di Carmela Moretti
Se decidete di trascorrere una giornata a Milano – città sempre in grado di sorprendere piacevolmente – non mancate di dedicare un’ora del vostro tempo a girovagare per i saloni di Palazzo Reale. Lì, nell’ex sede del governo della città, accanto al Duomo marmoreo, ci troverete sempre qualcosa di interessante, se non addirittura di esclusivo.
In questi giorni, per esempio, e fino al 2 giugno 2019, le sale al piano terra ospitano una mostra sul più singolare ed enigmatico artista della storia dell’arte. È Antonello da Messina, grande esponente del Rinascimento italiano, a giusta ragione definito “divinus”.
Ecco alcuni motivi per non lasciarsi sfuggire questa opportunità unica.
L’esposizione raccoglie una ventina dei trentacinque capolavori giunti fino a noi. Molti altri, purtroppo, sono andati perduti e questo, unitamente alle pochissime informazioni che possediamo sulla vita dell’artista messinese, contribuisce ad alimentarne il “mito”.
Di sala in sala, il visitatore viene irrimediabilmente soggiogato dalla bellezza dei ritratti. Nello specifico, dalla brillantezza dei colori, dall’attenzione ai particolari, dalla straordinaria forza comunicativa ed evocativa dei soggetti rappresentati su quelle tavole in legno.
Così, ci si ferma per qualche minuto davanti all’ignoto marinaio, che ci sorride con occhi sprezzanti e misteriosi, e davanti al Trivulzio, che ci osserva con aria di sfida fino a increspare la bocca. Si resta storditi di fronte al patetico Cristo dell’Ecce homo, le cui iridi angosciate si staccano dallo sfondo scuro ed entrano in noi, per renderci testimoni della sua sofferenza.
Per poi giungere infine, e indugiare con atteggiamento reverenziale, al cospetto della tavola più sublime, che tante volte abbiamo avuto modo di ammirare nei nostri libri di storia dell’arte e che qui, ora, si fa concreta: l’”Annunciata”, madonna dal volto perfetto, umano e ieratico al tempo stesso, che ci parla con pudicizia dell’annunciazione appena avvenuta.
A fare da fil rouge alle opere esposte è un interessante accostamento con l’arte fiamminga, da cui l’artista italiano attinge molto per poi innovare. Lo stesso ritratto frontale di un soggetto laico nacque proprio nelle Fiandre, mentre precedentemente era riservato solo a soggetti sacri.
Ed è proprio in quei volti – oltre che nella minuzia delle pennellate e nella particolare scelta dei colori – che sembra essere racchiusa tutta la grandezza di Antonello da Messina.
Sono personaggi vivi, hanno profondità umana e psicologica, vogliono raccontarci storie che provengono da lontano e che ciononostante risultano moderne.