GIANLUCA VIALLI, UOMO DI GRANDE ARGUZIA E INTELLIGENZA

di Giulio Loiacono

Gianluca Vialli, che scrivere di lui? Potrei iniziare a parlare del suo stylism del tutto personale, di quella pelata con la basetta sì e l’altra no, di quel diastema che donava a quel sorriso un carattere unico quanto impertinente, di quella sua fuga a Londra a vivere finalmente, senza stress e pressioni stupide, come solo quelle della Serie A italiana sanno essere. Voleva vivere come quel fighetta di Chelsea che era sempre stato.

Eh beh, sì, Gianluca è stato sempre un diverso. Figlio di borghesi cremonesi benestanti, addirittura la sua casa è stata una magione nel bel mezzo di una opulenta infanzia, scende tra i plebei della pedata e si impone, con quella nuvola di ricci, a casa sua, nella Cremonese. Va a giuocare con il vero predestinato della sua generazione, quel Roberto Mancini, che, sedicenne debutta in serie A e del quale si parlava addirittura a ridosso di Espagna 1982. Bizzoso quest’ultimo, orgoglioso e tenace l’altro. Come ebbero brerianamente a nominarli, non potevano che essere i due Dioscuri, uno mortale e l’altro divino. Non si sapeva quale fosse l’immortale. Molti dicevano il ribelle ciuffo, altri propendevano per il ricciolone che avrebbe visto cader sul suolo quella bella capigliatura da borghese strano e sbarazzino.

Vennero gli ori di Euro 88 e le bravate di Italia 90 -si dice con la coscialunga da sgabello dell’epoca-. Poi l’uno si acciglia arruffando pensieri neri e ciuffo, l’altro si rapa e sceglie la malefica Torino.

Rabbia, grinta e voglia di graffiare con quella dentatura strana e sghemba digrignata per spargere gloria lippiana a Torino con quella goduria della Coppa sventagliata in faccia alla dolce brezza capitolina.

Poi un altro addio, per un altro Gianluca. Lo chiamerei quasi “Sir”. Torna ad impossessarsi della sua vita ed essenza borghese. Rifiuta sdegnosamente il fango sulla casacca variopinta di giovane plebeo e si tuffa nell’agio della intellettualità più pura.

Sembra quasi un profeta, Luca il londinese. Anche quando parla di calci ad una sfera, sembra diverso. Un guru, un bonzo da giacche e cardigans fantastici e molto British.

Ma viene la strega ed il bonzo si fa saggio, quasi ascetico e sapiente. Ha tempo per sé e lo utilizza per affilare la saggezza, tra un ferro del golf ed una coppola da pastore britannico, bellissimo, da paura.

Stile ed intelligenza, riflessione e arguzia, con sempre una punta di sbarazzino, quasi a dire:” ehi, ma son sempre io, Luca Vialli!” sono la sua nuova matrice.

La strega, però, compì il suo maleficio non molto tempo dopo che un altro alloro europeo, per nazioni, premiasse il Dioscuro immortale. L’altro, quello mortale, arrotola il ciuffo sulla panchina federale. Sempre folle è ma senza la sua metà, sai che noia!

Ciao Gianluca, da uno juventino che, da avversario ti ha stimato e che poi ha avuto la fortuna di averti con lui.

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