L’adolescenza anni ’90 cantata da Max Pezzali in 30 anni di carriera

Max Pezzali
Un momento del concerto di Bari (9 maggio 2023)

I momenti spensierati tra gli amici, le “cazzate”, le pulsioni giovanili, i litigi adolescenziali con i genitori, l’annoiarsi in piccoli paesi “due discoteche, centosei farmacie”. E, ancora, le delusioni per amori finiti, la cotta per la ragazza “più bella ma impossibile”, l’amicizia e le strade diverse che separano con il tempo gli amici. Se si dovesse chiedere a chi è nato tra gli anni ’80 e i ’90 quali canzoni assocerebbe a tutto ciò, molto probabilmente, da parte di molti, la risposta sarebbe: “Le canzoni degli 883 e di Max Pezzali”.

Il cantante di Pavia è attualmente impegnato nel suo tour “Max30” per cantare l’adolescenza anni ’90 e ripercorrere la sua trentennale carriera. Per rimettere indietro le lancette del tempo e riportare i fan a quando internet non aveva ancora enorme diffusione, quando non c’era Google Maps e per raggiungere una lontana festa con tipe in “tacco alto e gonna corta” da far ballare per tutta la notte, era necessario consultare una mappa cartacea. E bastava un piccolo errore di lettura per perdere la “rotta per casa di Dio” e per “andare a fanculo”.

Certo, non è l’unico ad aver cantato l’adolescenza. Ma uno dei più rappresentativi di un’era ben circoscritta.

Nelle sue canzoni Pezzali ha cantato tutti i tormenti che i nati a cavallo tra anni ’80 e ’90 hanno sperimentato quando erano “teenager“.

Ha cantato dei tempi in cui, prima dell’arrivo dell’euro, dovevamo accontentarci di un deca (termine che nel gergo giovanile dell’epoca indicava la banconota da 10mila lire) che “non ci basta neanche in pizzeria”. Ha raccontato l’amicizia e l’amore nelle sue diverse declinazioni. Quello tradito, quello deluso, quello inaspettato dopo tante avventure, quello impossibile o quello ostacolato  da una norma che “non sbaglia mai”: la “regola dell’amico”, espressione ormai diventata di uso comune, che ha anticipato la più moderna e anglosassone “friendzone” e che testimonia quanto la musica di Pezzali abbia influenzato la cultura popolare. Quella cultura i cui riferimenti abbondano nei testi dell’ex 883. Basti pensare a quell’Uomo Ragno che, nella sua canzone più celebre, è stato ucciso misteriosamente. O ai mostri del “grande incubo”, omaggio alla cinematografia dell’orrore e al fumetto horror per eccellenza: Dylan Dog.

Pezzali ha tradotto in musica le delusioni della vita, i tradimenti del tempo che va, la nostalgia per i momenti passati con gli amici negli anni di “che belli erano i film”, negli anni d’oro del grande Real, “di Happy days e di Ralph Malph”, delle immense compagnie, dei Roy Rogers come jeans. Gli anni di “qualsiasi cosa fai, tranquillo siam qui noi”.

Ha cantato, infine, quel demone chiamato droga, che tante anime stava rubando in quegli anni e che tante anime continua a rubare tutt’oggi.

Una cavalcata di trenta anni, dunque, in un grande, collettivo e commovente karaoke, insieme ai suoi compagni di palco: Davide Ferrario alla chitarra e alle tastiere, Giordano Colombo alla batteria, Giorgio Mastrocola alle chitarre, Lorenzo Polli al basso ed Ernesto Ghezzi alle tastiere.

 

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