Il cinema horror. Un genere che in Italia ha avuto grandi rappresentanti in grado di fare scuola anche all’estero e di mostrare la sua originalità: da Mario Bava a suo figlio Lamberto, dal “terrorista dei generi” Lucio Fulci a Dario Argento, da Umberto Lenzi a Ruggiero Deodato. E tra le originalità rientra un sottogenere prettamente italiano estremo, in grado di far inorridire i più, per il suo realismo e per l’argomento che accomuna i film che ne fanno parte: il cannibalismo. Stiamo parlando di quel sottogenere dell’horror conosciuto come “cannibal movie”.
Un filone non molto prolifico. Sono all’incirca una trentina i film che sono annoverati al suo interno. Pochi quelli degni di nota. Molti quelli più che mediocri. Ma molto, molto controverso. Nato negli anni settanta e rapidamente giunto al suo apice nei primi anni ’80, prima di cadere altrettanto rapidamente in declino.
La trama di fondo è più o meno sempre la stessa. Un gruppo di persone si trova, per un motivo o per un altro, ad attraversare i luoghi più ignoti della terra, paradisi verdi ma inospitali, pieni di animali feroci e tribù indigene dedite al cannibalismo. Proprio l’ambientazione fu una delle novità principali rispetto al panorama horror dell’epoca. Non più oscuri luoghi durante il buio notturno, ma paradisi naturali illuminati dalla luce del giorno. Non più mostri, non morti, vampiri, ma umani, tribù primitive dedite ad uno dei principali tabù.
IL PRIMO CANNIBAL MOVIE
Il film che inaugurò il genere fu realizzato nel 1972 e si intitolava Il paese del sesso selvaggio. Sì, è un film horror. Nonostante il titolo possa far pensare ad altro genere. Protagonista è un fotografo inglese che, dopo aver ucciso un uomo per legittima difesa a Bangkok, fugge nelle nelle foreste selvagge per fuggire dalla polizia thailandese e per continuare il suo reportage. Verrà quindi catturato da una tribù di indigeni e obbligato a lavorare per loro. Fino a quando si innamorerà della figlia del capo tribù.
A dirigerlo fu Umberto Lenzi che oltre ad essere uno dei principali registi dell’horror italiano e del cinema poliziottesco, fu uno degli autori simbolo dei cannibal movie. Come lo furono anche i due attori protagonisti, l’italiano Ivan Rassimov e la birmana Me Me Lay, molto ricorrenti nei film successivi (la gran parte degli altri attori erano principalmente comparse locali).
La sceneggiatura si basava su un’idea originaria di Emmanuelle Arsan, la creatrice del noto personaggio della letteratura erotica Emmanuelle. Personaggio che avrà anche un altro incontro con il cinema cannibalesco.
Il film, primo del suo genere, non ha ancora la maturità dei suoi successori. È una sorta di prototipo che tuttavia seppe guadagnarsi un discreto successo anche all’estero. Il cannibalismo è presente in un’unica scena, ma già si intravedono le caratteristiche proprie del genere: avventura, usanze barbare, sesso selvaggio e uccisioni gratuite di animali. Più che un horror è un film d’avventura e, fatte salve le scene più cruente, indugia maggiormente sul sesso, rappresentato in maniera animalesca, senza i riti e le convenzioni del mondo civilizzato.
Lenzi tornerà tra i cannibali con i ben più cruenti Mangiati vivi (1980) e Cannibal ferox (1981) in cui, a differenza del primo film, non si fa alcuno sconto sulla violenza portata sullo schermo.
LE ORIGINI
Ma se quello di Lenzi fu il primo film, le origini del genere si possono far risalire al decennio precedente, quando, in Italia, si diffuse un altro tipo di film molto particolare: i mondo movie. La denominazione proviene dal film simbolo Mondo Cane. I mondo movie erano una specie di documentario che univano il racconto di eventi reali agli elementi del cinema d’expliotation che iniziava allora ad essere in voga. In queste opere, abbandonando la ricerca di valori artistici, si dava priorità a scene con elementi forti (scene di violenza sugli animali, riti crudeli, fucilazioni, ristoranti dell’Estremo Oriente in cui si poter mangiare insetti e cani).
Diretto da Paolo Cavara, Gualtiero Jacopetti e Franco Prosperi, Mondo Cane ottenne un grande successo in tutto il mondo, tanto da essere candidato all’Oscar. Merito anche della colonna sonora di Riz Ortolani, compositore che ricoprirà un ruolo centrale anche nel cinema cannibalesco.
MONSIEUR CANNIBAL
Se Lenzi ebbe il merito di aver inaugurati i cannibal movie, il regista più rappresentativo del genere ha tuttavia un altro nome: Ruggiero Deodato, cineasta potentino che, con la sua trilogia dei cannibali (Ultimo mondo cannibale, Cannibal Holocaust, Inferno in diretta), si guadagnò il soprannome di Monsieur Cannibal. Anche lui, come Lenzi, ha diretto commedie, horror e poliziotteschi. Fu incaricato di realizzare insieme a Lenzi un sequel del film del ’72. Ma il rifiuto di quest’ultimo costrinse il lucano a dirigere un film del tutto indipendente dal primo. E così, nel ’77, nacque Ultimo mondo cannibale.
Tra gli attori, troviamo ancora una volta Rassimov e Me Me Lay. Dalla trama simile (al posto del fotografo fuggiasco ci sono due antropologi avventuratisi nella foresta per ragioni di studio), il film indugia molto di più del precedente sulla violenza, portando davanti agli occhi dello spettatore scene fortissime, che saranno il marchio di fabbrica dei cannibal movie e dello stesso Deodato. Primo della già citata trilogia dei cannibali, ebbe un grande successo, tanto da essere citato anche da Roberto Vecchioni nel brano Vaudeville (Ultimo mondo cannibale).
L’INCONTRO CON IL CINEMA EROTICO
Torniamo ai nostri cannibali. Come abbiamo già detto, Il paese del sesso selvaggio trae l’idea alla base dai romanzi erotici di Emmanuelle. Personaggio che, ben presto, dalla letteratura passò al cinema. Ad interpretarla Laura Gemser, bellissima attrice indonesiana naturalizzata italiana, che portò sullo schermo la voglia di emancipazione sessuale del personaggio letterario. Tramita lei, inoltre, ebbe inizio la commistione tra cannibal movie e cinema erotico. Fu infatti la protagonista di “Emmanuelle e gli ultimi cannibali”, girato da Joe D’Amato (pseudonimo di Aristide Massaccesi), noto per essere stato prolifico regista di film di genere diverso: horror, fantasy ma anche e soprattutto erotico e porno.
ANTROPOPHAGUS
I cannibali di D’Amato torneranno in Papaya dei Caraibi, che per la sua bruttezza non meriterebbe neanche una rapida menzione, e in Antropophagus che, invece, seppe guadagnarsi un notevole successo in Italia e all’estero, finendo per diventare un altro film simbolo del cannibalesco. Qui scompaiono le primitive tribù per lasciare il posto ad un maniaco che terrorizza una ben più civilizzata isola greca assaltando chi ha la sventura di avventurarsi al suo interno. Le scene di violenza inaudita abbondano e disgustano anche i più avvezzi all’horror classico. Ma il successo fu tale che dal film fu tratto un omonimo remake tedesco negli anni ‘90 e un recentissimo sequel italiano, diretto nel 2022 da Dario Germani.
LE ALTRE COMMISTIONI DEI CANNIBAL MOVIE
Quella con il cinema erotico non fu l’unica commistione. Se, infatti, con D’Amato l’horror incontrò l’eros, con Sergio Martino, invece, incontrò l’avventura, in “La montagna del dio cannibale”. Il regista di molte commedie all’Italiana (tra cui L’allenatore nel pallone) e di film poliziotteschi diresse, qui, Ursula Andress in un avventura che, pur tornando tra le feroci tribù antropofgche, tralascia leggermente le principali caratteristiche del genere per favorire l’avventura.
Altro incontro è quello con gli zombie movie. Sulla scia del grande successo ottenuto da Lucio Fulci con Zombi 2, Marino Girolami diresse Zombie holocaust, in cui i protagonisti, oltre ai terribili nativi, devono affrontare i famelici non morti frutto di crudeli esperimenti.
Con Apocalypse domani, invece, si ha l’incontro con i Vietnam movie, in voga negli anni ‘80. I nativi sono sostituiti da reduci dal Vietnam infettati da un virus che li trasforma in cannibali. Anche questo film seppe guadagnarsi un discreto successo tanto da essere citato da Robert Zemeckis in La morte ti fa bella e da essere menzionato da Quentin Tarantino come uno dei suoi film preferiti.
IL PERIODO D’ORO DEI CANNIBAL MOVIE
Ma torniamo ai cannibal movie classici. Siamo infatti al 1980, quello che potremmo definire l’anno d’oro dei cannibal movie. L’anno dell’apice del successo, oltre il quale si assisterà al declino. Tante furono le pellicole uscite al cinema in quell’anno. Non solo. Il 1980 fu l’anno dei due film simbolo dell’intero genere. Uno è il già citato Antropophagus. L’altro è il cannibal movie per eccellenza, quello che ne incarna a pieno l’essenza: Cannibal Holocaust di Ruggiero Deodato, film che, al netto delle numerose (e giuste) critiche ricevute, è un piccolo capolavoro dell’exploitation italiana.
CANNIBAL HOLOCAUST
Secondo film della trilogia dei cannibali, è diviso in due parti ed è a metà strada tra un film horror e un falso documentario, girato con la telecamera a spalla (primo tentativo ripreso, negli anni successivi, da altri film horrror come Blair With Project). Nella prima parte, un antropologo si inoltra nella foresta amazzonica insieme a soldati locali per ritrovare quattro giovani reporter scomparsi (tra cui un giovane Luca Barbareschi) mentre giravano un documentario sulle tribù cannibali. Raggiunti i nativi, riesce a guadagnarsi la fiducia di quella gente così diffidente verso l’uomo bianco. Fino ad entrare nel villaggio e scoprire, così, la macabra verità sulla sorte dei giornalisti. Di loro rimangono solo le ossa, mentre il resto è stato divorato.
Dopo aver recuperato la pellicola su cui i quattro hanno girato il loro lavoro, torna dunque a New York. Ed è qui che scopre una verità ancora più inquietante. I quattro non erano semplici giornalisti in cerca di verità da divulgare, ma spietati criminali disposti a tutto pur di fare lo scoop. Non sono stati vittime di violenza gratuita, ma della vendetta della tribù per i soprusi subiti. Per realizzare il loro documentario, infatti, si erano lasciati andare a crimini di ogni tipo, tra cui stupri e omicidi, fino a giungere all’incendio del villaggio e al massacro degli abitanti per inscenare uno scontro tra tribù nemiche.
Inorridito da quanto visto, distrugge quindi il nastro ed abbandona gli studi televisivi chiedendosi, tra sé e sé: «Chi sono i veri cannibali?».
Nel film abbonda la violenza. Sangue e interiora si vedono continuamente e non si fa alcuno sconto. Una violenza a cui fa da contraltare la musica quasi rilassante di Riz Ortolani, con la sua bellissima colonna sonora che contribuisce ad aumentare la tensione e a dare qualità al film. Cannibal Holocaust è considerato l’opera maggiormente rappresentativa anche perché contiene tutti gli elementi ideologici tipici dei cannibal movie. Elementi che sono racchiusi nell’ultima frase pronunciata dal protagonista.
L’IDEOLOGIA DI FONDO
I cannibal movie contenevano, al loro interno, una forte impronta ecologista e una critica alla società consumistica occidentale, alla sua convinzione di superiorità e alla presunta missione civilizzatrice dell’Occidente. Spesso, infatti, alla violenza dei nativi causata dalla necessità di sopravvivenza, dalla società tribale in cui vivevano, si contrapponeva quella gratuita dell’uomo bianco, fine a sé stessa e perciò, a differenza della prima, ingiustificabile. In molti film gli indigeni reagiscono ai soprusi subito non riuscendo, tuttavia, a fare distinzione e prendendosela indistintamente con tutti gli occidentali che hanno la sventura di essere catturati.
In Cannibal Holocaust, inoltre, c’è anche un altro elemento che contribuì a renderlo un cult. La critica alla società dell’immagine e all’ossessione per la cronaca e la violenza in tv. Erano quelli, anni particolarmente delicati dal punto di vista politico e sociale. Quotidianamente i telegiornali trasmettevano immagini crude delle violenze del terrorismo e della criminalità, in quegli anni in ascesa. Una ricerca ossessiva del sangue a fini mediatici che è raccontata e denunciata nel film. Pur di sconvolgere lo spettatore, infatti, i reporter del film non avevano esitato a ricorrere loro stessi alla più cieca brutalità.
LE CONTROVERSIE
Se c’è una cosa che accomuna tutti i cannibal movie è il budget ridotto che era stanziato per realizzarli, caratteristica comune a quasi tutto il cinema horror italiano di quegli anni. Come coniugare, quindi, il realismo delle scene di violenza con i pochi soldi a disposizione? Se ovviamente sulla violenza ai danni di umani erano necessari effetti speciali, per quella ai danni di animali non fu proprio così. Gli animali macellati durante i film venivano ammazzati sul serio. E in modo tutt’altro che indolore. Tartarughe, alligatori, scimmie, maiali, topi furono spesso soggetti a orribili sevizie.
«I topi, i maiali selvatici, i coccodrilli e le tartarughe venivano uccisi dagli stessi indios che poi se li mangiavano. Io li seguivo durante le loro battute di caccia come si potrebbero seguire i macellai al mattatoio comunale e avevo sempre un incaricato della Protezione Animali alle costole. Non sono stato io a ordinare le violenze» disse Deodato in un’intervista relativa proprio a Cannibal Holocaust, sostenendo che gli animali uccisi siano stati poi mangiati dai nativi. I problemi legali furono tanti e non solo legati alle sevizie sugli animali. Ci fu, infatti, chi insinuò che anche quelle sugli umani fossero vere e che il film fosse uno snuff movie. Accusa da cui regista e troupe riuscirono a difendersi, dimostrando la propria innocenza (cosa che invece non fu possibile per le violenze sugli animali).
Anche le censure furono tantissime. Cannibal Holocaust è tra i film più censurati di sempre.
IL SUCCESSO ALL’ESTERO
I cannibal movie, nonostante le polemiche e sebbene fossero un genere abbastanza di nicchia e non adatto a tutti, ebbero un buon successo non solo in Italia, ma anche all’estero. Abbiamo già citato il remake tedesco di Antropophagus. Ma già dagli anni ’80 questi film conquistarono non solo l’Europa. Nell’80 uscì infatti il film indonesiano Primitiv di Sisworo Gautama Putra, bruttissima copia dei classici italiani. Nello stesso anno, Tsui Hark, celebre regista del cinema d’azione di Hong Kong, diresse “We’re going to eat you”. Un film più godibile che unisce al cannibalismo le arti marziali tipiche della cinematografia cinese, sfornando una sorta di commedia horror d’azione dall’ideologia anticomunista (all’epoca Hong Kong era ancora sotto dominio britannico).
Sempre nell’80 lo spagnolo Jess Franco girò gli orribili “La dea cannibale” e “Il cacciatore di uomini”. L’anno successivo fu la Francia a sfornare l’ennesima copia insulsa dei cannibal movie italiani con “Terreur cannibal”.
GLI ULTIMI TENTATIVI
Gli ultimi cannibal movie furono realizzati nell’88. Film che chiude il genere fu Natura contro di Antonio Climati, la cui mediocrità era sintomo di un genere che ormai aveva perso il suo potenziale. Per avere altri cannibal movie, infatti, fu necessario aspettare gli anni 2000, quando Bruno Mattei tentò di riportare in vita il genere. Ma chi conosce l’horror Italiano saprà bene che Mattei non era certamente Deodato o Lenzi. E che la sua filmografia è annoverabile più nel trash che nell’horror. I suoi tre film a tema cannibalesco sono brutte scopiazzature dei classici del genere, con dialoghi e scene copiati alla rinfusa e un filo logico spesso inesistente.
GLI OMAGGI RECENTI
Fu nel 2015 che il genere ebbe un omaggio molto più valido. In quell’anno, infatti, lo statunitense Eli Roth girò l’ottimo “Green Inferno”, omaggio ai classici e in particolare a Cannibal Holocaust. Già dal titolo, che riprende quello di una delle due parti in cui è suddiviso il film di Deodato. Questa volta i tempi sono cambiati, il budget a disposizione è superiore e fortunatamente non c’è più bisogno di violenze sugli animali.
Tra gli omaggi più recenti, inoltre, è da annoverare anche Bone Tomahawk, film interessante che fonde elementi classici del cannibal movie italiano al cinema western.