DIA-LOGOS, TRAGEDIA, DEMOCRAZIA NELL’ANTICA GRECIA

di Ermanno Testa

Non si dà logos senza dia-logos. Logos non è solo un enunciato. Anche quando l’enunciato è essenziale e ‘oggettivo’, come nel caso estremo di una formula matematica, il logos non prescinde da altri elementi riguardanti qualità, modalità, contesto, atteggiamento del soggetto ecc.; analoga complessità riguarda il ricevente il quale, anche se passivo, produce comunque una risposta: la partecipazione emozionale è minima, ma anche in questo caso il dialogo c’è. Analogamente il dialogo filosofico o scientifico non è puro scambio di contenuti filosofici o scientifici, perché veicola comunque emozioni collegate a visioni e interpretazioni del mondo che coinvolgono con varia intensità entrambi gli interlocutori. Il dialogo diventa tanto più costruttivo quanto maggiore è la partecipazione emozionale. La scelta del dialogo come modalità per superare i disagi, le tensioni, le infelicità e i conflitti che ne derivano, diventa allora un bisogno etico. Tale etica del dialogo, espandendosi, può diventare il fondamento per la costruzione di una società democratica.

Ogni democrazia, prima ancora che come sistema politico-istituzionale, si caratterizza come generale condizione etica. La democrazia infatti non può essere ricondotta soltanto al diritto di ciascun individuo di scegliere, a intervalli regolari, i propri governanti; quanto soprattutto al diritto di ciascuno di poter concorrere con pari dignità, con le proprie capacità personali, alla vita e al benessere collettivi; con la garanzia di leggi e ordinamenti che regolino, e in un certo senso inducano a tale interazione con il contesto civile e sociale. Ogni società è un insieme di comportamenti individuali integrati tra loro: senza almeno una parvenza di integrazione sarebbe costante e generalizzato il conflitto tra gli individui. Tuttavia, società ben integrate non garantiscono di per sé le migliori scelte possibili per il perseguimento del bene comune: ciò si riscontra là dove l’integrazione trae origine da regole che sovrastano la volontà collettiva liberamente maturata. In questi casi si tratta di società eterodirette, soggette a sudditanza militare, politica, ideologica, religiosa, mercantile, tecnologica, mediatica ecc. e perciò non o non abbastanza democratiche. Una buona integrazione è quella fondata sul dialogo diffuso tra i singoli componenti della società, cioè sulla possibilità/dovere di tutti di contribuire attraverso il dialogo al superamento dei conflitti e quindi alla soluzione dei problemi. Dia-logos, discorso-tra: la democrazia infatti non si è affermata a Sparta, società soggetta a regole rigide e uguali per tutti ma caratterizzata da scarso dialogo, donde anche il significato estensivo dell’aggettivo ‘laconico’ (da Laconi, nome della popolazione di quel luogo), ma è nata e si è affermata là dove, appunto ad Atene, ci si è misurati e si è cresciuti attraverso il dialogo diffuso.

Tale processo ha trovato sostegno nell’invenzione della tragedia. Nella tragedia greca grandi conflitti che vedono protagonisti dei ed eroi, attraverso un dialogo intenso che non nasconde nulla degli aspetti più ardui e sconosciuti della vita, si sciolgono nella catarsi ristoratrice. La tempistica delle rappresentazioni, che si svolgono su sfondi di grandi spazialità naturali (un monte, un vulcano, il mare) e si concludono all’imbrunire al lume delle fiaccole; le modalità delle rappresentazioni che si avvalgono di grandi maschere e di megafoni a impersonare figure che in virtù dei loro tratti e comportamenti assurgono a simboli etici universali; la presenza di un pubblico assai numeroso e partecipe, a volte la quasi totalità della popolazione, fanno della tragedia greca una delle esperienze artistiche ed educative di massa più importanti e decisive per lo sviluppo della civiltà umana. Senza un’educazione, profonda e direttamente partecipata, al confronto dialettico e, attraverso il dia-logo, ad una appagante mediazione/soluzione tra posizioni all’inizio molto contrastanti – sviluppo che si realizza costantemente nella tragedia greca – verosimilmente non si sarebbe data la democrazia quale si è realizzata in Atene. La rappresentazione emozionale del dialogo diventa dunque strumento catartico per educare al dialogo come mezzo per il superamento e la soluzione dei conflitti.  Ed è in virtù del dialogo che la stessa tragedia greca in poco tempo abbandona la primigenia impostazione di affidare a personaggi non umani la ‘soluzione’ dei conflitti ricorrendo al meccanismo del deus ex machina; il segno che nel tempo si è fatto strada il bisogno di soluzioni più ‘umane’, cioè “più” possibili.  Risultato di un processo educativo profondo e di lungo periodo, vantaggioso per tutti.

In tutto questo sta il valore storico-antropologico della tragedia greca.

 

 

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