Per noi italiani è stato soprattutto Rocco e Tancredi, nelle pellicole “Rocco e i suoi fratelli” e “Il Gattopardo”, realizzate dal gigantesco Luchino Visconti. Per i francesi, è stato soprattutto il grande rivale e amico di Jean Paul Belmondo. Per il mondo intero, è stato un’icona di seduzione, uno sciupafemmine ribelle dallo sguardo felino e con alle spalle un’infanzia tormentata.
Ma chi era, in realtà, Alain Delon, l’ultimo testimone di un’epoca cinematografica mitica, che ci ha lasciato oggi all’età di 88 anni?
Esiste sulla sua figura una vasta bibliografia, ma per chi ha voglia di esplorare i mille volti del Delon attore e uomo – e, però, padroneggia la lingua francese – consigliamo il testo “Delon: En clair-obscur”, Mareuil éditions, 1 dicembre 2022, del giornalista Laurent Galinon.
L’autore apre il suo approfondimento biografico, inventando l’aggettivo “delonien” e dandone una definizione possibile, che ci sembra del tutto appropriata.
«Delonien, delonienne : carattere o attitudine, che nasce da un rapporto profondo e solenne con il senso funebre della bellezza». A pensarci bene, infatti, la bellezza estetica di Delon si è sempre distinta da tutte le altre per la sua straordinaria particolarità di accompagnarsi a un senso profondo di tristezza, quasi di malinconia struggente, con cui l’attore ha sempre dato un quid in più ai personaggi interpretati.
Nell’opera emergono anche altri aspetti dell’uomo Delon. Ridotto in maniera semplicistica a personaggio virile, megalomane, seduttore, ne viene mostrata un’altra faccia, poco conosciuta al grande pubblico: era anche un uomo fedele alla parola data, generoso, emotivo, con un grande senso dell’amicizia. Fu lui, per esempio, a proteggere il corpo dell’amico e attore Jean Gabin al momento del decesso avvenuto in un ospedale a Parigi, per proteggerlo dall’invadenza dei paparazzi. Allo stesso modo, impressionarono la Francia intera le lacrime che Delon versò, affranto per ore, alla notizia della morte del regista Jean-Pierre Melville, che lo diresse in alcuni celebri film come “Frank Costello faccia d’angelo” del 1967.
E ora che sulla sua vita si spengono i riflettori, finisce la storia dell’uomo, ma resterà per sempre il mito dell’attore; la cui grandezza, per il giornalista Laurent Galinon, consiste nell’aver imposto con eleganza la cosa più difficile da imporre sul grande schermo: il silenzio.
Di Delon ricorderemo, tra le altre cose, la sua capacità di parlare con le sue movenze. Ricorderemo il suo talento naturale, nel conquistare lo spazio anche senza proferire parola.