TRA FABULA E INTRECCIO: TENDENZE DEL LETTORE CONTEMPORANEO

di Ermanno Testa

All’incirca negli anni trenta la corrente di semiotica letteraria dei formalisti russi individuò nella struttura dell’opera narrativa due distinti elementi, entrambi essenziali ai fini dell’indagine critica: la fabula e l’intreccio. In ogni racconto, romanzo, film o qualunque altro tipo di testo narrativo è possibile individuare ed estrapolare nella sua essenzialità la vicenda che dà luogo e attorno a cui ruota tutta la narrazione, a partire dalla rottura iniziale dell’equilibrio situazionale da cui essa trae origine e motivo, fino al raggiungimento del nuovo equilibrio risolutivo finale: questa è la fabula. L’intreccio è invece l’insieme delle modalità, vicende, personaggi, topoi (personaggi, intrecci, colpi di scena, contrasti, impedimenti) e ogni altro tipo di situazione narrativa: il percorso, insomma, attraverso cui si articola la vicenda essenziale contenuta nell’opera, la fabula, appunto. Una distinzione di questo genere rende possibile una più puntuale analisi critica dell’opera narrativa. Schematizzando: la fabula consente di coglierne la funzione ideologica; l’intreccio la sua qualità narrativa.

Si può fare un esempio con un classico della nostra letteratura: “I Promessi Sposi” di Manzoni. Limitandoci alla fabula, il romanzo potrebbe essere letto come la storia di due giovani ingenui montanari, Renzo e Lucia, vittime della prevaricazione dei potenti e della viltà di chi si sottrae per paura ai propri doveri, i quali nell’attraversare, in percorsi paralleli, vicende spesso più grandi di loro, momenti di paura, situazioni di pericolo, inganni, diventano accorti e saggi nei confronti delle ‘insidie del mondo’ (che “la fiducia in Dio raddolcisce e rende utili per una vita migliore”), e riescono alla fine a sposarsi trovando riparo nella bergamasca presso il cugino Bartolo dove Renzo avvia una piccola attività come filatore. Attraverso le traversie più tragiche, come la guerra, la carestia, la peste, le rivolte, i nostri eroi, fidando nella divina provvidenza, approdano ad una nuova condizione lavorativa di tipo preindustriale: è la storia emblematica della condizione e della   trasformazione sociale ed economica del Nord Italia nel Seicento, ma la si può leggere come riferita alla condizione e trasformazione di quegli stessi territori due secoli dopo: una lezione, da parte dell’autore, di moderatismo etico e sociale. Questo è il significato ideologico riscontrabile nella fabula. Ma ciò che rende oltremodo affascinante il romanzo è la complessità dell’intreccio: dalle biografie dei personaggi (analessi) che si intersecano con la vicenda principale, ai tanti episodi e situazioni: l’incontro di don Abbondio con i ‘bravi’, il matrimonio sventato, l’addio ai monti di Lucia nella fuga da casa, il suo rapimento, il tumulto di S. Martino, la guerra di Mantova e del Monferrato, le conversioni di illustri personaggi, il cinismo e l’incapacità dei governanti, i monatti, Cecilia, le delazioni e così via. Tutto ciò narrato con un linguaggio chiaro, discorsivo, ed uno stile narrativo misurato e analitico nell’approfondire i fatti ed ogni aspetto psicologico, senza tralasciare le personali riflessioni da parte dell’autore stesso.

Proprio questo ultimo aspetto, il giudizio dell’autore sui fatti narrati, la sua riflessione sulle costanti umane di carattere culturale, psicologico, spirituale, sociale, politico e sul senso della storia e il rapporto che il singolo ha con gli eventi storici che lo coinvolgono, conferiscono alla narrazione, malgrado le digressioni, un’impronta unitaria, in un certo senso totalizzante, talché l’intreccio si discosta poco dalla fabula.

I Promessi Sposi, così come altri ‘grandi’ romanzi, dalla Certosa di Parma a Guerra e pace, dai Fratelli Karamazov a Madame Bovary, ai Miserabili, a David Copperfield, all’Ulisse, a La montagna incantata, a Furore, a Per chi suona la campana e così via, pur nella diversità dei contesti storici, delle correnti letterarie, degli stili e dei profili intellettuali degli autori, mostrano di appartenere ai ‘secoli’ delle ideologie di cui gli autori intendevano farsi interpreti non senza, a volte, una certa impronta pedagogica, e su cui i lettori coevi amavano confrontarsi.

La narrativa contemporanea ha decisamente cambiato stile: in essa tende a prevalere il senso del pragmatico, contano gli avvenimenti, i fatti. Conta l’intreccio. Sicuramente in ogni narrazione è contenuto un significato ideologico, ma esso dagli autori contemporanei sembra essere considerato a volte addirittura irrilevante e tale sembra ormai esserlo anche per i lettori correnti, anch’essi ormai orientati al pragmatismo esistenziale. Infatti hanno successo le narrazioni ad effetto, costellate di colpi di scena, di situazioni inaspettate o improbabili; su tutte, la narrazione poliziesca che ha il merito di coinvolgere direttamente il lettore nell’intricato meccanismo di ‘ricerca dell’assassino’. È il caso di dire che nella narrativa contemporanea di maggior successo l’intreccio prevale nettamente sulla fabula.

Un mutamento culturale rilevante, sintomo di una più generale mutazione antropologica? Se così fosse, ancora una volta, anche in tempi di alta tecnologia avanzata, alla letteratura e a quanto di analogo, in parallelo ad essa, si sviluppa, va riconosciuta la ineguagliabile funzione di testimone organica della società e di certe sue tendenze di sviluppo culturale.

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