Il lunedì con la medicina. MORIRE DI SOLITUDINE

di Giacomo Losavio, neurologo e neurofisiologo clinico

Il recente caso di cronaca della signora di Como di 84 anni deceduta in casa, il cui cadavere è stato scoperto casualmente dopo due anni in avanzato stato di decomposizione, (a questo punto direi mummificazione, visto che i tessuti dopo tutto quel tempo sono completamente disidratati ), mi ha fatto riflettere su un tema abbastanza frequente nei nostri tempi : la solitudine. Quando si parla di persone che muoiono in solitudine sovente viene in mente spontaneamente la figura dell’anziano che vive da solo in una casa isolata in campagna, che ha perso la moglie o che non ha figli che lo possono accudire, magari senza neanche una famiglia di riferimento. Nulla di tutto questo. Non si tratta semplicemente di persone sole, ma di persone abbandonate prima dai parenti e poi dalla società e dai servizi sociali. Si tratta praticamente di indifferenza o di cattiva organizzazione del Welfare. Spiegatemi: come può il cadavere di una persona che vive da sola in un condominio affollato o in una casa popolare a rimanere per tanto tempo inerme su una sedia o sul pavimento fino ad una decomposizione avanzatissima senza che nessuno se ne accorga in tempo? Possibile che nessuno si accorge che un condomino, anziano o giovane che sia, non esca più di casa per fare la spesa o per provvedere ai suoi bisogni più stretti o nessuno si accorge che la posta si è accumulata dopo mesi nella cassetta postale? Nessuno si interroga perché quel soggetto non provvede al pagamento delle utenze? È l’indifferenza ormai il sentimento predominante che vige in questa società di individui sempre meno interagenti dal punto di vista emotivo ed affettivo, esclusivamente proiettati a soddisfare il proprio ego in maniera estrema e trasgressiva. Pensando che queste situazioni fossero sporadiche, dettate da una serie di circostanze estreme o da situazioni occasionali, ho condotto una breve ricerca cercando episodi simili. Ho scoperto che, facendo una ricerca tra gli episodi di cronaca, ogni anno si contano molti casi di persone sole che muoiono nelle proprie case e che rimangono senza vita riversi sul pavimento o abbandonati su una poltrona per mesi o addirittura per anni. Purtroppo non sempre si tratta di anziani, ma anche di giovani emarginati, extracomunitari o persone dedite all’alcolismo o alle droghe; molti di questi soggetti hanno da poco superato i 50 anni. Solo nell’ultimo anno ci sono stati 80 casi, i più eclatanti tra Veneto, Friuli, Piemonte ma anche in Puglia, dove ci vantiamo di essere più solidali e pronti a soccorrere chi è in difficoltà. Addirittura in un caso, mi sembra in Veneto, i vicini una volta percepito l’olezzo nauseabondo tipico del cadavere in decomposizione, invece di chiamare le forze dell’ordine, hanno pensato bene di sigillare e isolare l’abitazione con del nastro adesivo. Incredibile ma vero! Pensate a quale livello di angoscia una persona sola può giungere al punto di lasciarsi morire senza chiedere alcun intervento in caso di iniziale malessere o magari non avere la forza di farlo. Circa tre anni fa una persona che ho frequentato assiduamente nell’epoca giovanile e che successivamente ho incontrato sporadicamente, per vicende familiari, personali e lavorative, ma anche legate al suo stile di vita, si è lasciato andare fino a morire in un tugurio, che qualcuno chiamava abitazione, nel cuore della città vecchia di un paese limitrofo a Bari. E, pur avendo una ex moglie, un figlio e una sorella, che probabilmente erano poco interessati a lui, è morto da solo ed è rimasto in casa molti giorni prima che qualcuno si accorgesse tempestivamente della sua assenza. Nessuno lo ha chiamato al telefono e forse chi lo ha fatto non ha dato peso alla sua mancata risposta. Una mattina è stato rinvenuto in quella casa dove abitava riverso sul tavolo in avanzato stato di decomposizione, circondato dal fetore nauseabondo ed acre che ormai si era diffuso per tutta la piccola casa fino a comparire nel pianerottolo antistante.

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