“IL DIVIN CODINO”, regia di Letizia Lamartire, 2021

di Giulio Loiacono

Approcciarmi ad un film italiano sullo sport ed in particolare su quella che è la messa laica cantata, di quello che è divenuto sinonimo di spirito italiano, ossia del “divo pallone”, mi mette semplicemente terrore.
Temo, infatti, di essere oppresso da quel senso strano e sinistro di schifo.
Devo dire che sperare di venire smentito è operazione inutile. Sarei tentato di offrire un premio in denaro a chiunque riesca a farmi solo movere il sopracciglio anche per un frame quando si tratta di sport.
L’operazione targata Netflix e Mediaset è fallimentare. La colpa non è dei due colossi; stenterei a dire che non sia colpa né della crew autoriale, né di quella registica né dei poveretti volenterosi che recitano biascicando in silenzio – alla Baggio – le battute con un accento vicentino abbastanza curato.
Il protagonista si muove incerto nel parlare – ripeto proprio come l’originale, operazione azzeccata questa -, colei che fa Andreina, la mitica consorte del divo è uguale a lei e la rende molto bene. Del papà Baggio non so nulla. Da suo ammiratore, solo calcistico, non sapevo né che avesse così tanti fratelli e sorelle. Il film ce li rende l’uno spietato più che burbero motore patriarcale e gli altri una romorosa comitiva di bella gente del post-post boom, un po’ sfigata ma miracolata dalla presenza del “predestinato”.
In conclusione, film tragicamente deludente, da non vedere:
1) per sottolineare, semmai ce ne fosse ancora bisogno, che gli italiani e la cinematografia sportiva sono due mondi paralleli destinati davvero a non incontrarsi mai;
2) per dire che il divetto o il divone del pallone che sia, che ce li si goda ammirandoli dal vivo o in teche di cronaca piuttosto che in sgorbietti filmici come questo.

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