Nikko. La città del sole, secondo l’etimologia. Situata a nord, a circa 140 km da Tokyo, più all’interno, tra le montagne, merita una visita già per lo splendido paesaggio naturale che la circonda, tra le montagne innevate, i fiumi, le cascate, le sorgenti termali, la fitta vegetazione e gli alberi di ciliegio che, fiorendo un po’ più tardi a causa della maggiore altitudine, consentono anche verso fine aprile e inizio maggio di ammirare il variopinto spettacolo tipico della primavera giapponese.
Tra la città e i boschi circostanti, inoltre, numerosi templi e santuari testimoniano l’importanza storica del paese.
Il più importante è il Nikko Tosho-gu, santuario shintoista eretto come mausoleo di Tokugawa Ieyasu, di cui sono conservati i resti. Fondatore dello shogunato Tokugawa, l’ultimo shogunato a governare il Giappone Feudale, fino alla guerra Boshin, conflitto civile che, nel 1868, restituì il potere all’imperatore.
Nikko è patrimonio Unesco, meta di pellegrinaggi e luogo di importanti eventi tradizionali.
Incise nella cornice in legno di uno degli edifici del complesso, la scuderia dei cavalli sacri, sono famose le raffigurazioni delle tre scimmie sagge, che, con le mani, coprono rispettivamente le orecchie, la bocca e gli occhi.
Un’iconografia nota in tutto il mondo, anche se con un’accezione completamente diversa, spesso travisata in Occidente. Solitamente la associamo alla pavidità, al non voler denunciare qualcosa di negativo che accade intorno a noi, per paura, per disinteresse. Spesso la si associa all’omertà mafiosa o, più in generale, all’indifferenza verso il male.
Quella simbologia, invece, nella cultura nipponica, è un invito a concentrarsi maggiormente sul bene, affinché azioni, pensieri e parole siano improntati ad esso. Senza vedere il male. Senza sentire il male. E, soprattutto, senza parlare del male.