di Giulio Loiacono
Hai voglia a dire, caro Boss/Direttore, scrivi qualcosa dell’America, quando puoi. L’America è una miniera, una marea montante di storie. Sembra quasi che il buon Dio l’abbia creata apposta per farci delle storie sopra.
Beh, tante ne ne vengono in testa ma vorrei citarne una che appare tanto sconvolgente quanto americana. E, a fine pezzullo, penso converrete con me.
Siamo nella ridente cornice oceanica del South Carolina. Ci sono tre donne. Tre politiche tranquille e dall’aria innocua. Tre corpulente donne dalla mezza età andante, tutte rigorosamente tonde, rubizze ed occhialute come delle sane mamme/nonne conservatrici sanno essere. Ovviamente, le tre non potevano che finire per essere elette, al parlamento statale, come senatrici tra le fila del Partito Repubblicano. In questo stato del Sud, noto per la sua pianta di Palmetto e per la mezza luna bianca che si staglia in campo blu del vessillo, pianta di palmetto i cui semi liofilizzati e incapsulati in pillole vengono qua venduti come mano santa contro i problemi di prostata, ebbene in questo ameno stato, ad un certo punto, per volontà elettorale del tutto misteriosa, si apre la lotta “to overturn the Roe vs. Wade”, cioè rovesciare la Roe vs. Wade, la famosa sentenza della Corte Suprema federale che autorizzò l’aborto. Come se ce ne fosse stato mai bisogno – e non ce ne era proprio bisogno alcuno – qui, come nationwide, si è scatenata una lotta senza quartiere tra gli ultrà anti abortisti e gli altri, tra cui queste tre signorotte che, mai, avrebbero potuto immaginare che il diritto all’aborto sarebbe stato posto in discussione.
A questo punto, cosa hanno fatto le tre senatrici rep? Beh, sono andate dritto contro il loro partito e hanno chiesto aiuto alle altre due sole senatrici del parlamentino statale, due nere, una democratica e l’altra indipendente, ma liberal per convinzione. Hanno cercato di costituire una lega per lottare tutte e cinque assieme, le Sisters Senators.
Vi anticipo la fine. Le tre hanno perso le primarie per la rielezione, segate dal loro stesso partito. Come era ovvio quanto naturale che fosse. Non prima però di prendersi una marea di insulti dai loro ex colleghi in aula, aver cercato di fare filibustering infruttuoso nelle istituzioni, fin quando hanno potuto. La battaglia è andata persa. Loro non si arrenderanno. Fin qui una tragica normalità di questi tempi folli. Ma la cosa strana che farebbe rizzare gli orecchi attenti del direttorissimo boss e non solo sta per arrivare: le tre signore, sconvolte e provate dalle lunghe contese, si sono viste fermate da un uomo, fan di uno dei due prossimi contendenti alla Casa Bianca, che, con cipiglio cagnesco, ha mostrato loro una foto di una donna con una didascalia che diceva: “sono una donna stuprata e ringrazio Dio di esserlo stata perché è l’unica possibilità di poter generare”.
Ora, senza potermi mettere nei panni di una donna stuprata, non mi pare, a lume di naso, che una donna abusata abbia mai potuto pensare una cosa del genere. Almeno come primo pensiero…
Beh, direttore, se non è una storia americana questa!