“LA PANCHINA LUNGA” DI ENZO TAMBORRA. Noterelle di sport e letteratura

di Trifone Gargano

Nel volumetto collettaneo Il Bari delle meraviglie. La migliore squadra biancorossa di sempre (Roma 2021), andato in distribuzione gratuita a fine gennaio, il giornalista sportivo di lungo corso Enzo Tamborra ha firmato la Introduzione, con il suggestivo titolo di Se 11 vi sembran pochi… Gli altri magnifici talenti, dando così vita, con la penna dell’appassionato tifoso, prima ancora del serio e puntuale cronista sportivo, qual è, a quella che in gergo calcistico vien definita la «panchina lunga», della propria squadra del cuore, giocando con il tempo.

Che spreco doverne scegliere solo undici. La storia del Bari è ricca di talenti che hanno scritto pagine importanti non solo per il club, ma anche per il calcio italiano. L’esempio più eclatante, la presenza tra gli azzurri campioni del Mondo del 2006 di Gianluca Zambrotta e Simone Perrotta, entrambi quasi sconosciuti quando Carlo regalia, talent scout tra i più illuminati, li ha portati in biancorosso. È stata sempre una caratteristica del Bari allevare giovani di belle speranze, che poi avrebbero spiccato il volo. (p. 13)

Dopo questa premessa, che ha sapore metodologico, l’intervento di Enzo Tamborra sciorina nomi del calibro di Nicola Ventola, «ragazzo simbolo della stagione dei trionfi del settore giovanile»; Leonardo Costagliola, portiere, definito «il gatto magico», con ben sei stagioni di militanza nel Bari degli anni Quaranta del secolo scorso; Franco Mancini, sempre tra i pali, a difendere i colori biancorossi, detto «il giaguaro»; tra i terzini, tanto per rispolverare un lessico antico: Michele Armenise, Nicola Caricola (poi, passato alla Juventus), Giorgio De Trizio, «libero e capitano impeccabile», nel Bari di Catuzzi.

L’album di famiglia continua, come un fiume in piena, con i nomi di Giovanni Romano, che «giocò 166 gare in biancorosso, da marcatore implacabile». Difensori vecchio stampo come Luciano Gariboldi e Elio Grani. A centrocampo, Mario Fara, che Tamborra definisce il Gianni Rivera del Bari, a cavallo tra gli anni ’60 e ’70 del XX secolo. Totò Lopez, «l’uomo simbolo del Bari di Bolchi che in due stagioni salì dalla C alla A». Tommaso Maestrelli, con all’attivo ben 220 presenze in biancorosso (e 21 gol). Franceschino Capocasale, barese, calciatore e, poi, tecnico. Il goleador Lucio Mujesan, «86 partite 41 gol», autore di reti entrate nella memoria dei tifosi del Bari di tutti i tempi. Paolo Erba, con 38 gol. L’ungherese Mihaly Voros, che «chiuse la sua carriera [e la sua vita] a Bari». Sandro Tovalieri, 17 reti in serie A. Raul Conti, argentino e funambolica ala del Bari. Il calabrese Italo Florio, che «accendeva la fantasia dei tifosi dribblando chiunque gli capitasse a tiro». Cesarino Grossi e Severino Cavone, detti «eroi di un calcio che non c’è più». Carlo Perrone, che «ha regalato al Bari la Mitropa Cup l’unico trofeo internazionale mai vinto». Antonio Di Gennaro, capitano di quella squadra.

In chiusura di questa bella galleria della gran famiglia del Bari, Enzo Tamborra evoca per ben due volte il nome e le imprese calcistiche di Igor Protti, senza aggiungere altro, perché al bomber del Bari, a firma dello stesso Enzo, è riservato un capitolo a sé, Lo zar che disse no al Lecce.

Come pure si legge per un altro illustre figlio di Bari e del Bari, quell’Antonio Cassano, Fantantonio, tanto per fare un altro nome di un illustre, a cui, a firma di Giuliano Foschini, è dedicato il capitolo La sera che cambiò tutto.

 

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