Il lunedì con la medicina. CAMBIAMENTO DELLA PERSONALITÀ DOPO L’ICTUS

di Giacomo Losavio, neurologo e neurofisiologo clinico

L’ictus cerebrale è un evento improvviso e inaspettato che colpisce ogni anno circa 100mila persone in Italia e che rappresenta la terza causa di morte dopo le malattie cardiovascolari e le neoplasie. Oltre alle conseguenze fisiche che necessitano di riabilitazione motoria, l’ictus può causare un cambiamento nella personalità e nel modo di reagire della persona anche ai semplici eventi che possono accadere ogni giorno, che andrebbe seguito anche in questo caso da specialisti.

La quotidianità può apparire fin da subito molto diversa e il cambiamento è un fenomeno cruciale che le persone colpite e i loro familiari riportano spesso, insieme ad una percezione di stress, solitudine e diminuzione delle relazioni sociali che caratterizzano soprattutto i caregiver2:47

In molte persone, dopo un ictus, si riscontrano reazioni di cosiddetta “incontinenza emotiva”, manifestando difficoltà nel regolare le emozioni che si traducono in reazioni esagerate, sia in positivo che in negativo. Capita quindi frequentemente di assistere a episodi più o meno contenuti di apatia, irritabilità, ansia e depressione. Se non ci si concentra sulle conseguenze emotive dell’ictus, anche la riabilitazione fisica potrebbe non sortire gli effetti voluti.

La comunicazione interpersonale riveste un ruolo cruciale: le persone parlano dell’episodio quando possono, nel modo in cui sanno fare, con familiari, amici, con i medici e con tutti i professionisti che incontrano nel loro percorso e nel loro cammino. Tra questi, terapisti della riabilitazione, fisioterapisti e logopedisti diventano interlocutori privilegiati proprio per la relazione di fiducia e confidenza che si viene a creare a partire dall’alleanza terapeutica che si instaura tra professionista e paziente, accordandosi su obiettivi condivisi.

Lo psicologo psicoterapeuta, attraverso specifiche competenze, ha il compito di facilitare la narrazione stessa, che non sempre e per varie ragioni risulta facile e spontanea, e può portare un contributo per contenere sintomi e disagio, oltre che per favorire la costruzione dei progetti di cura; allo stesso tempo, suggerisce e condivide le strategie per risvegliare le risorse personali utili per ritrovare il migliore adattamento possibile, il benessere e la miglior qualità di vita possibile”.

Soprattutto quando ci sono limitazioni motorie, il tempo solitamente diventa più lento, gli spazi si dilatano. Il disorientamento e la confusione possono rendere necessari accorgimenti protettivi particolari. Il giorno e la notte, il tempo del sonno e della veglia e i loro ritmi possono subire variazioni e addirittura invertirsi: per questo motivo è molto utile che siano sempre a portata di mano un orologio che segni possibilmente le 24 ore e un calendario abbastanza grande, semplice e chiaro. Allo stesso modo, lo spazio intorno può assume diverse connotazioni: raggiungere un luogo anche molto vicino, semplicemente spostarsi, soprattutto nelle prime fasi, può essere un importante obiettivo da raggiungere. E dopo, ritrovare la confidenza, l’accessibilità e la vivibilità delle stanze della propria casa, può diventare un altro traguardo significativo. Successivamente tornare ad uscire, raggiungere spazi di socialità, esporsi e mostrarsi può richiede un ulteriore impegno da sostenere. Il superamento delle diverse barriere interne ed esterne è spesso una costante della vita dopo l’ictus. L’alterazione della comprensione e del linguaggio (afasia), quando presente, risulta per le persone colpite e i loro familiari un grande ostacolo, specie nelle prime fasi, generando demoralizzazione, rabbia, impotenza. Nello stesso tempo, il bisogno e il grande desiderio di ritrovare il nome delle persone amate e delle cose di tutti i giorni diviene un grande motore per provare a tornare a comunicare.

A seguito delle conseguenze dell’ictus spesso vengono ridisegnate anche le trame relazionali; possono cambiare i ruoli e i rapporti di interdipendenza che connotano le relazioni adulte tra pari tendo a sbilanciarsi. A volte i propri compagni di vita, i figli o altri parenti diventano caregiver. I legami affettivi, il reciproco prendersi cura l’uno dell’altro, il darsi in concreto una mano, la cooperazione nel vivere quotidiano tendono a diventare a senso unico. Per le persone colpite l’esperienza della dipendenza e il recupero delle autonomie sono, non di rado, un rilevante passaggio di adattamento e di vita.

La creazione di occasioni di condivisione affettiva, oltre che informativa, assuma già di per sé una valenza terapeutica, che aiuta a superare le non poche difficoltà che le persone incontrano in tutte le fasi, da quella acuta alla riabilitazione, dal ritorno a casa, fino alla ripresa della partecipazione sociale e lavorativa, quando possibile.

 

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