FIRST MAN di Damien Chazelle, un’epopea perdibile

di Giulio Loiacono

“A small step for a man, a giant leap for mankind”. Chi non ricorda questa frase, forse preparata da tempo, forse progettata più ancora del lavorìo che vi fu dietro per spedire Neil Armstrong sulla luna…

Ebbene, il prode Neil e la sua frase meritavano una fine -almeno cinematografica- decisamente migliore o, almeno, più accattivante per colui che ha scelto di andare in sala per godersi questa “riduzione” di una vita in quella che fu celluloide.

Ho messo tra le virgolette la parola riduzione perché, francamente, poco oltre due ore e mezza di noiosa e lentissima sbobba da ingollare è decisamente troppo. I tempi lunghi, se mi avevano avvinto ai tempi di Mars di Matt Damon facendone di qualcosa di meglio e di più godibile di una qualsiasi tendenza kubrikiana da veri anni duemila e rotti, onestamente si sprecano in questo pippone spielberghiano dove alla alza bandiera della vecchia e cara Stars &Stripes, che ormai fa parte del pantheon del creatore della Dreamworks, si accompagna il faccione da schiaffi di Ryan Gosling, il quale si candida, data la sua inespressività e familiarità col genere, ad interpretare -con rigido metodo russo- Jurij Gagarin con sicuro e notevole successo vista la verve del mitico kosmonavt sovietico, sempre prodigo di scherzi e battute.

Il suo Neil Armstrong è un uomo stanco, sempre oberato dalla vita e dalle sue pene, che non sa gioire nemmeno quando dovrebbe raccogliere i frutti del suo straordinario successo. Più simpatico -e qui si riflette la strafottenteria yankee- è colui che fa Buzz Aldrin, che ammette che lui del viaggio sulla luna coglierà tutti i frutti, anche economici, da condividere senza posa con la sua consorte.

Quello che Neil condivide con la povera mogliettina Janet è solo un disperante monologo di silenzi di qua e di là di un vetro, data la quarantena susseguita al post-trionfo lunare. Qui Ryan/Neil raggiunge il suo zenith ma è troppo tardi ormai.

Scorrono i titoli di coda e dobbiamo lasciare la sala riempita dai perché si è venuti mai qui a vedere sprecarsi la uggiosa noia.

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