di Giulio Loiacono
In tempi che suggeriscono tutt’altro, dedicarsi un po’ alla visione di quello che c’è nel mondo e di quello che il mondo può suggerirci è sempre cosa buona e giusta e come tale “nostro dovere e fonte di salvezza”.
Perché stralciare una parte del messale per così terreni e ignobili scopi?
Innanzitutto perché questi scopi sono certamente terreni ma nient’affatto ignobili. Perché occuparci delle nevrosi di una ragazzina asiatico-canadese, degli isterismi e della straordinaria pressione che su questi poveri ragazzi, già sospesi tra una essenza asiatica e una realtà da mezzo e mezzo in Occidente, con le sue leggi, con il suo competitivismo pieno di sensi di colpa ipocriti più che al punto giusto ed abbondante politically correct, calato a manciate come se fosse parmigiano, insapidiscono una realtà di noodles alla cinese densa di volontà di primeggiare ad ogni costo e,perché no, di intolleranza alla rovescia.
Tutto questo enorme fardello di difficoltà schiaccia la povera ragazzina cinese di Toronto, orgogliosa figlia di una coppia che gestisce il locale tempio buddista.
La mamma, che emargina in un perenne matriarcato un marito che, in realtà, coltiva repressi sogni di indipendenza, sogna per la sua “stella” un futuro da salvatrice del mondo o quantomeno, se questa figura avesse, di questi tempi, una sola possibilità di farsi notare, un avvenire da Segretario Generale delle Nazioni Unite.
Ma, come in una versione asian delle Meramorfosi di Kafka, il mostro compare nella vita della paffuta preadolescente.
Ad un certo punto, se vive emozioni, passioni e rabbie inestinguibili, la ragazza si tramuta in un enorme panda rosso, inguardabile ed insostenibile per una creatura alle prese già con i disagi e gli imbarazzi comuni di ogni mutazione dell’età della pubertà.
Ed allora la lotta, che si dipana per tutta la pellicola, tra la bimba ed il mostro, si concluderà con una felice condivisione delle due metà, messaggio scontato di chi deve venire a patti con la realtà della vita che ti fa cambiare.
Ma al di là di ciò, con il consiglio di vedere questa realizzazione Pixar/Disney, la cosa da dire è che c’è da cominciare a pensare di occuparci degli altri per conoscerli di più e meglio, di cominciare a vedere i popoli delle Estremo Oriente come qualcosa da accettare e non rifiutare necessariamente ed a considerarli come esseri fragili, come noi, che vivono male questa competizione da homo homini lupus, proprio come noi e non quei predatori di noi stessi e del nostro mondo. Quello è il loro panda rosso. E quello lo abbiamo anche noi.
Red. A lesson to be learned.
In times that suggest something else, devoting oneself a little to the vision of what is in the world and what the world can suggest to us is always good and right and as such “our duty and source of salvation”.
Why take away a part of the missal for such earthly and ignoble purposes?
First of all because these purposes are certainly earthly but not at all ignoble. Why deal with the neurosis of an Asian-Canadian girl, with the hysteria and extraordinary pressure that these poor teenagers, already suspended between an Asian essence and a half-and-a-half reality in the West, with its laws, with its competitiveness full of hypocritical feelings of guilt more than at the right point and abundant politically correct, dropped by handfuls as if it was Parmesan Cheese, make a reality of Chinese noodles full of will to excel at all costs and, why not, of intolerance to the inside out.
All this huge burden of hardship crushes the poor Chinese girl, very proud in managing, with her family, the local buddhist temple.
The mother, who marginalizes in a perennial matriarchy a husband who, in reality, cultivates repressed dreams of independence, dreams for her “star” a future as a savior of the world or at least, if this figure had, in these times, only one chance to get noticed, a future as Secretary General of the United Nations. But, as in an Asian version of Kafka’s Meramorphoses, the monster appears in the life of the chubby preteen.
At a certain point, if she experiences inextinguishable emotions, passions and anger, the girl turns into a huge red panda, unwatchable and unsustainable for a creature already struggling with the common discomforts and embarrassments of every change in the age of puberty.
And then the fight, which unfolds throughout the film, between the girl and the monster, will end with a happy sharing of the two halves, a foregone message of those who have to come to terms with the reality of life that makes you change.
But beyond that, with the advice to see this Pixar / Disney creation, the thing to say is that we need to start thinking about taking care of others to get to know them more and better, to begin to see the peoples of the Far East like something not necessarily to refuse or reject but just something to accept and understand because they are fragile human beings like us that hate this kind of competition lead in an extreme way and they are not those predators of our world or our richnesses.
That’s their red panda and we have ours too.