SPORT, POPOLAZIONE, CULTURA E STORIA: PANORAMICA STORICA

di Leonardo Ascatigno

L’enorme quantità di sport, con le relative soddisfazioni, che ha accompagnato negli ultimi mesi la popolazione italiana, rende dolce il tornare con la memoria alla storia, partendo dalle origini, dello sport, la cui narrazione nasconde delle pennellate meravigliose che, dopo averne fatto conoscenza, diventano simbolo, testimonial e vestigia di un percorso che accompagna poeticamente e carezzevolmente lo sviluppo dell’umanità, avendo, su di essa, ricadute sociali, economiche, politiche, religiose, ecc.

Ecco quindi che lo sport fende il cammino dell’uomo caratterizzandolo con segnali di colore e di calore, diventando contestualmente testimone e motivo di profondi cambiamenti che, pur non sapendolo, diventeranno presenza fissa al centro di quel fantastico e mirabolante crocicchio che fa incontrare la vita con lo sport stesso; una presenza che non solo traccia una rotta plurisecolare e ricca di momenti emozionanti, ma che delinea anche i caratteri portanti di una società con tutte le sue tipicità.

Diventa quindi bello scoprire alcuni passaggi epocali nello sport, che accadono quasi sottotraccia, ma che segnano cambiamenti importanti e per certi versi irreversibili.

Tutto questo ovviamente parte dalla preistoria, anche se secondo Mandell (1984) lo sport inteso come gioco nasce prima dell’uomo, con gli animali, con caratterizzazioni, ovviamente, differenti rispetto al contemporaneo modo di intendere la pratica sportiva.

Durante la preistoria, la pratica sportiva era legata alle attività di caccia e di pesca, oltre che a quelle azioni utili per la sopravvivenza; a queste iniziali motivazioni, si sono poi aggiunte le danze rituali e propiziatorie, che richiedevano un corpo allenato. Gli epigoni di questi rituali sono ancora presenti in alcune tribù africane, e poter osservare i movimenti messi in atto fa capire chiaramente come alcuni passaggi siano il frutto di un continuo e costante, oltre che specifico, allenamento. Durante questi atavici cerimoniali subentrava anche l’aspetto psicologico, in quanto i danzatori durante la loro pratica entravano in una trance voluttuosa; queste danze, sovente, erano delle vere e proprie forme di competizione, ecco perché non è peregrino accostare questa pratica a una primordiale forma di sport, che poi è giunta fino ai giorni nostri sotto forma di agonismo (AA. VV., 2016).

Per quanto riguarda la sopravvivenza, sono stati rinvenuti dei graffiti, di epoca preistorica, che testimoniano come, nella zona dell’attuale Cina, la ricerca del cibo fosse un’attività che richiedeva molti spostamenti e tecniche particolari; quindi anche in questo caso l’allenamento del corpo, all’epoca quello più utilizzato era il sollevamento e il lancio delle pietre, doveva essere funzionale (termine che poi è entrato a pieno regime nel lessico sportivo) a questa pratica così vitale.

I citati graffiti sono fondamentali per capire come l’attività fisica fosse presente e praticata durante la preistoria; un fulgido esempio è la “Caverna dei Nuotatori”, situata in Egitto (Almásy, 215), all’interno della quale sono stati ritrovati graffiti, risalenti al Neolitico, raffiguranti uomini che nuotano in una posizione riconducibile all’attuale crawl (Bray, 2006).

Le attività descritte se all’inizio erano praticate in solitudine, successivamente, dettero vita, in virtù del mutare delle esigenze e dell’incremento della popolazione, a forme di pratica collettiva e proprio da qui l’uomo primitivo iniziò a correre, a lanciare e a saltare (per azioni di caccia e guerra), a praticare la scherma, la lotta (per la sopravvivenza), il pugilato, la canoa e l’equitazione, allorquando il cavallo fece la sua comparsa. A tal proposito, è rilevante notare che si dispone di un manuale, risalente al 1360 a.C. circa, sull’addestramento dei cavalli, all’interno del quale è descritto dettagliatamente come nutrire e come addestrare, appunto, questi animali.

In questa sintetica panoramica sull’evoluzione dello sport, che non ha la pretesa di essere esaustiva, si giunge, a bordo di un’immaginaria macchina del tempo, all’antico Egitto, allorquando lo sport si praticava per uno scopo ludico (lotta, nuoto, canottaggio, atletica e pesca). In questo tempo fanno la loro prima comparsa le uniformi, le regole di gioco e gli arbitri. Tutto questo è emerso grazie alle iscrizioni trovate su antichi monumenti e grazie ai caratteristici geroglifici. In Egitto la lotta era lo sport tenuto in maggiore considerazione, in quanto grazie a essa si poteva manifestare l’opulenza, l’eleganza e anche la complessità del vissuto quotidiano. Si pensi che nella tomba di un principe appartenente alla XI dinastia (2100-2000 a.C.) è stato ritrovato un affresco raffigurante due lottatori nell’atto di effettuare ben 122 prese specifiche e differenti (Mandell, 1984). La lotta era presente anche nelle civiltà precolombiane, però, qui si lottava da professionisti e indossando ingombranti accessori e vestiti.

La presenza del Nilo ha condizionato in Egitto la pratica di sport acquatici, quindi, saper nuotare, oltre che rappresentare un piacere e un divertimento, rappresentava, in quel contesto, un elemento di sicurezza, in caso di incidenti, piuttosto frequenti, sull’acqua, durante le varie navigazioni. Anche il saper remare e condurre un’imbarcazione era un’abilità importante, in Egitto; infatti, il distinguersi in questa azione poteva conferire grande prestigio; infatti, nella tomba di un ufficiale un’iscrizione afferma che egli riuscì ad attirare l’attenzione del re grazie alla sua bravura nel far avanzare una barca.

Di Creta, purtroppo, sono rimaste soltanto testimonianze relative alla pratica del pugilato (interessante è la raffigurazione che si trova su un vaso risalente al 1600 a.C.), alla lotta acrobatica e ad alcune danze.

Continuando in questa panoramica, si giunge all’antica Grecia, dove la pratica dello sport era così diffusa e particolare, anche se l’acme fu raggiunto tra il 510 e 440 a.C. (Gardiner, 1910), che portò alla nascita del professionismo, dovuto all’eccessiva specializzazione e alle alte ricompense versate ai vincitori (a c. di Angeli Bernardini, 1988). Il discorso sul professionismo, da questo momento fino ad arrivare all’età Moderna, apre orizzonti di ricerca demografica e sociale molto interessanti, in quanto a questo livello, contrariamente a quanto si possa pensare, si dedicavano gli uomini delle classi poco elevate che, in qualche modo, cercavano alternative forme di sostentamento.

In sintesi, nell’antica Grecia lo sport inizia ad assumere, anche grazie all’avvento delle Olimpiadi, un carattere di massa (per numero e importanza delle manifestazioni), e le attività atletiche avevano carattere sacrale, educativo, agonistico e militare. L’importanza dell’attività sportiva era fortemente marcata a tal punto che Platone riteneva che la ginnastica dovesse essere materia di studio come tutte le altre.

Nell’antica Grecia, si possono individuare diversi motivi ispiratori per la pratica sportiva: innanzitutto il carattere religioso delle attività, in quanto molte di queste erano dedicate alle divinità, per esempio le Olimpiadi a Zeus, e i Delfici ad Apollo. Poi, vi era un carattere estetico, dato che in questi secoli si diffonde il culto della bellezza che, attraverso il corpo, si trasformava in concretezza. Infine, troviamo un carattere funzionale, dato che lo sport serviva all’educazione militare.

Indipendentemente dalle caratterizzazioni che si svilupparono a livello geografico, per esempio lo sport era maggiormente praticato a Sparta rispetto ad Atene, è interessante constatare come l’esametro “Essere sempre il migliore e superiore agli altri” compaia per ben due volte (libro VI, v. 208 e libro XI, v. 784) nell’Iliade.

Anche gli Etruschi offrono spunti di studio interessanti. Loro organizzavano manifestazioni sportive, come le gare di atletica a Cere, per ingraziarsi il favore degli Dèi, e in queste si praticava il lancio del disco. Questo veniva effettuato, contrariamente a quanto normato in Grecia, con la rincorsa, diventando così un prodromo di quanto viene fatto oggi. Riferite a questo periodo sono state ritrovate nelle tombe alcune raffigurazioni di scene sportive, e questo veniva fatto affinché il sudore e il sangue degli atleti potesse dare vigore al defunto nel cammino nell’oltretomba.

Con i Romani le attività sportive venivano organizzate per esigenze militari: lotta, scherma, tiro con l’arco, equitazione, lotta, lancio del giavellotto, e corsa. Anche loro organizzavano grandi celebrazioni di massa in onore degli Dèi: i Ludi. Durante queste manifestazioni veniva praticata la lotta, il pugilato, la corsa con le bighe, e si dava molto spazio agli scontri armati (uomo contro uomo e uomo contro animale). Questi lottatori, i gladiatori, per svolgere questa attività, si iscrivevano a vere e proprie scuole, diventando poi professionisti del settore.

Anche con i Romani si assiste a quanto troverà la sua esasperazione nel primo Novecento, del XX secolo, vale a dire l’utilizzo dello sport e dell’esercizio fisico per meri fini politici.

Durante il Medioevo, l’attività sportiva sposa i principi della cavalleria; nel curriculum universitario doveva comparire anche l’abilità della corsa e venivano stabilmente praticate le attività di getto, lotta, equitazione, gualdana, tornei e giostre. È nel X secolo che si diffonde l’uso della palla, fino ad arrivare alla nascita del calcio fiorentino intono al XV-XVI secolo (Artusi, 2016). Quindi, il Medioevo sportivo diventa un crocevia di creatività, passione, estro e anche politica, e tutto questo si svela nel 1232 circa, con il Palio di Siena, divenendo una delle manifestazioni di abilità più valide e apprezzate da allora, e fino ai giorni nostri, una delle gare più singolari di sempre, dove talvolta ci sono sconfitte che possono essere giudicate bellissime, preziose e dispensatrici di orgoglio, e, nel contempo, una manifestazione dove politica, gestione furba delle opportunità, voglia di vincere e talento nel non farsi coinvolgere diventano parte integrante dello spettacolo stesso. È importante ricordare come Johan Huizinga abbia sostenuto che durante il Medioevo il vero sport dell’aristocrazia fosse la guerra, e questo spiega il largo utilizzo che si faceva del cavallo in questo periodo.

Durante il Rinascimento si assiste a una rinascita differente anche dell’attività sportiva, con interessi intellettuali chiamati in causa nel tentativo di regolamentare le diverse attività, ed è così che Antonio Scaino nel 1555 pubblicherà un trattato sul gioco della palla. Nel 1423 invece Vittorino da Feltre fonderà la “Casa giocosa”, all’interno della quale gli allievi venivano educati anche alla lotta, al tiro con l’arco, alla scherma e all’equitazione. Addirittura Leon Battista Alberti diventerà un fiero sostenitore dell’integrazione tra ginnastica e insegnamento delle scienze e dei classici.

La Rivoluzione industriale, per certi aspetti, avvia lo sport verso la modernizzazione conosciuta ancora oggi con la scissione per esempio del rugby dal calcio, con la riduzione della violenza e con la codifica delle regole di gioco. Lo sport, come oggi viene inteso, ha legami molto deboli con le attività dell’epoca pre-moderna. Lo sport moderno ha origini particolari e in luoghi particolari, in quelle condizioni sociali, economiche, politiche e ideologiche che trovano il loro terreno di massima fioritura in Inghilterra.

Questo è anche il periodo delle “Public school”, college e scuole private dedicate a studenti benestanti che potevano, all’interno delle stesse, dedicarsi all’attività sportiva. In questo periodo, sempre in Inghilterra, nascono i primi “club” a opera di ex studenti che, dopo la scuola, continuano a praticare sport, riunendosi sotto colori, uno stemma, un credo; ma in questo periodo sono gli operai i veri artefici del cambiamento sportivo. Mentre prima, per mancanza di tempo, erano esclusi dalle attività sportive, con la nuova sensibilità verso le loro condizioni di lavoro, e con la conseguente riduzione dell’orario di lavoro, questi iniziano ad avere del tempo libero, da investire nelle attività ricreative e sportive. Da questo alla professionalizzazione atletica e agonistica il passo fu molto breve, anche perché in questi anni alcuni sport, come il calcio, iniziarono ad avere una diffusione capillare. Il professionismo, inteso in chiave moderna, venne generato quindi dalle migliori condizioni sociali (maggiore disponibilità di tempo libero), dall’assunzione di alcuni operai particolarmente capaci nelle squadre aziendali e dall’interesse che muoveva lo sport in termini di pubblicità, scommesse, visibilità, investimenti (Ciarrapico, 2010).

Lo sport arriva quindi dall’Inghilterra e da questo momento si vestirà di moderno, con un forte impatto sulla società, e muterà le abitudini, le usanze, i costumi e le mentalità del popolo, giungendo finanche a intrecciare, come il Fascismo italiano dimostrerà, strette trame con la politica.

Bibliografia

  • VV., “Allenamento della danza sportiva”, Calzetti & Mariucci Editori, 2016
  • VV., “Lo sport in Grecia”, a c. di P. Angeli Bernardini, Editori Laterza, 1988, p. XV
  • Almásy L. E., “Sahara sconosciuto”, I ed. 1939, Neri Pozza, 2015
  • Artusi L., “Calcio fiorentino. Storia, arte e memorie dell’antico gioco dalle origini ad oggi”, Scribo, 2016
  • Ciarrapico A. M., “Economia e sport”, Aracne, 2010
  • Gardiner E. N., “Greek athletic sports and festivals”, London, 1910, trad. it “Sports e giuochi nella Grecia antica”, 1955
  • Mandell R. D., “Storia culturale dello sport”, Editori Laterza, 1984

Sitografia

Dettaglio delle Caverna dei Nuotatori-Egitto
Il logo delle moderne Olimpiadi, ideato da De Coubertin, raffigurante i cinque continenti
Corsa di bighe con spettatori. Dipinto su un frammento di vaso, Atene VI sec. a.C.
Esercizi di scherma. Da un manuale italiano del 1680 circa

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