di Francesco Monteleone
Quante persone fece uccidere e torturare, quanto dolore diffuse persino tra i bambini quella faccia di merda del generale Jorge Rafael Videla (Mercedes, 2 agosto 1925 – Marcos Paz, 17 maggio 2013) che con un colpo di Stato contro Isabelita Peron riuscì a farsi eleggere 42º presidente dell’Argentina?
Durante la dittatura, tra il 1976 e 1983, quella faccia di merda con altri carnefici militari fecero sparire, considerandole ‘sovversive’, migliaia di persone mai più riviste, né ritrovate dai propri parenti.
In Italia eravamo aggiornati da qualche servizio dei tg che ci faceva vedere le Madri di Plaza de Mayo, con i fazzoletti bianchi in testa che piangevano, come tante Madonne, i loro figli desaparecidos: noi spettatori, oltre ad avere un poco di ripudio per la dittatura, non provavamo altro. La tv immediatamente riusciva a distrarci. Ebbene, in quel capitolo di storia c’è scritto che Videla morì a 87 anni senza essersi mai pentito e anzi dicendo che dormiva benissimo ogni notte, nonostante avesse sulla sua nera coscienza la morte diretta di circa 8000 argentini. Se il Dio giusto dell’universo pensasse anche a noi, dovrebbe far rinascere quell’anima e quel corpo schifoso e fargli scontare interamente i due ergastoli che gli furono inflitti. Comunque, il cinema sa essere più intenso, più patetico della vulnerabile televisione quando ricostruisce i fatti di importanza storica, col rigore necessario. Questo film andrebbe proiettato e spiegato nelle scuole, affinché le nuove generazioni conoscano la ferocia di quegli orchi, di quei dannati, di quelle anime che dovrebbero rimanere in eterno nella fossa di sangue bollente del Flegetonte.
Santiago Mitre racconta in 140 minuti la storia vera degli avvocati Julio Strassera (Ricardo Darin) e Luis Moreno Ocampo (Peter Lanzani), ai quali nel 1985 fu dato il compito di investigare sulla “Junta Militar”di assassini. Un gruppo di giovani, temendo che i militari potessero salvarsi, lavorò migliaia di ore a fianco dei coraggiosi uomini di legge per trovare le prove necessarie. Poi, quasi quattro mesi di dibattimento, con 833 testimoni sopravvissuti al massacro. Questo film è una lezione di storia contemporanea, una divulgazione necessaria in favore della verità, perché descrive il processo più importante del ‘900 dopo quello di Norimberga nel quale vennero fuori tante sadiche mostruosità che avrebbero fatto sgranare gli occhi pure a Belzebù.
Che dire? i film, filmati per il cinema, andrebbero visti a cinema. Quest’opera, che ha portato un poco di luce sulla notte più fonda dell’Argentina, purtroppo l’hanno fatto implodere sul nascere. Nelle sale è proiettata in lingua originale con i sottotitoli in spagnolo (lingua meravigliosa e romanzesca, come il francese); in più “ARGENTINA, 1985” lo trasmettono già su ‘Prime’, quindi si può vedere perfino sul telefonino, usurati dai rumori del mondo. In ogni modo, uomini o donne che dedicate la vostra intelligenza a studi responsabili, mettete questo titolo nella lista delle vostre preferenze. L’Argentina ha sangue italiano: Il tenente generale Videla, l’ammiraglio Emilio Eduardo Massera, il generale dell’aviazione Orlando Ramón Agosti e tanti altri criminali devono essere conosciuti come e più di Diego Maradona, per essere maledetti dalla storia. Questo film vale tantissimo, perché è fatto con una buona ampiezza di documentazione e perché ci restituisce il mito di un popolo che ci appartiene, che mi appartiene. Il fratello maggiore di mio padre, Mimì, è morto lì in povertà; io non ho mai potuto conoscerlo, né abbracciarlo come avrei voluto. Le mie cuginette, vissute sotto la dittatura quando erano ragazze, sperano ancora che l’Argentina abbia una democrazia lunga e matura.
Visto allo Splendor di Bari il 24 febbraio 2023
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