Chi è di Pavia conoscerà senza ombra di dubbio la storia del tenente della Guardia di Finanza Francesco Lillo, un ragazzo appena 26enne che, nel tentativo di disarmare alcuni membri della Guardia Nazionale Repubblicana, durante gli ultimi giorni di guerra, in Italia, fu mortalmente ferito da una raffica di colpi che uccisero anche due suoi colleghi, l’alessandrino Roberto Spirito e il viterbese Tommaso Coletta. Morirà due giorni dopo, come riportano le cronache, o, forse, tre, come è inciso sulla lapide nel cimitero di Bitonto, sua città natìa. A lui, nel 2011, l’intitolazione della locale caserma.
Era il 26 aprile 1945. La guerra volgeva ormai al termine.
Nelle stesse ore Benito Mussolini fu catturato e fucilato. Poco dopo, anche Hitler e la Germania nazista uscirono definitivamente di scena, spostando il fronte sul Pacifico, in quel Giappone che, tra le forze dell’Asse, ancora resisteva alla sempre più vicina vittoria Alleata.
L’Italia era alle prese con gli ultimi combattimenti e, nella città lombarda, imperversavano ancora bande di miliziani ancora fedeli alla Repubblica Sociale Italiana, la Repubblica di Salò. Alcuni di loro, quel maledetto venerdì di fine aprile, si accingevano ad attaccare la sede delle Fiamme Gialle, negli ultimi giorni di quella guerra civile vera e propria, che si consumò accanto alla guerra di liberazione dall’invasore tedesco.
Una guerra civile che spesso si consumava anche all’interno delle famiglie e che, soprattutto nel Nord Italia, provocò tanti lutti, per entrambe le parti.
Mentre la Guardia di Finanza aveva fatto proprio l’appello del Comitato di Liberazione Nazionale ad aiutare i partigiani e a disarmare i militari fascisti e tedeschi, i repubblichini tentarono di occupare la caserma. Con uno stratagemma i finanzieri riuscirono ad attirarne due nell’edificio e a disarmarli. Azione, quest’ultima, necessaria, considerati gli armamenti migliori e più efficienti in mano ai nemici. Ma gli altri intuirono la trappola chiedendo aiuto.
Il tenente Francesco Lillo uscì dalla caserma.
Lottando corpo a corpo, tentò di arrestare e disarmare un miliziano. Ma finì sotto i colpi del mitra di un commilitone di quest’ultimo, giunto alle sue spalle.
Un sacrificio che costò la vita a tre ragazzi, che Pavia ricorda da sempre. È grazie a quel gesto che di lì a poco la città avrebbe finalmente conosciuto la fine del conflitto e delle violenze.
La Guardia di Finanza lo insignì con la medaglia di bronzo al valor militare, mentre Pavia con la medaglia d’oro alla memoria, consegnata nel giugno ’66 all’anziana madre, tramite l’allora sindaco di Bitonto.
Ed è la stessa città di Bitonto che, a cento anni dalla nascita, ha voluto ricordare il coraggioso Francesco Lillo, con il convegno storico “Il sacrificio di un bitontino nella “guerra civile” (1943-1945)”, organizzato lo scorso 25 novembre dal Centro Ricerche di Storia e Arte – Bitonto, dalla Guardia di Finanza e dall’Associazione Nazionale Finanzieri d’Italia.
Un convegno per ricordare e rendere omaggio ad un valoroso finanziere che ha sacrificato la sua vita. Affinchè l’Italia potesse voltare pagina, dopo la dittatura, l’invasione tedesca e una guerra tanto inutile quanto crudele e sanguinosa. Nonostante, nella sua terra di origine, la guerra era finita da quasi due anni.
Durante il convegno si è anche ricordato il ruolo della Guardia di Finanza nella Liberazione di Pavia.
Le Fiamme Gialle, infatti, furono l’unico corpo a non aderire mai in pieno al fascismo, giungendo anche a formare delle proprie bande partigiane, in accordo con il Cln.
Bande partigiane che, poi, si mossero anche verso Milano, guidate dal colonnello Alfredo Malgeri, favorevole all’appello ad aiutare la Resistenza nell’Oltrepò pavese. A confermarlo anche la ricercatrice Rosalba Mezzorani, giunta dalla città di Pavia per testimoniare il ruolo chiave nella cacciata dei nazisti e dei fascisti.