di Francesco Monteleone
Poter ascoltare le confidenze di grandi registi cinematografici, quando sono ormai sfibrati dalla loro carriera artistica è la proposta più azzeccata del Bifest di Felice Laudadio. Ogni anno e ogni volta il Teatro Petruzzelli si trasforma in un gabinetto delle meraviglie nel quale un uomo, che ha fatto film in tutta la sua vita, si libera dalla preoccupazione classificatoria dei critici e con parole emozionanti da una chiave d’accesso più umana alle sue opere. E se Felice Laudadio non ha speso qualche soldo per le registrazioni di tanti originalissimi incontri ha commesso una bruttezza da zero spaccato in pagella. Quest’anno prendiamo a modello la lezione di Allan Parker, un regista che ha aumentato la ricchezza artistica del mondo intero e che nelle lunghe giornate del suo tramonto esistenziale, se stimolato da un critico come Derek Malcom, sa trasformare la sua esperienza in insegnamento morale. Mettiamo insieme i cocci del nostro inglese da principianti e ricomponiamo la poetica di un maestro che ci ha educati alla lettura della sua collezione di pellicole.
– Dopo 4 ciak non vado oltre. Gli attori non migliorano ripetendo la stessa scena, anzi si innervosiscono e spesso peggiorano la loro performance. Io creo sempre un ambiente positivo sul set, perché gli attori lo sentono, la qual cosa facilita il lavoro. Il regista è sempre il più importante nel film, ma nessun film è stato fatto da un’unica persona. Anzi alcuni ruoli sono sottovalutati, per esempio il direttore della fotografia spesso non si prende il merito del suo lavoro. Anche il tecnico del montaggio è essenziale. Dandogli degli imput creativi si ottengono risultati eccellenti.
Derek Malcom è un ottimo intervistatore di Parker. Dalle sue domande si ricava altra linfa:
– Fare un film è un lavoro faticoso, a volte si gira 12 ore al giorno. Due attori in una stanza non è difficile gestirli, ma quando ci sono scene di massa ci vuole forza fisica. I registi non migliorano, invecchiando. Si ripetono…
Non dimentichiamo che il corpulento Allan Parker partecipò con tanti registi britannici alla creazione di Hollywood, ricevendo sempre un trattamento ‘cortese’ dai produttori americani.
– Oggi è cambiato tutto. È l’era degli effetti speciali e i capitali per fare un film arrivano da più parti del mondo; ma l’unica voce è sempre quella del regista. Io ho lavorato con Madonna in ‘Evita’. Mi rispettava. All’inizio non sapevo se prendere un’attrice capace di cantare o una cantante capace di recitare. Lei mi scrisse: sono l’unica che può fare quella parte. Allora era la più famosa al mondo. E la sua recitazione risultò ottima. Quel musical fu molto costoso. Ci vollero 4 mesi per fare le musiche.
Le storie di cinema sono affascinanti come quelle del calcio. Ti incantano e puoi stare ad ascoltarle per ore.
– Per ‘Mississippi Burning’ (1988) ricevetti minacce di morte. Sembrava che rubassimo la lotta politica alla comunità afro-americane. ‘Fuga di mezzanotte’ lo feci nel 1978 e dopo 36 anni mi sorprende che sia ancora molto attuale. Ho fatto 14 film e non mi vergogno di nessuno. Il più bello da girare è stato in Irlanda ‘The Commitments’ (1991). Ho amato tutti gli attori, non erano divi, ma dilettanti senza pretese. Invece gli interpreti di ‘Saranno famosi’ li avrei voluti ammazzare tutti…per fare un film a volte si consumano 2 anni della vita. Il successo arriva con il duro lavoro.
In che modo Allan Parker è riuscito a non diventare un artista rincitrullito dal successo?
– Come regista ho voluto esplorare tutti i generi, per essere più creativo. Costa Gavras è stato per me una grande fonte di ispirazione. Un film deve provocare (pensate a ‘Z – l’orgia del potere’). Mi piace molto anche Milos Forman. Io ho film in 50 paesi. All’inizio ero sensibile alla critica. Le cose brutte che ti dicono non le dimentichi mai. Ma nessun artista vero deve aver paura di ciò che si dice. È importante anche il giudizio del pubblico. Ho constatato molte volte come una scena ‘lenta’ vista col pubblico in sala diventa ‘molto lenta’. Eppoi bisogna dire che un film è costoso, e più è costoso, più ha interferenze. Il regista può tutelarsi in un’unica maniera: essere vero, dire la verità e circondarsi di persone abili. Il regista deve scegliere le persone giuste e anche fidate, perché mentre fai un film hai bisogno di amici.
Allan Parker disegna ottimi fumetti da 50 anni. Nel suo cinema ‘la musica è molto importante’, basti pensare a ‘Pink Floyd The Wall’ (1982). Ha scritto moltissime sceneggiature, ma ‘trovare i soldi per tutte è difficile’. Il suo bilancio più sincero?
– Io non avevo la critica, ma avevo i produttori. Ho un rimpianto: Non ho fatto Harry Potter. Ora sarei ricchissimo.
(Resoconto dal Master class tenuto al Teatro Petruzzelli di Bari, sabato 21 marzo 2015)