SUL LAGO MAGGIORE, L’ABBRACCIO TRA LA NIPOTE DI UN NAZISTA E LA FIGLIA DI UNA SOPRAVVISSUTA, PER COMMEMORARE L’ECCIDIO DI MEINA

di Carmela Moretti

 Maite Billerbeck e Rossana Ottolenghi si sono conosciute dapprima privatamente. Un incontro in cui – possiamo immaginare – non ci sia stato spazio per altro, se non per il silenzio e per la commozione. La prima è una psicologa di Berlino; nel corso di alcune ricerche ha scoperto che il fratello di sua nonna aveva fatto parte dell’unità speciale delle SS “guardie del corpo di Hitler” e che aveva comandato la strage degli ebrei sul Lago Maggiore. L’altra è la figlia di Becky Behar, un’ebrea di origine turca, che all’epoca dei fatti aveva soltanto tredici anni e che a quell’eccidio riuscì a sopravvivere. Entrambe portano un peso sulle spalle, che a un certo punto hanno deciso di condividere.

Oggi, a 80 anni da quell’evento, l’incontro tra le protagoniste di questa storia è avvenuto pubblicamente a Meina, in provincia di Novara, in un evento moderato dal giornalista e scrittore Mario Calabresi e trasmesso anche via streaming; è stato un modo per ricordare quel che accadde, per dichiararsi entrambe vittime dell’orrore, per riflettere sui concetti di responsabilità individuale e collettiva.

Non ultimo per importanza, è stata anche un’occasione straordinaria  – in questo delicato periodo storico –  per sancire che non c’è spazio per revisionismi di ogni sorta.

Mario Calabresi

 

Maite Billerbeck

Ecco, in breve, i fatti.

Siamo sul Lago Maggiore, lungo la sponda piemontese, dove tra l’incanto delle bellezze paesaggistiche si ode l’eco di un episodio drammatico del secolo scorso. E’ l’eccidio che avvenne a Meina, rinomata e ridente località di villeggiatura di poco più di duemila abitanti nella provincia di Novara. Si trattò della prima strage nazifascista in territorio italiano, la seconda per numero di vittime ed efferatezza dopo quella delle Fosse Ardeatine.

Era il 15 settembre 1943, una settimana dopo la firma dell’armistizio da parte dell’Italia con le forze alleate. I timori del generale Badoglio e del re Vittorio Emanuele III di una possibile vendetta da parte dei nazisti si concretizzarono presto; le unità militari tedesche arrivarono nella nostra Penisola e presero il controllo della zona attualmente corrispondente alle province di Novara e Verbania.

Le SS giunsero anche all’Hotel Meina, che allora sorgeva dinnanzi alle acque placide del lago. L’albergo apparteneva ad Alberto Behar, ebreo turco, che in quei giorni ospitava un gruppo di ebrei provenienti da Salonicco e scampati alle deportazioni.

Erano 16, tra anziani, uomini, donne e bambini. Vennero dapprima rinchiusi in una stanza al terzo piano, poi rastrellati nella notte tra il 22 e il 23 settembre. La versione ufficiale fu che sarebbero stati portati in un campo di lavoro a 200 km da lì; ciò che accadde realmente, invece, ormai è storia: vennero fucilati all’istante e i loro corpi furono gettati nel lago.

La comunità locale seppe del terribile eccidio qualche giorno più tardi, quando il lago stesso vomitò tutto l’orrore e restituì alla terra le vittime. Nei giorni seguenti, continuarono i rastrellamenti e le stragi in tutto il verbano-cusio-ossola.

La famiglia Behar riuscì a sopravvivere grazie all’intervento del Console turco e si rifugiò in Svizzera. Becky Behar, la figlia di Alberto, ha testimoniato quelle atrocità andando nelle scuole e in giro per l’Italia, fino alla fine della sua vita, avvenuta nel 2009.

Chi vuole approfondire l’episodio, può cercare il film “Hotel Meina”, diretto da Carlo Lizzani, a partire da un saggio storico di Marco Nozza.

Intanto, oggi, le celebrazioni avvenute a Meina hanno avuto un sapore diverso, un’intensità particolare. Con l’abbraccio tra Maite e Rossana si è voluto ricordare che il passato non può essere cambiato, ma che di fronte alla verità storica si deve necessariamente stare tutti dalla stessa parte, per urlare a gran voce un comune, deciso e risoluto: “Mai più”.

Nel corso del suo intervento, Maite Billerbeck ha dichiarato con voce commossa di aver fondato con il suo compagno un’associazione del ricordo senza scopo di lucro, che mescolando storia, psicologia e arte intende portare avanti la memoria e diffondere la cultura dei diritti e della pace.

Il primo evento si terrà l’8 ottobre a Berlino e sarà dedicato proprio alle vittime dell’eccidio di Meina.

 

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