“È STATA LA MANO DI DIO”. ODE A ZIA PATRIZIA

di Giulio Loiacono

Di questo ultimo prodotto, densamente felliniano e profondamente intimistico nel suo forse troppo copioso onorismo, preferirei non soffermarmi, più di tanto dicendo che, a mio parere, non pare dover stendere chissà qual tappeto di elogi al buon Paolo Sorrentino.
Certamente si tratta di realizzazione “sentita” perché vigilmente autobiografica e comprendibile a pieno, come ogni pellicola che parla di disgrazie, tutte proprie ma tutte, al fin, comuni, come quelle di divenire “orfano”, specie se in giovane età. C’è un mistero, però, un dolore infinito e “sordo” che ti macera dentro che solo gli orfani precoci conoscono. E provano. E patiscono.
Gli altri – quelli fortunati, quelli che vivono con entrambi o un solo genitore per lungo tempo – capiscono il senso di un dolore generico solo quando si trovano soli. Ma saper di dover fare un gran bel pezzo di cammino senza entrambi ti restituisce un dolore incoercibile. Unico.
Ma c’è una speranza: Zia Patrizia – una splendida Luisa Ranieri – un po’ pazza, un po’ puttana ma tanto Musa.
Il corpo della Ranieri recita per lei, lei asseconda in un delirio di sensualità ed erotismo abbacinante e stupefacente.
Tanto da meritare quest’ode.
A te, zia Patrizia, femmina quant’altre mai, squadernante di piacere e musa di tutti noi, a te elevo il calice della gratitudine eterna per cotanto dono!
Da vedere, anche se fosse solo per veder Lei…

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