Il lunedì con la medicina. CI FACCIAMO UNA “CANNA”?

di Giacomo Losavio, neurologo e neurofisiologo clinico

Ormai la frase: “Mi faccio o facciamoci una canna” è entrata nel lessico comune e per tale motivo è considerata un fenomeno di costume, ma spesso che la pronuncia o la mette in pratica si preoccupa poco o niente di quelle che sono le conseguenze sulla salute. Ma cosa si aspira quando si fuma una “canna”?

La Cannabis è una sostanza chimica farmacologicamente attiva, dotata di azione psicotropa, ovvero capace di modificare lo stato psico-fisico di una persona (percezione, umore, coscienza, comportamento ecc.) ed è arrivata ad essere la sostanza stupefacente più consumata in Europa e nel mondo

Chi fuma cannabis introduce nel proprio organismo una serie di principi attivi, di cui il più importante è quello conosciuto come THC (delta-9-tetraidrocannabinolo), una sostanza psicotropa con diverse proprietà euforizzanti e antidolorifiche.

Il THC agisce sul cervello, influenzando l’attività delle cellule cerebrali con azione inibitoria (vedi puntata di Scienzosofia sul Dolore). La sostanza viene rapidamente trasferita nel sangue e messa in circolo nell’organismo con effetti diversi, la cui durata dipende da svariati fattori che differiscono da individuo a individuo.

I dati rivelano attualmente che il 33,6% degli studenti italiani (circa 870.000) ha utilizzato cannabis almeno una volta nella vita, il 25,8% (circa 670.000) ne ha fatto uso nel corso del 2017, il 16,4%, (circa 420.000) ha riferito di averla consumata nel corso del mese di svolgimento dello studio e il 3,4% ha dichiarato di averla consumata.

In linea di massima, gli effetti della marijuana iniziano appena il THC raggiunge il cervello e durano da una a tre ore circa.

Da qualche anno esiste in commercio l’uso di cannabis terapeutica utilizzata in medicina   per contrastare il dolore cronico nelle  patologie non rispondenti alla comune terapia analgesica. Prevalentemente sono patologie che implicano spasticità associata a dolore (sclerosi multipla, mielopatie), malattie con  dolore cronico, in particolare di tipo neurogeno o  viene anche prescritta   per ridurre l’effetto anticinetosico ed antiemetico (nausea  e vomito)  in soggetti sottoposti a chemioterapia, radioterapia, o a terapie farmacologiche contro HIV

Inoltre viene utilizzata anche  per  limitare  i movimenti involontari  nei pazienti affetti da sindrome di Tourette

Ma un recente studio su un ampio campione di soggetti che la assumono cronicamente sia a scopo terapeutico che per uso personale o psicotropo, ha messo in evidenza che la cannabis a lungo termine determina seri problemi cardiaci  e pur essendo classificata come droga ‘leggera’ ha in realtà un effetto pesante su questo organo: un suo uso quotidiano, non per motivi medici, aumenta infatti del 34% il rischio di malattie alle coronarie negli anni successivi. Tutto ciò è dimostrato in uno studio, condotto su 175mila persone in Usa, che è stato presentato al congresso annuale dell’American College of Cardiology.

Lo stesso studio inoltre rivela che l’impiego invece più sporadico di cannabis, mensile o settimanale, accresce invece il rischio in maniera non significativa. Questa indagine è l’ennesima a mettere in guardia la popolazione ma soprattutto gli adolescenti contro i pericoli cardiovascolari delle sostanze d’abuso perché, le droghe, di qualsiasi natura, sono state più volte associate a conseguenze cardiovascolari serie: questi dati mostrano che anche una sostanza ritenuta a torto leggera può comportare un maggior rischio di coronaropatie e, nel tempo, contribuire alla comparsa di eventi come infarto o ictus. È dunque importante scoraggiarne l’impiego fin da giovanissimi”.

Lo studio, coordinato dall’Università di Stanford in California, ha analizzato i dati di 175.000 persone in 340 centri statunitensi. I ricercatori hanno valutato la correlazione fra l’utilizzo di prodotti derivati dalla cannabis dichiarato al momento dell’ingresso dello studio e la frequenza di comparsa di coronaropatie negli anni successivi, verificando che esiste un effetto dose-risposta per cui all’aumentare dell’impiego di marijuana sale la probabilità di problemi cardiovascolari. I risultati, dimostrano che esistono danni correlati all’impiego di questa sostanza non ancora sufficientemente approfonditi, che invece è opportuno conoscere. Sappiamo che con altre droghe, per esempio la cocaina, i danni cardiovascolari sono frequenti e gravi, tanto da aver comportato un incremento significativo nel numero di infarti in persone molto giovani; queste nuove evidenze preoccupano, perché indicano che qualcosa di analogo potrebbe avvenire con l’uso di droghe ancora più diffuse come la marijuana o l’hashish derivati dalla cannabis.

Quindi, cari giovani e meno giovani, prima di farvi una canna pensateci bene ….

 

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