ET COMPIE 40 ANNI: DAL SUCCESSO AL CINEMA ALLA DISCARICA DEL NUOVO MESSICO

Nello scorso mese di giugno, ha compiuto 40 anni ET, l’extraterrestre reso celebre da Steven Spielberg e forgiato dalla mano dell’artista italiano Carlo Rambaldi. Un grande successo cinematografico, acclamato da critica e pubblico, che, superando Star Wars Episodio IV, divenne il film dal maggior incasso di sempre. Record che mantenne per 11 anni. Solo nel 1993, infatti, il primato fu battuto, restando però nelle mani di Steven Spielberg: a detenere il nuovo record fu, infatti, il suo Jurassic Park.

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Locandina del film

Ma torniamo al nostro extraterrestre, che rappresentò una vera e propria rivoluzione nell’immaginario dell’epoca. “ET – L’extraterrestre”, infatti, non fu solamente un film di fantascienza. Fu una vera e propria favola dallo sfondo fantascientifico in cui l’alieno non è più il malvagio invasore venuto da altri mondi.

ET: UN alieno atipico per l’epoca

Non era lo spietato e orribile mostro immaginato da Ridley Scott tre anni prima. Non è un pericolo per l’umanità come l’amorfa e sconosciuta “cosa” di John Carpenter, che uscì nei cinema due settimane dopo rispetto ad ET. È, invece, un essere goffo, sgraziato, esteticamente brutto, ma allo stesso tempo tenero, simpatico e amichevole, dotato di sentimenti positivi. Non è a caccia di umani. Anzi, da questi ultimi è inseguito. Non vuole invadere il nostro pianeta, ma solo tornare nel suo, dai suoi simili.

L’Alien di Ridley Scott
Una delle trasformazioni della “cosa” di John Carpenter
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L’alieno realizzato da Rambaldi

Un alieno a cui mancava il proprio paese natìo, a cui mancavano i propri simili. Sentimenti che può facilmente comprendere qualsiasi persona costretta ad allontanarsi dai propri affetti per un motivo o per un altro. ET era un alieno tale solo per la forma, ma fortemente umano nei sentimenti. Proprio per questo, fu un alieno per l’epoca atipico, che seppe farsi amare da tutti, grandi e piccini.

Oltre ai tanti premi vinti, grande fu la sua influenza culturale nel cinema e non solo. Dal film ET nacque un grandissimo merchandising fatto di giochi da tavolo, action figure e tanto altro. Fu utilizzato per promuovere prodotti commerciali e tanto altro.

ET significava successo. Ma non tutto andò nel verso giusto

Se ET al cinema fu per l’epoca il più grande successo, nel mondo videoludico fu il peggior flop della storia, in grado di porre fine all’azienda che fino ad allora era stata la regina del settore: l’Atari. Fu la scintilla che innescò la grande crisi dei videogiochi del 1983. Dal film di Spielberg, infatti, nacque quello che ancora oggi è noto per essere il videogioco più brutto di sempre.

Ma andiamo con ordine. Era sempre il 1982. I videogiochi esistevano da poco. Gli anni ’70 avevano visto la loro crescita rapida e a cavallo con il decennio successivo era in corso la loro “età dell’oro”. Un media nuovo, in grado di conquistare fette sempre più ampie di pubblico. Nel settore, a regnare, erano gli Stati Uniti, la cui Atari era leader assoluta. A seguire, i giapponesi che pure avevano intuito il potenziale di questo nuovo mondo.

Un mondo di cui gli alieni e lo spazio erano diventati il simbolo del videogioco stesso. Un po’ per l’interesse verso l’argomento, un po’ perchè era il tema del primo videogame messo in commercio (Computer Space), un po’ perché le limitate risorse dell’epoca non permettevano molto altro in termini di realizzazione di mondi virtuali. I primi videogame, infatti, impegnavano spesso il giocatore a difendere la terra da pericoli provenienti dallo spazio profondo (Spacewar, Computer Space, Space Invaders).

SpaceWar
Computer Space
Space Invaders

Ma sebbene i primi anni ’80 fossero la Golden Age dei videogame, il collasso era dietro l’angolo a causa di scelte sbagliate e della saturazione di un mercato visto come miniera d’oro e spremuto fino all’osso, senza capacità di rinnovarsi. L’interesse, nel pubblico statunitense, nei primi anni ’80 calava vertiginosamente. E molte aziende uscivano dal settore.

Torniamo, dunque, da ET. Il successo del film non era certo sfuggito alla Atari, decisa ad invertire la tendenza con un videogioco basato sul film.

Il videogioco più brutto della storia

«Il film di Steven Spielberg ha scatenato una vera e propria mania. Perché non realizzarne un videogioco? Alla dirigenza Atari sembra immediatamente un’occasione da non perdere» scrive Marco Accordi Rickards nel suo “Storia del videogioco dagli anni ’50 ad oggi”.

Et
ET, il videogioco

Così, il 25 luglio 1982, firmò un accordo con Steven Spielberg per la realizzazione. Data prevista per la pubblicazione, Natale 1982. Ma, per farlo, lo sviluppatore incaricato, Howard Scott Warshaw, avrebbe dovuto assolutamente completare tutto entro settembre. Pochissime settimane. Un tempo decisamente insufficiente per chiunque. Il risultato fu «un gioco scadente sotto ogni punto di vista – scrive ancora Accordi Rickards -. […] un vero e proprio flop e un disastro commerciale per Atari».

La crisi pose fine al primato statunitense nel settore videoludico, ben presto scippato dai giapponesi. Nel paese del Sol Levante, proprio nell’83, la Nintendo, un’azienda di Kyoto nata nel XIX secolo e da qualche tempo approdata nel campo dei videogame, conosceva un grande successo grazie all’invenzione di Mario, il simpatico idraulico italiano diventato mascotte indiscussa del mondo dei videogame.

Mario Bros (1983) primo capitolo della più famosa mascotte videoludica

Dall’insuccesso di ET cui nacque quella che, per 30 anni, è stata una leggenda metropolitana, vera per alcuni e falsa per altri.

La leggenda delle copie di ET sepolte nel deserto del Nuovo Messico

Le iniziali buone vendite del gioco avevano tratto in inganno l’Atari che, appena si diffusero le notizie sulla bruttezza del gioco, si ritrovò con centinaia di migliaia di copie invendute. Fu così che, per motivi fiscali, decise di disfarsene, insieme a cartucce di altri giochi e materiale vario, scaricando tutto in gran segreto da qualche parte nei dintorni di Alamogordo, cittadina ubicata nel deserto del Nuovo Messico. E così, dopo aver scalato le classifiche del cinema, ET si ritrova a scavare quelle dei videogame, insieme alla sabbia.

Per tre decenni della sepoltura non ci furono mai conferme ufficiali, fino a quando, nell’aprile 2014, una troupe al lavoro su un documentario sul tema riuscì a ricostruire, grazie alle testimonianze degli abitanti della zona, l’esatta ubicazione della discarica e a dimostrare la veridicità della leggenda metropolitana. Rividero la luce 792mila cartucce usurate dai tre decenni sotto la sabbia rovente. Alcune di esse furono donate al museo dei videogiochi Vigamus di Roma, dove sono ancora oggi esposte al pubblico.

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Scavi nel deserto di Alamogordo (2014)
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Reperti conservati a Roma, nel Museo del Videogioco di Roma (foto di Michele Cotugno)

 

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