LA SECONDA RIVOLUZIONE FRANCESE PARTE DALLA SCUOLA

di Carmela Moretti

Occorre investire sin da subito sulle nuove generazioni se vogliamo rispondere alle sfide che ci attendono nei prossimi anni. Il Presidente della Repubblica francese Emanuel Macron non ha dubbi su questo e pone la scuola al centro della sua prima conferenza stampa dell’anno 2024, che si è tenuta il 16 gennaio scorso. Il tema delle riforme scolastiche è stato affrontato dal Presidente in maniera prioritaria, addirittura prima di passare a questioni quali l’ordine pubblico, la lotta al narcotraffico, il nucleare, la sostenibilità ambientale, la natalità.

Già questo basterebbe a parlare di una vera e propria “rivoluzione”, se si pensa che negli ultimi decenni la scuola sia stata considerata da molti governi occidentali più come una zavorra che come una risorsa su cui investire.

In realtà, la Francia già da anni ha avviato una profonda riflessione in questa direzione.  A spaventare il Paese è stata la presa di coscienza di un drastico calo delle competenze di base registrato dai bambini e dai ragazzi francesi. L’Ocse Pisa 2022, per esempio, ha fatto emergere un calo significativo in matematica e nella comprensione del testo. Persino gli aspiranti insegnanti, in uno degli ultimi concorsi, hanno mostrato lacune grammaticali allarmanti e, in generale, un livello culturale molto basso.

In questo scenario apocalittico, quindi, la Francia corre ai ripari. Tuttavia, il punto centrale della riforma sembra essere un altro. Macron ha dichiarato alla Nazione – in un discorso più che convincente, condotto con grande vis oratoria – che “investire sull’educazione culturale, morale e fisica degli studenti e delle studentesse è oggi più che mai fondamentale se si vogliono rafforzare i valori della Repubblica”.

In altre parole, vuole dire che salvare la cultura significa salvare il modello democratico e, quindi, la Francia stessa.

Ecco, allora, alcuni aspetti di questa rivoluzione scolastica.

Si comincerà col porre un freno “all’uso degli schermi”. Nelle prossime settimane un gruppo di esperti elaborerà le raccomandazioni per regolamentare l’utilizzo dei dispositivi tecnologici sia a casa sia nelle classi.

Per rispondere al drastico calo dei saperi di base, la Francia ha deciso di cambiare rotta – almeno in parte – e di navigare verso nuovi obiettivi: CULTURA e SPORT. Tra le discipline a cui si intende dare più valore, ci sono quelle che negli ultimi tempi sono state praticamente declassate, perché ritenute meno utili delle materie scientifiche e tecnologiche. Sono: storia dell’arte, musica, letteratura e teatro.

In più, grande importanza, in questo sistema scolastico riformato, verrà attribuita all’insegnamento dell’educazione civica a partire già dalle scuole elementari: a questa disciplina sarà affidato l’importante compito di trasmettere i valori fondamentali della democrazia. “Ogni generazione di francesi dovrà imparare ciò che la Repubblica francese vuol dire: una storia, dei doveri, una lingua, un immaginario simbolico”, ha spiegato Macron, a una nazione che si ritrova a fare i conti con le problematiche e le conseguenze del suo modello di multiculturalismo.

In definitiva, sembra che la Francia abbia preso atto del baratro culturale verso cui era diretta e stia provando a dare delle risposte. Lo fa, cominciando a ridare dignità alle discipline umanistiche, perché – come ha sottolineato lo stesso Macron – questa non è soltanto una sfida culturale, ma è anche e soprattutto una sfida politica.

L’argomento è tanto delicato e urgente da essere affrontato in larga parte anche in ambito accademico. Nel suo libro “L’età dell’ignoranza, è possibile una democrazia senza cultura?”, Fabrizio Tonello, professore di Scienze Politiche presso l’Università di Padova, già nel 2012 si interrogava su quali conseguenze possa avere la crisi del sistema scolastico sulla democrazia. Cosa può accadere – a livello sociale, economico e politico – se i cittadini diventeranno sempre più incapaci di leggere e comprendere un testo?

Enzo di Nuoscio, professore ordinario di Filosofia della scienza all’Università del Molise, fa un ulteriore passo in avanti rispetto alla questione. Nel testo “I GENI INVISIBILI DELLA DEMOCRAZIA. La cultura umanistica come presidio di libertà”, individua proprio nelle scienze umane le “sentinelle della nostra libertà”.

A cosa servono la filosofia, le lingue classiche, l’arte, la letteratura, la storia? Se ve lo chiedete, leggete il testo del professor di Nuoscio. Scoprirete che esse certamente non formano nell’immediato i lavoratori del domani, ma hanno un compito ancora più nobile: formare il cittadino. Vale a dire, insegnano a essere consapevoli, responsabili, di buon senso, dotati di pensiero critico e, quindi, capaci di riconoscere ogni forma di indottrinamento politico.

Per questo motivo, una riforma scolastica in tal senso servirebbe ovunque nel mondo occidentale. Anzi, è urgente. Soltanto in questo modo si riuscirà a preservare la democrazia, oggi così pesantemente sotto attacco nel disordine globale.

 

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