di Carmela Moretti
È senza alcun dubbio il cavallo più celebre al mondo. Più di “Bucefalo” di Alessandro Magno, più di quello bianco di Napoleone, più dell’indomabile trottatore Varenne.
Stiamo parlando ovviamente del cavallino rampante della Ferrari, che viene gloriosamente esibito su tutti i modelli della scuderia modenese dal 1932. Ogni volta che la Ferrari si aggiudica il Gran Premio, ci sembra quasi di sentirlo nitrire e di vederlo scalpitare, lì sulla pista, anch’egli festante per il risultato raggiunto…
La sua storia, però, affonda le radici ancora più lontano nel tempo ed è strettamente legata alle vicende di un altro grande personaggio della storia italiana. È Francesco Baracca, un eroe della Prima Guerra Mondiale, che fu sì un grande aviatore, ma che seppe anche racchiudere in sé tutte quelle virtù che hanno fatto di lui un’icona nazionale, ancora purtroppo non abbastanza conosciuta e valorizzata.
Francesco Baracca fu ufficiale dell’aereonautica durante la Grande Guerra. Nobiltà d’animo, audacia e dedizione alla patria erano le sue principali qualità. Ottenne il titolo di Asso degli Assi perché, in quegli anni in cui si stavano mettendo a punto i primi velivoli militari italiani, ebbe il coraggio di farsi “cacciatore del cielo”, fino ad arrivare ad abbattere ben 34 aerei avversari.
E questa è la storia del cavallino…
In origine, era lo stemma del 2° Reggimento Piemonte Reale Cavalleria, uno dei reggimenti più antichi e prestigiosi del Regio Esercito. Prima di intraprendere la strada dell’aviazione, Baracca fu cavaliere e terminò i suoi studi in Piemonte, a Pinerolo. La Cavalleria era ancora, a quei tempi, l’arte più nobile e “aristocratica” dell’esercito.
Affascinato dai primi voli aerei a cui ebbe modo di assistere, Francesco scelse di dedicarsi all’aviazione, intuendo sin da subito di essere di fronte a un cambiamento epocale nel mondo bellico: gli aerei avrebbero cambiato definitivamente il modo di fare guerra.
Come ufficiale dell’aviazione, prese parte alla Prima Guerra Mondiale, compiendo imprese memorabili. In quegli anni, fra gli aviatori italiani divenne usanza adottare un logo per rendere riconoscibile il proprio velivolo. Francesco scelse il cavallo dello stemma del “Piemonte Cavalleria”. In tutti i suoi apparecchi, è sempre stato di colore nero, molto spesso con la coda verso il basso. È così che lo vediamo nello SPAD VII, conservato nel Museo Baracca, a Lugo di Romagna.
La vita di Baracca finì tragicamente il 9 giugno 1918, sul Montello, in provincia di Treviso. Il suo SPAD VII 5382 precipitò per cause non chiare, forse perché colpito da una mitragliatrice nemica a terra. Il suo corpo fu ritrovato il 24 giugno e poi trasportato nella città natale, a Lugo di Romagna, dove un fiume di gente si raccolse per il suo funerale.
Qualche anno dopo, avvenne il passaggio del nobile simbolo alla Ferrari.
Enzo Ferrari era concessionario dell’Alfa Romeo per l’Emilia Romagna. Nel 1923 partecipò al Circuito del Savio, in provincia di Ravenna. Lì ebbe modo di incontrare il conte e la contessa Baracca; i due, dal giorno della tragedia, non avevano mai smesso di portare avanti un’operazione di marketing per valorizzare la figura del figlio. Fu in quella occasione che la contessa donò il cavallino rampante a Ferrari, a quanto pare pronunciando le seguenti parole: “Ferrari, metta sulle sue vetture il cavallino rampante di mio figlio, le porterà fortuna!”
Mai parole furono più profetiche.
La prima volta, il simbolo apparve su un’Alfa Romeo nel Circuito di Spa-Francorchamps, in Belgio. Successivamente, quando Ferrari fondò la sua scuderia, venne adottato come logo per le sue vetture.
È un cavallino nero, con la coda verso l’alto, su uno sfondo giallo: sono i colori di Modena.
Dunque, sono trascorsi 100 anni dal passaggio di consegna di quello per tanti è solo un simbolo sportivo. In realtà, quando sentiamo il rombo della Ferrari su un circuito e ci rallegriamo o soffriamo con essa per l’esito della kermesse, dovremmo ricordarci che il cavallino rampante è molto di più.
Racchiude in sé tanto altro.
È il coraggio di un giovane del nostro Paese, che ha dato tutto sé stesso per la patria.
È la realizzazione di un sogno ambizioso per quei tempi, quello di volare.
È soprattutto l’atto d’amore di una madre, che ha voluto consegnare il ricordo del proprio figlio ai posteri, rendendolo in questo modo un eroe votato per sempre all’immortalità.
Le foto sono tratte dalla superlativa mostra “COME UN’ONDA, COME IN VOLO”, che si è svolta a Lugo da maggio a settembre 2023; un grande progetto espositivo del Comune e del Museo Francesco Baracca, che rientra nell’eccellente lavoro di valorizzazione della figura di Francesco Baracca portato avanti dalla sua città natale.