L’EPOCA D’ORO DEI MANIFESTI CINEMATOGRAFICI, VERE OPERE D’ARTE. IN MOSTRA IL GENIO DI RENATO CASARO

di Carmela Moretti

L’aspetto che rende straordinario il mondo del cinema è che tutto ciò che ruota attorno al film è arte allo stato puro. Ciò vale anche per la cartellonistica, che nell’epoca d’oro della settima arte aveva sì la stessa funzione pubblicitaria che oggi è affidata ai trailer, ma produceva opere dotate di una propria autonomia artistica. Così, proprio come accade con le colonne sonore, la storia del cinema mondiale è costellata di manifesti che sono ormai indiscutibilmente considerati capolavori senza tempo e a cui la nostra mente ritorna di frequente per la loro oggettiva bellezza.

A tal proposito, la città di Lugo, in provincia di Ravenna, ha avuto l’enorme fortuna di ospitare le opere dell’ultimo grande cartellonista vivente del cinema italiano e internazionale.

Matteo Penazzi, Giovanni Sali, presidente del Cineclub Italo Zingarelli e Renato Casaro. Immagine tratta da www.ilnuovodiario.com

Stiamo parlando di Renato Casaro, trevisano, classe 1935, che da giovanissimo pensò bene di mettere il suo vivace talento per la pittura al servizio di una sua embrionale passione per il cinema. Quest’ultimo, nel frattempo, era già diventato un’industria prolifica, capace di conquistare le masse e di determinare successi e guadagni importanti.

Casaro si affermò a Cinecittà e poi a Hollywood per la particolarità della sua tecnica. Ebbe la brillante idea, a partire dal 1975, di mettere un vecchio strumento per la prima volta al servizio del cinema: l’aerografo. Così, se la tecnica precedente utilizzava pennello e tempera su cartone, con l’aerografo l’artista trevisano stravolse il genere impressionista e rese l’immagine iper-realista. Dunque, si presentava più affine alla fotografia e alla cinematografia.

A legare Casaro alla città di Lugo, come fosse un filo conduttore, è “Lo chiamavano Trinità”, film cult che rientra nell’amatissimo genere spaghetti-western. Pochi sanno che fu prodotto nel 1970 dal lughese Italo Zingarelli, il quale per sponsorizzare la nuova coppia Bud Spencer – Terence Hill volle proprio Casaro.  Per l’occasione, l’artista  – che già aveva stretto un sodalizio professionale con Sergio Leone – realizzò locandine e manifesti che sintetizzano perfettamente realismo e capacità evocativa.

Così, entrando nelle Pescherie della Rocca, dove la mostra è stata ospitata, si viene dapprima accolti dal un modello di Dune Buggy dalla Puma. È la celebre automobile, che nel film “Altrimenti ci arrabbiamo” diventa “pomo della discordia”, perché contesa dai due protagonisti.

Tutt’intorno, a tappezzare le pareti del contenitore culturale, 40 opere di Casaro, provenienti dal suo archivio personale che ne conta circa 1500. Tra questi, i manifesti realizzati per Sergio Leone e Zingarelli, ma anche per Dario Argento, Carlo Verdone, Carlo Vanzina, fino al genio hollywoodiano di Quentin Tarantino.

Difficile dire, tra quelle esposte, quale sia l’opera più affascinante. Raccontano tutte un pezzo della storia del cinema mondiale che mai dimenticheremo. Forse, per gusto personale, su tutti spicca il manifesto di “Cronaca di una morte annunciata”. Con i suoi colori, ci porta dritto nelle atmosfere poetiche e melodrammatiche del romanzo di Gabriel Garcia Marquez e, col pensiero, a quel grande e indimenticabile attore che è stato Gian Maria Volonté.

La mostra è stata promossa e curata da cineclub Italo Zingarelli, in collaborazione con il Lugo Vintage Festival, con il patrocinio e il contributo di Regione Emilia Romagna e Comune di Lugo. È stata allestita dall’11 al 20 ottobre.

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