HAMMAMET, regia di Gianni Amelio, Italia, 2020

di Francesco Monteleone

Craxi, verso i compagni di partito della sinistra socialista e verso i nemici democristiani, aveva sempre un’espressione sardonica. Questo aggettivo démodé, desueto ora ci sembra il più adatto a descrivere il suo egocentrismo che veniva scambiato per decisionismo.

Quel ghigno amaro, beffardo, serviva a Bettino per liquidare un’umanità della quale non aveva tanta stima. Ebbene, saper riprodurre perfettamente quell’espressione è stato il capolavoro recitativo di Pierfrancesco Favino, che se continua così diventerà il più grande attore cinematografico del secolo (la profezia enfatica serve a rendere l’idea della bravura, ma prendetelo come un sofismo).

‘Hammamet’ è un tenero film gossiparo, che non serve a niente:

·         non dice nessuna verità storica

·         svela aspetti troppo privati di un uomo pubblico, violando la sua privacy

·         semplifica con i soldatini di un nipotino il mirabile coraggio avuto nel salvare dai perfidi americani un palestinese, a Sigonella

·  …

Insomma, è una favola molto ben raccontata, con qualche momento di intensissima emozione (per esempio, quando il figlio canta l’allusiva “Piazza Grande” di Lucio Dalla) e fa venire una gran voglia di trascorrere le ferie in Tunisia (solamente le ferie, perché per farsi curare sono molto meglio gli ospedali e i manicomi italiani).

Amelio e Favino hanno idealizzato un personaggio temuto e odiato nell’ultima parte della sua vita reale, ma non sono stati inopportuni; alla fine della proiezione ci dispiace che Bettino sia morto, che non possa resuscitare. Oggi sarebbe un pensionato che ogni tanto declama i suoi responsi misteriosi, come la Pizia di Apollo, nelle trasmissioni finto-politiche che fanno più ascolti.

Ma, i soldi del biglietto sono ben spesi? Certamente sì.

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