MARX PUÒ ASPETTARE, regia di Marco Bellocchio, Italia, 2021

di Francesco Monteleone

Il fratello gemello di Marco Bellocchio era bello come un angelo, si chiamava Camillo e il 27 dicembre 1968 si tolse la vita, a 29 anni.
Perché? Sua madre implorò il Signore, ma non ebbe risposta. Forse le concause furono la difficoltà di comunicazione, gli interessi lavorativi ristretti e insoddisfacenti, la fissazione di essere un fallito, soprattutto una sofferenza identitaria non compresa da nessuno dei suoi familiari.

I fratelli superstiti di Camillo Bellocchio, 50 anni dopo, provano a comporre il resoconto psichico – biografico del giovane suicida, confrontando la memoria di un passato che non si è mai estinto; il risultato è questo capolavoro che scuote e commuove chiunque lo veda.
Il regista Marco Bellocchio ha composto un’opera visiva che non è un film, né un documentario, ma qualcosa di unico nella storia del cinema.
“Marx può aspettare” è un modello di confessione religiosa per voce e per immagini, fatta non segretamente a un prete, ma pubblicamente all’intero mondo del cinema.

Gli spettatori tutti, contemplando questa aspro-dolce opera unica, riescono a recuperare l’intensità e la persistenza della morte, che in questi tempi è miseramente seppellita nella cronaca giornalistica, senza che abbia la fitta e necessaria riflessione.
I fratelli superstiti Piergiorgio, Letizia, Marco, Alberto, Maria Luisa, svelando le colpevoli compromissioni personali, divorando un’immaginaria resurrezione, sembra che vogliano preservare la verità di una scelta terribile, pessimistica e autolesionistica, in realtà danno un significato profetico al loro eterno spavento.

Difficile elencare tutti i valori etici ed estetici espressi, lo ripetiamo, in questo capolavoro: i sopravvissuti si incrociano con la loro varietà di cervelli fervidi, di personalità più o meno rilevanti socialmente, di capacità recitativa sprizzante e spesso folgorante.
Bellocchio ci ha coinvolti in una tragedia familiare che solamente il tempo ha svaporato, sia per liberarsi dal suo peccato, sia per indicarci l’innaturale densità dello spazio che divide l’apparire dall’essere.
Questo capolavoro è un impasto mirabile di storia d’Italia, di letteratura, di arte, di fede, di fermenti sociali, d’amore; è anche un potente talismano contro i sacrifici espiatori, contro i dubbi teologici, contro i pesanti pesi del cuore, contro questo mondo che si fa frivolo.

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