“I MIGLIORI GIORNI”, regia di Massimiliano Bruno, Edoardo Leo, Italia, 2023

di Francesco Monteleone

Quando l’esaltante icona etero Valentina Lodovini (Sonia) ha confessato la sua passione lesbica a Greta Scarano (Daniela) abbiamo preso il volo verso l’uscita della sala; una recitazione tanto goffa e fumosa delle due attrici, determinata da un copione di sofisticata bruttezza, si stava esaurendo in dialoghi così banali che era meglio tapparsi le orecchie o fuggire. Ciò accadeva alla metà del terzo episodio di uno sgangherato film nel quale si rimane colpiti alla testa da tante schioppettate di stupidità, e resistere fino alla fine significa pagare un tributo troppo alto alla pazienza e alla morale.

Nel primo dei 4 episodi annunciati e scemeggiati si narra di una cena fatta alla vigilia di Natale, durante la quale due fratelli si combattono a più riprese sull’esistenza e sulla consistenza presunta o reale del COVID. I due attori (e purtroppo autori) Edoardo Leo e Massimiliano Bruno sventrano la pancia liquida degli italiani, rimettendo in scena la multiforme eredità di idiozie prodotte negli ultimi anni da chi svaporava teorie scientifiche, senza aver mai fatto un esame all’università. Il risultato finale da spettatore? hai pagato il biglietto senza detrazioni, non ti diverti e ti penti di aver invitato l’ospite accanto a te, che senti inerte e moralmente estraneo.

Nel secondo episodio il protagonista Bruno Armenta (Max Tortora) è un onorevole che l’ultimo giorno dell’anno va a servire in una mensa popolare, per farsi una campagna pubblicitaria purificatrice; è accompagnato da moglie e figlia, le quali vivono nell’ecosistema del lusso e visibilmente sono ostili ai morti di fame. A danneggiare il sistema immunitario di questa famiglia felix si presenta Alberto (Paolo Calabresi) un ex autista colpito da labilità fisica e psichica il quale, evocando un altruismo suicida, si presenta da kamikaze con una bomba a mano; il suo compito finale non è vendicarsi per l’immeritato licenziamento, ma svelare le dure verità su chi è ricco. Anche qui non c’è riparo a tante incongruenze sociofobiche: il negro rissoso, la figlia viziata e cocainomane, lo spudorato sessismo verso una mamma che da giovane faceva la escort, i poveri che hanno la stessa importanza degli insetti…

Dobbiamo fermarci qui perché il film non lo abbiamo visto per intero: I due autori, che in passato hanno fatto cose sopportabili, questa volta ci sono apparsi incapaci di profondità e di limature stilistiche; nel periodo natalizio, nonostante le abbuffate a tavola, ci si sente molto affamati del cinema d’essai; Edoardo e Massimiliano con quest’opera blanda e inefficace non ci hanno nutriti.

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