di Carmela Moretti
Nel giorno di Sant’Ambrogio, in una Milano per la prima volta impacchettata da un’atmosfera per nulla natalizia, è andato in scena il tradizionale appuntamento con la Prima della Scala di Milano. Una Prima sui generis – a porte chiuse, senza applausi del pubblico, con il volto degli orchestrali fasciato dalle ormai nostre amiche FFP2 -, che ha lasciato l’amaro in bocca tanto quanto la visione di piazza San Pietro deserta, in occasione delle scorse festività pasquali.
In una kermesse “stellare” di tre ore, portata in scena dal regista Davide Livermore e trasmessa in diretta Rai, sul palcoscenico del tempio della lirica si sono succeduti ospiti provenienti da ogni parte del mondo. Tra questi, Placido Domingo, Vittorio Grigolo, Marina Rebeka, Marianne Crebassa, Roberto Bolle, che hanno interpretato e danzato le arie e i duetti più celebri della storia della musica e della lirica italiana e europea: dal “Rigoletto” a un “Ballo in maschera”, dalla “Carmen” alla “Turandot”, con l’orchestra diretta dal maestro Riccardo Chailly. Il tutto, inframmezzato e abbellito dalla lettura di testi, versi e riflessioni, affidata a nomi noti e meno noti del panorama culturale italiano.
Davanti a un Paese che piange 60.000 morti e che si prepara a vivere in maniera dimessa le ormai prossime festività natalizie, esserci, seppur in maniera rivisitata, è stato un segnale importante. Un messaggio straordinario di “resistenza”, nella speranza che si possa presto – come ricorda il titolo dantesco dato alla serata inaugurale – ritornare “a riveder le stelle”.
Ha dato respiro a chi da casa ha potuto godere di un momento sublime, in un periodo in cui ci viene chiesto di fare sacrifici e, tra questi, proprio di rinunciare alla bellezza dell’arte; che pure è soffio vitale che dà vita e forza all’esistenza.
Soprattutto, è stato un momento fondamentale per tutto un settore ormai troppo dimenticato: è quello del teatro, dello spettacolo dal vivo e del cinema, attorno a cui ruotano milioni di professionisti. Sono coloro che in silenzio, sbigottiti ma con estrema dignità, stanno assistendo a una crisi che rischia di diventare irreversibile, con ripercussioni su tutto il comparto economico del Paese. Nell’ultimo Dpcm, nemmeno una parola è stata spesa loro, che pure portano avanti in maniera egregia la nostra tradizione culturale, rendendola un prodotto unico al mondo.
“Io odio l’indifferenza. L’indifferenza è vigliaccheria. È il peso morto della storia”. Queste parole, tratte dagli “Indifferenti” di Antonio Gramsci, sono state affidate all’interpretazione del grande attore Massimo Popolizio.
Ecco, riprendendo e riadattando la riflessione del filosofo partigiano, che questo Natale sia l’occasione per scrostarsi di dosso il peso morto dell’indifferenza e per rivolgere un pensiero alle vittime, ai loro parenti, a chi opera nel settore sanitario, ma anche a tutti (proprio tutti, nessuno escluso!) i lavoratori che a causa del Covid sono quotidianamente in “trincea”.