SE SON ROSE, regia di Leonardo Pieraccioni, Italia, 2018

di Francesco Monteleone

La cosa peggiore che ti può capitare è sentire un uomo che si vanta delle proprie conquiste sentimentali o sessuali. Se poi questa iattura accade in un cinema, la giornata è da cancellare sul calendario e nel proprio diario.

Pieraccioni vestendo i panni di un giornalista ‘originale’ che avendo avuto un passato di latin lover è diventato incapace di essere fedele o di crearsi una famiglia, non poteva scegliere un modo peggiore per presentarsi nella sale, pochi giorni prima del Natale, sperando inutilmente di far soldi.

Un film pieno di falsità e luoghi comuni, per niente divertente e con un finale tanto prevedibile che lo si dimentica 10 minuti dopo essere scappati dalla sala.

Il protagonista è presentato come un tipo interessante perché: 1) mangia involtini ‘Primavera’ nella regione del centro-Italia dove invece si mangia da Dio. 2) Perché gira con una 850 FIAT di un colore repellente, che potrebbe essere l’ultimo esemplare in circolazione attiva. 3) Perché fa inchieste da 4 soldi, ma in compenso è noioso, scontroso e parla sempre con un manierato accento toscano; ciò nonostante seduce una strafiga giovanissima miliardaria, proprietaria di un castello pieno di servitù e mobili costosissimi, che pende dalle sue labbra. Non basta. C’è una figlia teen rigorosamente spiritosa, la ex moglie comprensiva, le ex fidanzate rovinate dal suo abbandono e una vicina di casa napoletana che non si capisce perché non è più tornata, dopo essere diventata vedova, nella sua città che è la più bella del mondo.

Pieraccioni farebbe bene a trovarsi un creativo che gli scriva soggetti nuovi e adatti alla sua nuova personalità artistica (se gli è rimasto ancora qualcosa di creativo).

Questo film non produce nessun piacere, ma tanta, tanta noia.

(visto il 13 dicembre 2018)

 

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