PREMIO NARRATIVO DI STRESA 2020: VINCE IL ROMANZO “L’ARCHITETTRICE” DI MELANIA MAZZUCCO

di Carmela Moretti

È stata una serata conclusiva decisamente diversa da quelle a cui l’affezionatissimo pubblico del Premio narrativo di Stresa era abituato. L’elegante hotel Regina Palace, che da alcuni anni ospita la manifestazione, ha fatto soltanto da sfondo virtuale: per l’emergenza pandemica, la cerimonia – presentata dal giornalista de La Stampa, Luca Gemelli – si è svolta in una diretta on line.

Per fortuna, cambiando la forma non è cambiata la sostanza. Come accadeva in presenza, non sono mancati momenti di grande commozione e di spessore culturale, a cominciare da un sentito pensiero rivolto al critico letterario e celebre petrarchista Marco Santagata, componente della giuria dal 2008 e recentemente scomparso.

Cinque le opere finaliste, scelte da una giuria di critici e da una giuria popolare, tra cui anche otto detenuti della casa circondariale di Verbania. Ad aggiudicarsi il premio è stato il romanzo “L’architettrice” di Melania Mazzucco, un’opera che sta guadagnato l’attenzione della critica e dei lettori per la storia singolare narrata, oltre che per la qualità della scrittura. È una storia vera, a cui l’autrice è arrivata in maniera rocambolesca nel corso di alcune ricerche; nel testo è documentata con rigore, ma anche con spessore letterario. Noi di Santippe avevamo già pubblicato una breve recensione a cura di Dino Cassone, che potete trovare cliccando su questo link https://www.santippe.it/due-splendidi-romanzi-al-femminile/?doing_wp_cron=1607889842.0043709278106689453125

 

Le altre opere giunte meritatamente in finale sono:

“Noi” di Paolo di Stefano: un libro seminato di ricordi personali. Parla di un’assenza straziante con cui l’autore ha dovuto fare i conti, quella del fratello scomparso a cinque anni per leucemia; un’assenza che col tempo si è fatta presenza rassicurante e tenero dialogo.

“Dolcissima abitudine” di Alberto Schiavone, la storia amara di una prostituta indipendente, Rosa, a cui si intrecciano vite malriuscite, squallide, mediocri, in una Torino che resta sullo sfondo.

“Prima di Noi” di Giorgio Fontana, una saga familiare di contadini friulani, che attraversa tutto il Novecento, intrecciando la grande storia con la micro storia, con chiari echi dostoevskiani.

“Fuoco al cielo” di Viola di Grado, un dramma reale ambientato nella Russia asiatica, in una sorta di città segreta, dove nel 1957 c’era stata un’esplosione, che ha devastato l’ecosistema proprio come Cernobyl; una storia che si sviluppa su più livelli, ma dal forte aspetto a metafisico.

Dunque, anche quest’anno si è riconfermato un trend già assodato lo scorso anno. Vale a dire, un’altissima qualità delle opere finaliste, come è stato messo in evidenza dagli interventi dei critici della giuria: Piero Bianucci, Emmanuelle de Villepin, Orlando Perera, Andrea Tarabbia.

Il Premio narrativa di Stresa, organizzato dalla Pro Loco di Stresa con la collaborazione del Comune, dà appuntamento al prossimo anno. Con la speranza che possa “riabbracciare” il suo pubblico, nelle accoglienti sale dell’Hotel Regina Palace.

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