di Leonardo Ascatigno
I risultati delle ultime Olimpiadi e Paralimpiadi (e anche degli ultimi campionati europei di calcio) hanno fatto emergere un grande senso di appartenenza e di campanilismo verso le imprese degli atleti azzurri e, probabilmente, anche l’orgoglio, come sentimento avvertito verso questi campioni, è stato maggiormente sentito, rispetto alle edizioni olimpiche del passato, forse perché la pandemia da Covid-19 in atto, i lockdown e le generali sofferenze vissute nell’ultimo periodo, hanno trovato un ottimo edulcorante e un collante sociale proprio nelle medaglie conquistate nelle due grandi manifestazioni citate in apertura.
Non che quanto conquistato a Tokyo 2020 (anche se di fatto disputate nel 2021) sia stato più importante, per esempio, dell’oro vinto da Yuri Chechi ad Atlanta 1996, o della medaglia d’oro conseguita da Pietro Mennea a Mosca 1980; ma nelle imprese delle ultime Olimpiadi e Paralimpaidi si sono concentrate la voglia di riscatto, di rivalsa, di evasione e di “antifragilità” (Polani, 2020) degli italiani; senza dimenticare il grande segnale di speranza e di possibilità che le medaglie olimpiche hanno consegnato al popolo. Questo, quindi, rappresenta l’ennesima dimostrazione di quanto sostenuto da Richard D. Mandell (1984) secondo il quale lo “sport” è lo specchio in cui una società può vedere riflessi i propri valori vitali. Uno specchio che consente di comprendere la mentalità dell’uomo e di capire come l’umanità abbia accompagnato e modificato la propria evoluzione, traendo ispirazione privilegiata dal mondo dello sport.
Per fare degli esempi basti considerare come il modo di considerare il gioco, il corpo, la competizione, il coraggio, la bellezza, la maturità, l’integrazione ecc., sia cambiato grazie al contributo dello sport. Oppure, volendo entrare in un perimetro più settoriale, è importante far notare come lo sport abbia messo insieme anche, in modo assolutamente non peregrino, riti, culti e pratiche religiose. Inoltre, volendo quindi zoomare su aspetti più pratici, non si può non notare come lo sport, nel tempo, sia stato amplificatore privilegiato di massificazione, comunicazione (Peressinotto, 2012) e di paradigmi economici, a partire sin dalla microeconomia (Ciarrapico, 2010).
Quindi, in sintesi, lo sport è parte integrante della cultura di un popolo, e vettore di tradizioni, caratteristiche sociali (come la corsa per i paesi più poveri), e di valori.
Appare dunque evidente che lo sport, intersecandosi con la storia, può essere inteso come un’antica pergamena capace di contenere tanti testi raschiati, abrasi, sovrascritti, modificati, ma sempre in grado di nascondere opere inattese che riguardano la storia dell’uomo. Dunque lo sport appartiene alla nobile schiera degli elementi che, profumando di favola, ma con il vantaggio di essere realtà, inizia con la comparsa dell’uomo sulla Terra e che lo accompagna lungo la sua storia lunghissima e “quasi immobile” (Braudel, 2010).
Quando si parla dell’evoluzione, quindi della storia, dello sport e delle sue ricadute sociali, bisogna ricalibrare il suo stesso concetto in quanto, più si andrà indietro nel tempo, e più questo lo si troverà differentemente identificato rispetto a quanto siamo abituati a fare oggi e, nondimeno, nel pieno principio del determinismo geografico, si potrà apprezzare come, in relazione alla società e al territorio a cui si riferisce, assume fisionomie e caratterizzazioni differenti.
Infatti, nel corso del tempo, in Occidente, lo sport si è caratterizzato per gli aspetti atletici, per la cura del corpo e per la resistenza alle fatiche militari; in Oriente, invece, per aspetti medici, spirituali e ginnici; mentre, nel bacino del Mediterraneo per motivazioni meramente atletiche e rituali.
Quando si osserva una statuetta peruviana raffigurante due uomini in combattimento non significa che il popolo sudamericano conoscesse, secoli fa, il concetto di arbitro, di categorie o di semplice vincitore; di contro, esistono delle attività che, vincendo i vincoli di spazio e di tempo, sono comuni alla maggior parte delle culture. Di ciò ne sono esempio le corse a piedi, le prove di abilità con la palla, ecc.
Alcuni filosofi hanno sostenuto che il gioco, e quindi lo sport, è un elemento portante di ogni società, a tal punto che tutte le conquiste più importanti possono essere fatte risalire a un desiderio di gioco (Huizinga, 1967), e questa posizione depone a favore di quanto detto in precedenza, e cioè che il gioco e lo sport sono nati con la comparsa dell’uomo sulla Terra, nonostante qualcuno abbia tentato di dimostrare il contrario (Eichberg, 1974).
In maniera molto semplice e indagando nel cuore della questione è lapalissiano credere che lo sport sia antico quanto l’intelligenza dell’uomo, perché questo, per definizione, è inteso come “il complesso di attività (fisiche e mentali), prove, esercizi, giochi individuali o collettivi, atti a sviluppare forza e agilità fisica, a scopo di semplice svago o di competizione”.
Chiaramente, l’associazione tra significante e significato non ha origini preistoriche, quando il mondo era un altro mondo e l’attività sportiva non faceva eccezione, considerato che il termine “sport” viene utilizzato per la prima volta in Inghilterra nel 1532, mentre arriverà in Italia soltanto nel 1828 per assumere, sin dalla sua comparsa avvenuta su sponda francese, un carattere non molto dissimile da quello inteso in età contemporanea.
Inoltre, esiste una risposta ben precisa e non emendabile alla domanda su quale sia stato il primo sport a essere praticato, e questa indica, in maniera quasi inconfutabile, il nuoto. Questo, almeno in Italia, ricorda la filosofia espressa nel film “Ecce bombo”, a volte ti notano di più se non ci sei che se ci vai, perché questa disciplina è la più fuggevolmente presente nella storia dello sport italiano in quanto, pur essendo diventato mainstream con l’edizione olimpica di Atene 2004 con la comparsa della leggenda Federica Pellegrini, già in precedenza, grazie alle imprese di Bud Spencer (pseudonimo di Carlo Pedersoli e primo italiano a scendere sotto il minuto nei 100 m. stile libero), Novella Calligaris (prima nuotatrice a vincere una medaglia olimpica) e Giorgio Lamberti (immenso a Bonn nel 1989 con un record mondiale che rimarrà imbattuto per dieci anni), aveva ampi e validi motivi di celebrazione.
Certo, nel tentativo di voler segnare necessariamente una data certa per la nascita dello sport, si rischia di essere menzogneri, in quanto la datazione rappresenta un problema serio avendo pochi documenti certi che possano, in qualche modo, fornire indicazioni precise.
Di sicuro c’è che, almeno all’inizio, la pratica sportiva era legata alla caccia, alla sopravvivenza e alla scoperta; successivamente, si aggiungeranno i rituali religiosi e i riti propiziatori che, basandosi su danze primitive, richiedevano un corpo allenato ed è interessante notare come chi era più allenato e bravo nelle pratiche sportive veniva maggiormente utilizzato nelle azioni di attacco, difesa, lotta o più semplicemente in azioni di fatica (Mandell, 1984).
In questo continuo intreccio tra gioco, sacralità, magia, sport e società si può facilmente ipotizzare che molte attività, come la lotta, fossero funzionali ad attivare un ascensore sociale, che portava il lottatore a ottenere prestigio all’interno della propria tribù, o comunque a modificare il proprio status sociale.
A proposito di datazione, molti sono gli elementi che confermano la presenza della pratica sportiva (concetto da prendere con le dovute mediazioni, come è stato visto) sin dalla preistoria; alcune tracce sono testimonianze privilegiate di questa ipotesi, per esempio, mazze, lance, strumenti di pietra e raffigurazioni all’interno di grotte. Appare evidente come la creazione di strumenti utili alla pratica sportiva portasse l’uomo ad allenarsi per poterli utilizzare al meglio, esattamente come accade oggi, e da questo, con lo sviluppo del tempo, si è arrivati a poter fare una classificazione degli sport: fisici, con veicoli meccanici, con l’utilizzo di attrezzi, o con la partecipazione di animali.
L’addomesticamento degli animali, per l’uomo del passato, fu una conquista fondamentale per la propria sopravvivenza, ma da subito questa pratica fu traslata per poter utilizzare diversamente (nello sport) gli animali, fino a farli diventare, nel Medioevo, protagonisti assoluti del mondo della cavalleria e del circus dei palii, delle giostre ecc.
Da queste poche riflessioni, che saranno completate da uno scritto avente carattere di panoramica sullo sviluppo dello sport, della popolazione e della cultura, attraverso i grandi periodi storici, emerge come un elemento fondante dello sport, e del gioco, sia sempre stata la creatività (Mandell, 1984), elemento fondamentale per inventare e per creare nuovi giochi, attività, discipline che oggi convergono tutte nel concetto di “sport” (Caillois, 1984).
Bibliografia
- Braudel F., “Civiltà e imperi del Mediterraneo nell’età di Filippo II”, I ed. 1953, Einaudi, 2010
- Caillois R., “I giochi e gli uomini. La maschera e la vertigine”, trad. it. a c. di G. Dossena, Bompiani, 1981
- Ciarrapico A. M., “Economia e sport”, Aracne, 2010
- Eichberg H., “Der Weg des Sports in die industrielle Zivilisation”, Nomos, 1974, p. 172
- Huizinga J., “Homo ludens”, trad. it. a c. di C. von Schendel, Il Saggiatore, 1967
- Mandell R. D., “Storia culturale dello sport”, Editori Laterza, 1984
- Perissonotto A., “Sport e comunicazione”, Mondadori Università, 2012,
- Polani D., “Antifragilità”, in “AQA”, n. 10, luglio/dicembre 2020, pp. 8-11, Calzetti & Mariucci Editori