di Trifone Gargano
Di sé stesso, Pier Paolo Pasolini disse di essere stato un’autentica eccezione, tra gli intellettuali italiani, in tema di rapporti stretti (e vissuti) tra sport e letteratura, dal momento che non solo aveva sempre scritto di sport (e, in modo particolare, di calcio), ma per averlo pure praticato attivamente, in tutte le stagioni della sua vita, dall’infanzia, vissuta a Casarsa, con le corse a perdifiato; fino alla piena maturità, al tempo delle partitelle sui campetti della periferia romana. Nella sua ultima intervista, concessa a Claudio Sabattini, per il Guerin Sportivo, e pubblicata postuma, il 5 novembre 1975, pochi giorni dopo la sua tragica fine (avvenuta il 2 novembre), Pasolini, lamentandosi che non lo invitassero mai per una conferenza sul calcio, aveva infatti chiarito che, generalmente, gli «sportivi sono poco colti e gli uomini colti sono poco sportivi. Ma io sono un’eccezione».
Il calcio, per Pasolini, scrittore e intellettuale corsaro, coscienza critica dell’Italia del secondo dopo-guerra e degli anni del boom economico, della nascita della scuola media unica, della diffusione di massa dei primi elettrodomestici e delle prime auto-vetture, gli anni della mutazione antropologica (con la morte della civiltà contadina e con la scomparsa delle lucciole), fino alla nascente contestazione giovanile; ebbene, il calcio, per Pasolini, fu sempre specchio della società, lente attraverso la quale osservare i cambiamenti.
Già in un racconto del 1963, intitolato Reportage sul Dio, apparso il 14 luglio sul Giorno, che, nel titolo, riecheggiava il romanzo di Giovanni Testori, Dio di Roserio, del 1954, dedicato a un campione del ciclismo dilettantistico, Pasolini si era diffuso in riflessioni sulle fragilità del boom italiano, analizzando quelle fragilità proprio attraverso le nascenti storture del calcio, già in quegli anni, che da passione autentica e sana, si avviava a diventare business stritolatutto:
Gli enormi incassi delle domeniche di passione da che mani sono ammucchiati? Io su questo, sono rimasto all’idealismo liceale, quando giocare a pallone era la cosa più bella del mondo.
In un lungo articolo del 1971, in forma di saggio, intitolato Il calcio è un linguaggio con i suoi poeti e i suoi prosatori, pubblicato il 3 gennaio sul Giorno, Pasolini proponeva una sua grammatica del calcio:
[…] Il football è un sistema di segni, cioè un linguaggio. Esso ha tutte le caratteristiche fondamentali del linguaggio per eccellenza, quello che noi ci poniamo subito come termine di confronto, ossia il linguaggio scritto-parlato.
Infatti le “parole” del linguaggio del calcio si formano esattamente come le parole del linguaggio scritto-parlato […].
I “fonemi” sono dunque le “unità minime” della lingua scritto-parlata. Vogliamo divertirci a definire l’unità minima della lingua del calcio? Ecco: “Un uomo che usa i piedi per calciare un pallone è tale unità minima: tale “podema” (se vogliamo continuare a divertirci). Le infinite possibilità di combinazione dei “podemi” formano le “parole calcistiche”: e l’insieme delle “parole calcistiche” forma un discorso, regolato da vere e proprie norme sintattiche.
I “podemi” sono ventidue (circa, dunque, come i fonemi): le “parole calcistiche” sono potenzialmente infinite, perché infinite sono le possibilità di combinazione dei “podemi” (ossia, in pratica, dei passaggi del pallone tra giocatore e giocatore); la sintassi si esprime nella “partita”, che è un vero e proprio discorso drammatico.
Subito dopo, distingueva tra prosa e poesia, cioè tra il calcio di tradizione europea, prosastico perché di gruppo; e il calcio sudamericano, brasiliano, fortemente poetico, perché individualista, e capace di funambolismi imprevedibili:
Ebbene, anche per la lingua del calcio si possono fare distinzioni del genere: anche il calcio possiede dei sottocodici, dal momento in cui, da puramente strumentale, diventa espressivo.
Ci può essere un calcio come linguaggio fondamentalmente prosastico e un calcio come linguaggio fondamentalmente poetico […]. Così, proprio per ragioni di cultura e di storia, il calcio di alcuni popoli è fondamentalmente in prosa: prosa realistica o prosa estetizzante (quest’ultimo è il caso dell’Italia): mentre il calcio di altri popoli è fondamentalmente in poesia.
Per giungere ad analizzare il momento (poetico) del goal, e asserire che il capocannoniere di un campionato è da considerare come il miglior poeta dell’anno, per quella nazione:
Ci sono nel calcio dei momenti che sono esclusivamente poetici: si tratta dei momenti del “goal”. Ogni goal è sempre un’invenzione, è sempre una sovversione del codice: ogni goal è ineluttabilità, folgorazione, stupore, irreversibilità. Proprio come la parola poetica. Il capocannoniere di un campionato è sempre il miglior poeta dell’anno […].
Anche il “dribbling” è di per sé poetico (anche se non “sempre” come l’azione del goal). Infatti il sogno di ogni giocatore (condiviso da ogni spettatore) è partire da metà campo, dribblare tutti e segnare. Se, entro i limiti consentiti, si può immaginare nel calcio una cosa sublime, è proprio questa.
Gli esempi che cita Pasolini, nel suo articolo-saggio, sono legati a nomi di calciatori di quegli anni: Rivera, Mazzola, Riva, e altri fuoriclasse. Qui, però, a me piace citare un calciatore (poeta) un po’ più vicino al presente di oggi (anche se si tratta di un fantasista, e lo scrivo nel senso proprio semiologico e pasoliniano del termine, che ha smesso da pochi anni di giocare): Antonio Cassano. La poesia goal che sto per analizzare è quella pubblicata, scrivo così per mantenere fede al gioco verbale pasoliniano, il 18 dicembre del 1999, nella partita Bari – Inter.
Il goal poesia che quel giorno il giovanissimo Antonio Cassano firmò, con la maglia della sua Bari, conteneva ben tre figure retoriche di movimento: l’enjambement, il climax, e il chiasmo. L’enjambement è un procedimento stilistico, che consiste nella rottura della coesione unitaria metrico-sintattica di un verso, il cui senso, anziché concludersi all’interno del singolo verso, si prolunga in quello successivo (oppure, nei versi successivi). Sostanzialmente, è un salto, da un punto ad un altro (del foglio, o del campo di calcio). Ecco un esempio, tratto dai versi iniziali della poesia Goal di Umberto Saba:
Il portiere caduto alla difesa
ultima vana, contro terra cela
la faccia, a non veder l’amara luce […]
Primo e secondo verso, infatti, sono in enjambement: misura metrica e contenuto, cioè, in essi, non coincidono; il lettore deve, necessariamente, correre con gli occhi (e con la voce) al verso successivo, per afferrarne per intero il significato. Deve seguire il salto, da un punto a un altro, del foglio (o del campo di gioco).
Il climax è una figura retorica, che consiste in un graduale passaggio (accelerato), da un concetto, a un altro, …via via in modo più intenso, grazie proprio all’utilizzo di alcuni espedienti grafico-sintattici (come le virgole, le congiunzioni, ecc.). Dunque, si tratta di una accelerazione bella e buona, che conferisce alla parola (alla palla, nel caso del campo di calcio) una velocità via via crescente, fino a raggiungere livelli inarrestabili. Ecco due esempi, tratti entrambi da Dante:
esta selva selvaggia e aspra e forte
…
Diverse lingue, orribili favelle,
parole di dolore, accenti d’ira,
voci alte e fioche, e suon di man con elle
Sia la congiunzione, che la punteggiatura, nei versi danteschi riportati, accelerano la lettura.
Il chiasmo è una figura retorica, che consiste nella reciproca inversione di un costrutto in due membri contigui, con uno schema, appunto incrociato, a X. Ecco un esempio, tratto da Leopardi:
odi greggi belar
X
muggire armenti
Si può facilmente osservare, nei due versi riportati, come la collocazione, rispettivamente, dei due vocaboli «greggi – armenti», e dei due verbi «belar – muggire», sia esattamente a incrocio, a X.
Chiariti, in breve, questi dettagli metrico-retorici della poesia tradizionale italiana, mi accingo, adesso, a mostrare la loro puntuale presenza all’interno del goal poesia di Antonio Cassano, siglato il 18 dicembre del 1999, nell’oramai memorabile (e celeberrima) partita Bari-Inter di quella stagione calcistica. Per citare ancora Pier Paolo Pasolini, in quel campionato, Antonio Cassano non fu certamente il capocannoniere, ma, fuor d’ogni dubbio, per quel goal segnato, fu il miglior poeta dell’anno.
La poesia di Cassano inizia con un rinvio lungo della palla, da parte di uno dei difensori del Bari, che impegnerà, come vedremo, ben tre versi di questa poesia, grazie ad un provvidenziale rimbalzo (che funge da secondo enjambement):
Avviato il salto di verso, la palla giunge, dopo un rimbalzo, che, come ho già scritto, funge da secondo enjambement, sul tacchetto del calciatore poeta Antonio Cassano:
dettaglio grafico-fotografico:
A questo punto, scatta la figura retorica del climax, con la crescente velocità conferita all’azione (al verso), da parte di Antonio Cassano, che ricorre agli espedienti retorici del tacco, del colpetto di testa e dell’allungamento con il piede (ginocchio):
dettaglio grafico-fotografico:
e:
Infine, il chiasmo, con la doppia finta, eseguita in gran velocità, fatta da Antonio Cassano, oramai lanciatissimo a fare goal, dapprima, nei confronti dei due impacciati (e oramai sfiancati) difensori dell’Inter, fingendo di andare a sinistra, ma portandosi a destra; quindi, nei confronti del portiere, tirando a sinistra, anziché a destra:
e:
dettaglio grafico-fotografico:
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Cassano poeta (del goal):
Per il romanzo di Giovanni Testori, Dio di Roserio, rinvio al mio precedente intervento: https://www.santippe.it/el-dante-dio-di-roserio-noterelle-di-sport-e-letteratura/
Per il goal di Cassano, segnalo, come utile lettura, il recentissimo racconto La sera che cambiò tutto, di Giuliano Foschini, in Domenico Castellaneta (a c. di), Il Bari delle meraviglie, la Repubblica (supplemento del 28.01.2021)
Ringrazio il giornalista Enzo Tamborra che, anni fa, mi fece omaggio del filmato del goal di Antonio Cassano, oggetto di questa mia analisi metrico-retorica
Il filmato di quel goal poesia, oggi, è disponibile su Youtube, per chi volesse rivederlo, guardandolo sotto questa mia prospettiva di lettura metrico-retorica:
il calcio come sviluppo della didattica calcistica non oppressiva ma espressiva
bravi
Sarebbe interessante promuovere questo tipo di aproccio nelle scuole come
formazione educativa per creare interesse interattivo e intereazionale tra clacio e altre discipline . Cosi si puo alimnetare l’istruzione e creare i presupposti per un
insegnamento pluralista e ricco di stimoli.
enzo soderini