GAETANO SALVEMINI E LA SUA FRONTIERA BOSTONIANA

di Giulio Loiacono

Molti di voi, pugliesi o meno che siano, sanno o hanno sentito nominare almeno una volta, nella vita, Gaetano Salvemini. Molti vi si inciampano trovandosi a passare per una piazza, una via od una scuola.

Ma chi era realmente costui? Non sarò qui a recitarne nascita, morte o vita. Lascio a quei pochi, o pochissimi che mi staranno a leggere, la torturante curiosità di andarlo a scoprire.

Posso, in sintesi, dire che egli non fu meridionalista, non fu socialista, non fu patriota, ma fu uno storico originale e di buona fama, nel suo periodo fiorentino. Di Firenze del tardo medioevo e della nascente Signoria fu attento osservatore con il suo saggio che lo fece conoscere, dapprima nell’ambiente accademico italiano eppoi a livello internazionale per una lettura moderna e che lui tentò di sovrapporre a quella della Italia appena unita e dai flebili vagiti istituzionali. Fu amico ed ispiratore segreto ed ammirato di e da pensatori politici ed istituzionali cattolici di altissimo profilo come Don Sturzo e Arturo Carlo Jemolo, l’identificatore dello “spirito sommo” nelle Costituzioni e negli Stati. Fu convinto mazziniano dello e nello spirito endiadico di Dio, lo Spirito che ritorna, e lo Stato, inteso come patria e stato-comunità e tra poco lo ritroveremo come convinto tale.

Fu socialista federalista, giammai massimalista o teorico marxoide, perché convinto nella fede del progresso ma mai sedotto dalla dialettica hegeliana di un evoluzionismo conflittuale e di classe. Fu maestro dei Rosselli, con cui condivise l’esilio, così come di Ernesto Rossi in quella visione che confluì nella elaborata ma scarsamente e sfortunatamente efficace esperienza politica del Partito d’Azione e molto altro.

Ma questo è il Salvemini italiano. C’è, però, per un ventennio giusto giusto, dal 1929 al 1949, un Salvemini americano. O meglio bostoniano. Avevamo insù citato del suo mazzinianesimo. Una volta in America, giuntovi passando per un’infausta ma breve esperienza britannica, egli fondò la Mazzini Society. Invitato dal direttore del Dipartimento di Storia dell’Università di Harvard, situata a Cambridge, Massachusetts, vi si trattenne ammaestrando abilmente generazioni di studenti, in un’esperienza che egli racchiuse nelle sue famose “Lezioni Americane” e ne “ Le origini del fascismo”.

Tra gli studenti che egli ebbe ci fu un certo Arthur Schlesinger Jr., figlio di colui che lo aveva invitato a Cambridge anni prima, che sentì parlare dal vecchio Professore molfettese di un concetto di “limite” e di “frontiera”, di una nuova frontiera cui indirizzare la società. Quella idea di Nuova Frontiera che di lì a non moltissimo un Senatore giovane di quello Stato ove Cambridge si trova, divenuto il Presidente più giovane della storia americana ed il primo presidente nato nel XX secolo avrebbe adottato e fatto conoscere al mondo intero.

Quella idea era stata elaborata da Schlesinger appunto. Da Molfetta al mondo passando per Boston.

Gaetano Salvemini and His Bostonian Frontier

Many of you, from Puglia or not, know of have heard the name Gaetano Salvemini at least once in your lives.  Many of you have stumbled upon a square, street, or school bearing his name.  But who was he?  I’m not here to tell you about his birth, death, or life.  For those few of you that read this, I leave here the somewhat torturous curiosity of discovering him. In synthesis, I can say he was expert in the problems of southern Italy, was neither a socialist nor a patriot, but a famed historian of the Florentine period.  His analysis of Florence in the late medieval period and its nascent Lords (Signori) paralleled the newly unified Italy of his time in his 1899 paper “Magnati e Popolani in Firenze dal 1280 al 1295”.  He was a friend and secret inspiration to catholic and political thinkers like Don Sturzo and Arturo Carlo Jemolo the discoverer of the “spirit sommo” in the constitutions and states.  He was a socialist federalist, never a maximalist or theoretical marxist because of his conviction in the faith of progress and was never seduced by Hegelian dialectics.  A guide to the Rosselli brothers – with whom he later shared exile.  This was the Italian Salvemini, but from 1929 to 1949 there existed an American or more specifically a Bostonian Salvemini.

Once in America he founded the Mazzini Society.  Invited by Harvard University’s Director of the Department of History Arthur Meier Schlesinger, Sr., he taught generations of Harvard grads.  Of these lessons, he wrote a book titled “Lezioni Americane”.  Among the students was Arthur Schlesinger, Jr. who had heard an old professor from Molfetta talk about concepts of limits and frontiers to guide the course of society.  The idea of a new frontier was quickly adopted by the first president born in the 20th century John Fitzgerald Kennedy; who introduced it to the world.  The concept literally cultivated in the mind of Schlesinger Jr. – with origins in Molfetta, Italy to the entire World – by way of Boston.

 

 

 

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