di Giacomo Losavio, neurologo e neurofisiologo clinico
“Il momento che stiamo vivendo per l’Alzheimer ricorda l’arrivo della dopamina per curare il Parkinson. A quei tempi il Parkinson era incurabile, era una condanna. I primi pazienti che hanno preso la dopamina hanno ricominciato a muoversi e hanno vissuto una seconda vita. Tale scoperta è descritta magnificamente nel film “Risvegli “ Con Roby Williams e Robert De Niro che vi consiglio di visionare se non l’avete già fatto Oggi noi tutti ci auguriamo che accada presto qualcosa di analogo anche per l’Alzheimer.
L’entusiasmo è legato all’avvento di nuovi farmaci che per la prima volta sembrano incidere sul decorso della malattia, inducendo un importante rallentamento. Due di questi medicinali sono già stati approvati in Usa, mentre in Europa il primo ok potrebbe arrivare tra non molto tempo. I nuovi farmaci agiscono sulle proteine (beta-amiloidi) che danno origine alle placche caratteristiche dell’Alzheimer e, anche se non è ancora chiaro se ciò si traduca in un miglioramento delle condizioni del malato, tutto fa però pensare che rappresenteranno una svolta.
Questa nuova opportunità, tuttavia, apre nuove sfide per la sanità. Però Non bisogna trasmettere inutili illusioni .Le terapie sono efficaci, ma solo su una parte dei pazienti . La loro efficacia è massima nelle primissime fasi della malattia, quando il cervello conserva almeno una parte della sua straordinaria plasticità. La difficoltà è dunque identificare i pazienti che possono beneficiare dei trattamenti prima ancora che compaiano i segni conclamati della malattia.
L’Italia nel 2018 ha lanciato un progetto di ricerca (Iterceptor) che vuole capire se alcuni biomarcatori, rilevati in fase precoce, sono in grado di distinguere chi si ammalerà di Alzheimer e chi no. “A breve potremo dire quale è la combinazione di marcatori che prevede chi è a rischio Alzheimer. Sarà così possibile iniziare il trattamento quando il cervello ha una buona riserva cognitiva e non quando ormai è come un albero secco privo di foglie
Tuttavia potrebbe non bastare: “Senza interventi organizzativi rischiamo di avere alcune realtà italiane che garantiranno l’accesso alle cure e altre in cui ciò non si realizzerà. Intanto, le associazioni premano perché venga rinnovato il Fondo per l’Alzheimer e le demenze che è in scadenza a fine anno. Necessitano 15 milioni, per la costruzione della rete per l’Alzheimer, e nel momento attuale di contrazione della spesa pubblica non saprei proprio da chi possano essere anticipate