di Giacomo Losavio, neurologo e neurofisiologo clinico
In un contesto sociale dove l’apparire prevale di gran lunga sull’essere, in una società dove la bellezza fisica apre ogni porta e in ogni ambito lavorativo, sembra quasi paradossale incrociare persone che nonostante le menomazioni fisiche siano riuscite a svolgere una vita normale. Ebbene io ho conosciuto almeno due persone che nonostante la disarmonia fisica ma anche la sgradevolezza del volto sono riuscite a svolgere una vita normale. Sarà stato un caso ma questi due pazienti li ho incontrati, in tempi diversi, in un ambulatorio di una piccola città di una piccola regione. In uno di quei luoghi dove certe volte si pensa di essere lontani dal mondo e dove probabilmente si vivono delle esistenze parallele favorite dall’isolamento geografico, proprio perché i monti spesso creano quelle barriere inestricabili e inaccessibili, creando dinamiche locali molto lontane dalle leggi delle grandi città e delle metropoli.
Presumo che sia inizialmente inquietante per chiunque incontrare un uomo di bassa statura (147 cm), che deambula in maniera disarmonica con le vertebre incastrate a spirale una sull’altra tanto da sembrare una scala a chioccia e con le ossa del viso deformate in maniera asimmetrica con una protuberanza maggiore a livello frontale da sembrare un pugile suonato e con la pelle diffusamente coperta da chiazze rilevate in maniera asimmetrica .
Dopo che mi si è seduto di fronte, mentre lo osservavo con interesse di tipo prettamente scientifico nella mia mente riemergeva quasi dal nulla una sensazione rievocativa.
Mi sembrava di essere tornato indietro di 40 anni quando una sera invernale ancora studente liceale, qualcuno di cui non ricordo più il nome ma al quale gli porterò eterna gratitudine, una sera volle che l’accompagnassi al cinema Palazzo di Bari (quartiere madonnella) Quella sera si proiettava il film “The Elefant man”. Un film diretto da David Lynch tratto da una storia vere risalente al periodo vittoriano .
The Elephant man è un film che si muove in maniera assolutamente naturale tra il sogno e la realtà tra il mistero e la scienza, tra la crudeltà e l’amore. Un pellicola molto suggestiva monocromatica (bianco/nero) che esalta il sottomondo vittoriano e le sensazioni angosciose che segnarono l’esistenza di quel giovane britannico colpito da gravi malformazioni, è così potente da lasciare lo spettatore tanto coinvolto e ottenebrato da abbattere la barriera tra la realtà e la finzione
Il Film è tratto da una storia vera e tratta dai libri del dott Frederik Treves- “The Elephant Man and Other Reminiscences” e The Elephant Man: A Study in Human Dignity di Ashley Montagu, dove viene descritta la grave forma di sindrome di Proteus della quale era affetto Joseph Merrik.
Il film tratta dell’incontro casuale tra Il Dottor Frederick Treves e Joseph Merrick un uomo deforme che viene sfruttato come fenomeno da baraccone e per cui le sue mostruosità venivano esibite con discreto successo in tutta Europa nel sottomondo circense di quell’epoca (1880) . Le impressionanti deformazioni di Merrick, attirarono la curiosità scientifica di Treves, che pagando ottenne il permesso di ricoverare Merrik in ospedale per mostrare l’uomo elefante ai suoi colleghi scienziati in nome della ricerca e del progresso.
Nonostante la sua malattia, Merrick fa emergere ben presto le sue qualità umane e culturali, facendo interessare al suo caso anche la Regina Vittoria (che attivò un fondo per le sue cure) e l’attrice teatrale Miss Kendall , che chiese addirittura di incontrarlo. Il pregiudizio, la superficialità e la cattiveria insita nell’animo umano creeranno però più di un problema al cosiddetto The Elephant Man, che alla fine è costretto a lottare contro tutto e tutti per affermare la sua umanità e il suo diritto a una vita serena.
“La mia vita è bella perchè so di essere amato” –“ Io sono fortunato! E non potrei dirlo se non fosse stato per lei.” (rivolto al dottore Treves) – “Le persone hanno paura di ciò che non capiscono” (rivolto alla gente che lo derideva) – “I’m not a Animal I’M a Human Being I’m a Man”.
Queste frasi pronunciate dalla sfortunata creatura immortalano le scene più belle del film facendo emergere la profonda emotività di un essere apparentemente mostruoso e dimostrando che la felicità può essere percepita anche da chi soffre quando c’è qualcuno che si prende cura di loro.
Quando si incontra qualcuno di apparentemente ripugnante o semplicemente che non corrisponde ai caratteri della bellezza aurea ci si dovrebbe sforzare di non essere superficiali e distaccati o addirittura sprezzanti ma si dovrebbe cercare di comprendere le dinamiche di pensiero ed emotive di chi patisce le conseguenze di una malattia malformativa e per cui tutta la sua vita sarà condizionata da tale evento .E poi sappiamo che la Natura è bizzarra ed imprevedibile nelle sue creazioni artistiche e tutto ciò sarebbe potuto accadere tranquillamente a loro sarebbe potuto accadere anche a noi
Già, in queste “faccende” in effetti c’è di mezzo la fortuna ma non solo. Bisognerebbe anche considerare che la natura è la stessa ma la società si è evoluta come anche il periodo storico e culturale e tutto ciò ci porterebbe ad una interazione diversa rispetto al passato .
Tornando al mio paziente “Elfo” , pur essendo malformato quasi come Joseph Merrik, mi ha stupito il suo racconto sereno e non rancoroso dal quale ho percepito che ha svolto fino a quel momento una esistenza del tutto normale: ha lavorato come geometra, ha avuto un ruolo politico a livello comunale, e si è addirittura sposato concependo due figli.
Non so quanto abbia inciso nella sua vita la forza d’animo la tenacia o piuttosto la fortuna. Vivere in un determinato contesto familiare e ambientale sicuramente sarà stato determinante per lo svolgimento della sua vita quasi “normale” .
Quando si parla di integrazione e Walfare non dovremmo solo pensare agli anziani e agli extracomunitari ma anche alle disabilità gravi , perché non siamo tutti uguali e fortunati.
A questo punto ci dovremmo porre una domanda: chi sono i mostri, loro o noi ?