di Carmela Moretti
Era l’8 agosto 1956. Quando il sole cominciava a rischiarare il cielo, i minatori del Bois du Cazier lasciarono le loro case, impugnando piccone e lanterna. Alle ore 8,10 un incendio divampò vicino al pozzo di entrata dell’aria, a 975 metri di profondità, ed fu l’inizio dell’inferno. I minatori rimasero intrappolati, le prime squadre di soccorritori intervennero circa un’ora più tardi, con la speranza di ritrovare in vita almeno i lavoratori che si trovavano ai piani inferiori (fino a 1035 metri), dove l’incendio non si era propagato. Frattanto, la radio belga diffondeva la notizia con un laconico comunicato, mogli e bambini addolorati si radunavano disperati dinanzi ai cancelli. Le ricerche si interruppero due settimane più tardi – il 23 agosto, per l’appunto – e il bilancio fu sconvolgente: 262 persone su 275 al lavoro quel giorno, di cui 136 italiani. Tutti morti, in sostanza.
Di quella tragedia restano tante testimonianze – archivi audiovisivi, articoli di giornali, siti – ma soprattutto resta l’amaro ricordo dei nostri concittadini in Belgio e di quanti sentono di avere l’obbligo morale di conservare la memoria storica. E’ una ferita che sanguina ancora, nonostante il passare del tempo.
Qui di seguito, le commoventi immagini della mia visita presso la miniera di Blegny, in provincia di Liegi, l’unica visitabile fino a 60 metri sotto terra, dichiarata patrimonio mondiale dell’Unesco.