Il lunedì con la medicina. SEMPRE PIÙ ANZIANI NEL FUTURO: ROBOTICA ED INTELLIGENZA ARTIFICIALE LE POSSIBILI ALTERNATIVE

di Giacomo Losavio,  neurologo e neurofisiologo clinico

Le nascite avvenute tra il 1962 e il 1971, praticamente le persone che fanno parte della generazione   che ora ha tra i 50 e i 60 anni, sono state 9.414.065. I figli del decennio 2012-2021 sono invece 4.633.431.  Praticamente In circa cinquant’anni, abbiamo perso quasi cinque milioni di bambini (4.780.634). Una situazione drammatica per quello che sarà l’Italia del futuro. Le nascite sono in costante picchiata da otto anni e, da come si è visto, la pandemia c’entra relativamente: 485.780 i bambini nati nel 2015, per la prima volta dal boom economico i nati erano sotto il mezzo milione; Poi progressivamente c’è stata una progressiva ulteriore diminuizione 420.084 nel 2019; 404.892 nel 2020; 400.249 nel 2021 (contro 709.035 decessi). E per il 2022 una stima, non ancora confermata dalle verifiche, di circa 390mila neonati. Vi ricordo che le nascite sono state di 534.186 unità nel 2012 e 937.257 nel 1962. Nel 2050 vi saranno in Italia oltre due milioni di 50enni (coloro che hanno tra 50 e 59 anni) in meno rispetto al 2020, 6,42 contro 8,49, mentre i 40enni (40-49 anni) diminuiranno di circa 1,8 milioni, da 9,03 a 7,22 milioni. Questi ultimi in realtà per allora saranno leggermente risaliti, rispetto a un minimo di 7,08 milioni nel 2035. Il guaio è che questo vuol dire che una parte rilevante di coloro che tra poco smetteranno di lavorare non potranno essere rimpiazzati. I dati mostrano che i 30enni attuali non bastano a sostituire i 50enni. È un problema che riguarda tutti i Paesi che da più tempo stanno vivendo un calo delle nascite, quindi Lettonia e Lituania, Romania, Bulgaria, Grecia, Portogallo, e appunto Italia, assieme alla Germania. Qui entro il 2050 si assisterà a una riduzione di più del 20% o anche del 30% di quanti hanno tra 50e 59 anni.

L’Italia dovrà affrontare invece una riduzione della forza lavoro. Questa si tradurrà sia in una mancanza di personale per l’industria e nei servizi molto più severa di quella che si intravede oggi in alcuni settori, sia in un calo della domanda, a causa della diminuzione della percentuale di italiani nella fascia che più consuma. Oltre che in una crisi del welfare, che vedrà i sempre più anziani dipendere da una forza lavoro sempre più piccola. C’è lo spettro di un Paese, a metà secolo, fatto di anziani abbandonati a sé stessi o mantenuti da una forza lavoro non solo ristretta, ma anche poco istruita e produttiva in    un Paese globalmente più povero, meno solidale e più cinico.

Probabilmente per garantire una qualità di vita sufficientemente adeguata   e per il sostentamento delle classi più fragili si ricorrerà al supporto della tecnologia e della scienza. In pratica dovremmo sostituire    la manualità degli esseri umani con i Robot o con l’intelligenza artificiale. I robot eseguono generalmente i processi con minore variabilità (tendente allo zero) rispetto ai lavoratori umani. Ciò si tradurrà in un maggiore controllo e coerenza della qualità dei deliverable risultanti dall’esecuzione dei processi, siano essi di tipo digitale o fisico.  L’intelligenza artificiale invece permetterà ai sistemi di capire il proprio ambiente, mettersi in relazione con quello che percepisce e risolvere problemi, e agire verso un obiettivo specifico. Il computer riceve i dati (già preparati o raccolti tramite sensori, come una videocamera), li processa e risponde. Quindi si tratta di sistemi hardware e software dotati di capacità caratteristiche dell’uomo quali ragionamento, apprendimento, pianificazione, adattamento…

La robotica sociale e l’intelligenza artificiale, dunque, come strumenti a disposizione del Terzo settore per migliorare la qualità degli interventi di assistenza socio-sanitaria nei confronti delle persone più anziane e più fragili Esistono già sul mercato dei robot che sono stati progettati per allenare le capacità verbali per insegnare la lingua inglese.   Per favorire esercizi di manualità. Ultimamente è stato progettato un robot che è in grado di stimolare, in una relazione tra due persone, le emozioni   per favorire l’incontro con gli altri, ricordando alle persone che sono state prese in carico alcuni gesti come l’abbraccio o il saluto. Altri offrono un sostegno nello svolgimento delle azioni quotidiane, comprese le prescrizioni di una dieta alimentare personalizzata. Già in alcune città italiane sono attivi i robot che scendono in strada   per aiutare bambini ed anziani ad attraversare le strisce pedonali (progetto avviato a Modena) ma anche robot che fungono da insegnanti di sostegno per i bambini portatori di disabilità mentali e fisiche.

Intanto una   possibile via per evitare di raggiungere questo traguardo poco rassicurante sarebbe rivedere il concetto di ‘vecchiaia’. Ovvero ridefinire chi è ‘anziano’ e chi non lo è. In Finlandia, probabilmente un    paese più evoluto dal punto di vista etico e morale del nostro e  che convive con preoccupazioni simili a quelle dell’Italia in fatto di invecchiamento della popolazione, è in corso un dibattito : 65 anni è da considerare un’età molto avanzata? Alcuni esperti sostengono che al giorno d’oggi la vecchiaia dovrebbe iniziare una volta varcata la soglia degli 80 anni. In questo modo gli under 80 sarebbero ancora in grado di essere parte integrante del mondo del lavoro. E, da lavorativi attivi, lascerebbero all’Italia la possibilità di guardare al futuro con speranza. Quindi boomers e generazione X non ci demoralizziamo. Per noi è pronta una nuova giovinezza lavorativa e produttiva

 

 

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