YUKIO MISHIMA, “LA VOCE DELLE ONDE”

di Gabriele Colella

“…quella piccola isola avvolta nel buio aveva protetto la loro felicità e portato il loro amore a compimento…”

Giappone, Uta-jima: l’isola del canto. Poco più che diciottenne, ma abbastanza grande per darsi ai sacrifici del lavoro, Shinji kubo, spossato da una faticosa giornata di pesca a bordo del Taihei-maru, cammina lungo la battigia. Ode risuonare le grida dei pescatori che spingono a riva i propri battelli, ode l’incessante rumore delle onde, la loro voce. Nulla, davvero nulla sembra poter insinuarsi nella sua quotidianità e turbarla. Nulla, o quasi. La fronte madida di sudore, le guance ardenti, la giovane Hatsue sta riposandosi sulla spiaggia, addossata alle palanche. Un incrocio di sguardi, una frazione di secondo e le loro sorti sono intrecciate per l’eternità.

Yukio Mishima

È solo il 1954 quando “La voce delle onde” dello scrittore nipponico Yukio Mishima vede la luce. Il romanzo, tra i primi di un narratore non ancora trentenne ma già perfettamente consapevole delle possibilità della sua penna, è frutto dell’ispirazione che il giovane Mishima ricava dai propri viaggi in Occidente. Nel 1951 è la volta degli Stati Uniti, poi del Brasile. Infine, dell’Europa. Soprattutto subisce il fascino della Grecia, dell’estetica classica: è un punto di non ritorno. Così, come forte di una nuova vita, si abbandona completamente all’inchiostro. Prende forma Shiosai, “La voce delle onde”: impossibile non affidargli un posto di rilievo nella vasta produzione di Mishima, tra i massimi esponenti della letteratura giapponese moderna.

Il racconto accompagna il lettore alla scoperta dell’amore difficile che lega e legherà indissolubilmente Shinji e Hatsue tanto più innamorati quanto più abissale è la distanza sociale che porta a separarli. Lui, di umili natali. Una casa fatiscente, pasti mai abbondanti, una madre vedova che ha provveduto a fatica al bene dei figli: il ritratto del paese del Sol levante piegato dal secondo conflitto bellico, del ceto medio-basso che tenta di non soccombere sotto i dardi della povertà più estrema; Lei invece, l’ultima nata della famiglia Terukichi, la più abbiente di tutta Uta-jima. Suo padre, Miyata Terukichi, al momento della morte del suo unico figlio maschio, manda a richiamare Hatsue, temporaneamente adottata da una famiglia di pescatrici di perle della vicina isola di Shima. A Miyata non resta che cercare il di lei marito per assicurare la continuità al proprio nome. Quale peggior pretendente di Shinji? Eppure il giovane non demorde. Fiero, orgoglioso, continua, nonostante le difficoltà, ad amare Hatsue la quale, a tal punto rapita dal sentimento che infiamma il suo cuore ancora verginale, preferisce l’intraprendenza del giovane alle avances di Yasuo Kawamoto, presidente dell’Associazione Giovanile dell’isola, ottimo candidato per ottenere la mano della giovane Terukichi. Dagli incontri accidentali, a quelli programmati; dalle proibizioni dell’austero genitore, alle lettere nascostamente scambiate; dall’impossibilità di un rapporto proibito dalle norme sociali, al coronamento del sogno d’amore di una giovane coppia. Le parole dell’autore, come le pennellate di Hokusai, ci trasportano in Giappone, alla scoperta del microcosmo costituito dall’ isola di Uta-jima dove la vita scorre tranquilla, senza scosse, senza sconvolgimenti di sorta; dove la voce delle onde accompagna i suoi abitanti, ne scandisce il ritmo vitale; dove gli isolani conducono la propria esistenza in perfetta armonia col cosmo. Qui

Katsushika Hokusai , ”Il Fiume Gioiello In provincia di Musashi”

Shinji si illude di poter vivere sereno per sempre, di poter un domani acquistare una nave da carico con i risparmi di una vita e dedicarsi ai trasporti marittimi e nient’altro. Ma, come il mare, anche la vita umana conosce tempeste: ed ecco che il pensiero di Hatsue tormenta il giovane protagonista, scava come un tarlo nella struttura solida della sua mente pragmatica da isolano, lo confonde, lo disarma ma, alla fine, lo accompagnerà e sarà linfa per la sua felicità.

La storia di un amore puerile fatto di ingenuità, frasi non dette, sentimenti inspiegabili; il racconto di uno scontro generazionale che vede i protagonisti, come novelli Romeo e Giulietta in terra orientale, impossibilitati ad amarsi; il ritratto del pentimento di un padre disposto a contravvenire al costume sociale pur di veder brillare il sorriso sulle labbra di sua figlia; il percorso di chi, come Shinji, non sa arrendersi, nel lavoro come nella vita e riesce a raggiungere i propri obiettivi con perseveranza. Tutto questo è “La voce delle onde”: coinvolgente, evocativo, animato da una prosa sincera, semplice ma non banale, il lavoro di Mishima dà prova della sua raffinata sensibilità come scrittore e come uomo, soprattutto

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