, chiamato a liberare la fidanzata Olivia dal suo nemico Bluto. Ma la Nintendo perse i diritti per realizzare l’adattamento del celebre fumetto e dell’omonimo cartone e fu costretta a cambiare identità ai personaggi. Un ostacolo che, in realtà, si rivelò un colpo di fortuna per l’azienda, che diede così vita alle sue due mascotte: Mario e Donkey Kong.
Jumpman diventa Mario
Fu nel 1983, tuttavia, che uscì Mario Bros. Dal successo di Donkey Kong, la casa videoludica giapponese Nintendo, decise di realizzare uno spin off dedicato proprio a quell’anonimo Jumpman. Al personaggio fu però dato un nome, Mario, appunto, preso in prestito dall’imprenditore immobiliare Mario Segale, che aveva affittato uno dei suoi immobili alla sede di Washington dell’azienda nipponica. Fu cambiato lavoro, da carpentiere a idraulico, e gli fu dato un fratello di nome Luigi (da cui il “Bros” del titolo), vestito di tuta verde e salopette blu, per permettere partite con due giocatori nelle sale da gioco in cui era inizialmente distribuito il titolo. Dopo aver affrontato un gigantesco gorilla, la missione divenne liberare le fogne dalle creature che le popolano, a partire dalle tartarughe Hoopa Koopa che diventeranno nemici ricorrenti nei successivi episodi.
Fu un successo clamoroso, tanto che Mario divenne la mascotte ufficiale della Nintendo. E lo è tuttora. A lui sono stati dedicati tantissimi altri giochi. Il primo di essi solamente due anni dopo, Super Mario Bros, che spostò l’ambientazione nel fiabesco e coloratissimo Regno dei Funghi, mondo pacifico abitato da creature con la testa a forma di fungo, invaso dalle truppe del malvagio Bowser, un essere a metà strada tra drago e tartaruga.
Grazie al successo di Super Mario Bros (che fu ancora maggiore di Mario Bros), il personaggio divenne ancor più famoso e cementificò la supremazia giapponese nel mercato videoludico, conquistata dopo la crisi del settore negli Stati Uniti.
Per capire quest’ultimo passaggio, facciamo un rapido passo indietro
I videogiochi erano nati da poco. Nel ’71 era stato commercializzato Computer Space, primo titolo approdato sul mercato. Per tutto il decennio, fino ai primi anni ’80, gli Stati Uniti avevano spadroneggiato. Erano stati loro, del resto, ad inventare i videogiochi. Nell’83 era ancora in corso la golden age dei videogame, nonostante la crisi serpeggiasse da tempo. Rapido fu dunque il passo dalla vetta all’abisso (non ci dilunghiamo qui sulla crisi, limitandoci a suggerire la lettura di un altro pezzo che affronta il tema più nel dettaglio).
Grazie al successo di Mario e della sua console Nes (acronimo di Nintendo Entertainment System), il Giappone risollevò dal baratro l’industria videoludica e salì sul gradino più alto del podio a scapito degli statunitensi. Rimanendoci per moltissimo tempo. Almeno fino a quando l’americana Microsoft riconquistò una parte del mercato delle consolle da gioco con l’Xbox, nei primi anni del 2000.
La Nintendo
Regina del mondo videoludico divenne la Nintendo, azienda di Kyoto nata nel 1889 per produrre carte da gioco e approdata negli anni ’70 nel campo del gioco elettronico. Chi scrive ricorda quando, anni addietro, ancora nei primi anni ’90, dedicare tempo a qualsiasi videogame era volgarmente tradotto da molti con l’espressione “giocare alla Nintendo”. Un po’ come quando si indicano con “Nutella” anche prodotti simili ma di marche differenti.
C’erano i concorrenti, ovviamente. Ma i principali erano comunque giapponesi. Tra loro, la Sega, marchio di altre fortunatissime console. Ma la Nintendo era la regina incontrastata. E lo è rimasta fino all’avvento della PlayStation targata Sony.
Un successo ottenuto grazie a Mario. E grazie ad una politica aziendale indirizzata principalmente ai più piccoli, con giochi adatti a loro. Del resto. anche i mondi fatati in cui erano ambientate le avventure di Mario erano fatti per loro, pur essendo in grado di affascinare anche i più grandi. La Nintendo si impegnò anche affinché i videogiochi fossero venduti non nei negozi di elettronica, ma in quelli di giocattoli. Un modo anche per aggirare la perdita di appeal che era stata alla base della crisi a stelle e strisce.
Per inseguire il successo dell’idraulico italiano, la Sega tentò prima di utilizzare personaggi famosi come protagonisti dei suoi giochi (tra gli altri, il campione di basket Shaquille O’Neal e la popstar Michael Jackson) e poi, nel 1991, inventò quello che sarà la sua mascotte avversaria di Mario: Sonic, porcospino azzurro capace di correre ultrarapidamente.
La popolarità di Mario portò alla produzione di serie televisive e film di animazione
Il successo del videogioco spinse anche il cinema ad interessarsi alle sue avventure. Certo, fare un film partendo da una trama che dire esile è poco non era affatto facile. E, infatti, il primo tentativo, nel 1993, non ottenne il successo sperato e, nonostante il cast di peso, fu un flop (nonostante ci sia una piccola fetta di fan che a distanza di 30 anni lo considera un piccolo cult, pur riconoscendo i limiti). Ad interpretare Mario, Bob Hoskins che, in un’intervista del 2011 al The Guardian lo definì il suo peggior film, affermando che, potendo tornare indietro, non vi avrebbe partecipato. Lo stesso dicasi per John Leguizamo, che nel film era Luigi, e per Dennis Hopper, il terribile Koopa, il cattivo, che hanno sempre parlato di “esperienza terribile”.
Il film nulla aveva dell’opera videoludica originaria. Alle atmosfere fiabesche e colorate che avevano catturato la fantasia di tanti bambini, si sostituì un cupo ambiente futuristico più adatto ad un pubblico adulto. E il suo insuccesso contribuì a rinforzare l’idea che i film tratti da videogiochi siano sempre brutti. Cosa che purtroppo anche tantissimi altri film hanno alimentato (tra tutti, Mortal Kombat, Street Fighter e l’orribile saga di Resident Evil), pur con alcune eccezioni degne di merito.
Ad aprile 2023, uscirà nelle sale un nuovo adattamento, questa volta realizzato in computer grafica e più in sintonia con le avventure di Mario. A dar voce all’idraulico, ci sarà Chris Pratt nella versione originale (Claudio Santamaria nella versione in lingua italiana).