LE VELE SCARLATTE, regia di Pietro Marcello, Francia, Italia, 2022

di Francesco Monteleone

Chi conosce Pietro Marcello? Pochi e il sottoscritto era tra quelli. Ebbene, uscendo dal cinema Splendor di Bari, oggi possiamo permetterci un lieve eccesso di adulazione: Pietro Marcello è regista sensibilissimo, un artista a impatto reale, che ha nella mente una missione di bellezza per i giovani (ma anche per i meno giovani) composta da invenzione, immaginazione, innovazione.  Il casertano Marcello è un maestro di visioni a colori che per la seconda volta, dopo ‘Martin Eden’, ha saputo mettere in contatto letteratura e cinema, creando quello sguardo che perfora la realtà e stringe e punge il cuore.

Il film che ha come titolo originale “L’Envol” è lo spennellamento del romanzo “Vele scarlatte”, scritto nel 1923 dal toccante Aleksandr Grin, oggi sepolto con le sue creature mitiche in un cimitero della Crimea, dal quale si vede il mare. Il diario di vita di Juliette (Juliette Jouan) dalla nascita al fiabesco “fuori casa” con Jean (Louis Garrel) scatena tutte le forze spirituali che ci portiamo dentro. L’orrore per lo stupro sessuale, la contemplazione dei paradisi infantili, il rifiuto dell’odio contro odio, la responsabilità di chi non fugge per mettersi in salvo, l’inconsapevole amore che all’improvviso ci dà la rotta nelle tempeste della vita. L’opera poetica di Pietro Marcello disarticola l’ignoranza umana, soprattutto maschile, e commuove. Che bella sensazione! A cinema dovremmo poter piangere senza vergognarci, come atto puro e tranquillo di un risarcimento che ci spetta di diritto, quando ci immedesimiamo in personaggi e storie che attenuano o fanno scomparire il peggiore flagello dell’umanità, cioè l’egoismo.

Tre sono i protagonisti:

Juliette, un modello di libertà femminile che vorremmo incontrare e proteggere nella nostra stessa esistenza.

Raphaël (Raphaël Thierry) il padre putativo (che nel romanzo originale è un marinaio) in questo film si presenta come un falegname brutto, vecchio e santo proprio come san Giuseppe (forse non a caso); d’altronde l’amore intenso e inflessibile che una figlia sente fino alla morte verso il padre buono, comprensivo e protettivo nessun marito potrà mai comprendere o sostituire.

Infine una menzione morale anche per Adeline (Noémie Lvovsky) che salva e custodisce l’innocente corpo di Juliette, dando per tutto il tempo della proiezione un esemplare educazione di fraternità.

Insomma, contro tutti i pregiudizi sprezzanti, falsi e fuorvianti, la famiglia delle ‘Vele scarlatte’ è la più sacra delle famiglie senza che la mamma sia mamma, senza che il padre sia padre, senza che la figlia sia chiamata figlia. La morale? Non bisogna appartenere a qualcuno per avere celestiali genitori.

E voi, gentili lettori, non perdetevi questo film, ovunque lo proiettino e a qualsiasi ora.

 

 

 

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