di Carmela Moretti
Gli uomini pensano alle armi. La pace è cosa delle donne. Così si può riassumere il contenuto della “Lisistrata” di Aristofane, opera avanguardista, con cui alle donne melense e malvagie di Euripide il commediografo greco volle contrapporre donne che non mancano di fermezza. Ancora oggi l’opera sorprende per la sua modernità, nonostante siano passati ben 26 secoli da quando debuttò nel teatro di Dioniso, in un’Atene impegnata nella dura guerra del Peloponneso e in cui regnava un clima di pessimismo.
Dal 16 al 18 dicembre, nella splendida cornice del Teatro Rossini di Lugo, contenitore di una ricca rassegna di prosa e musica, è andato in scena l’adattamento della “Lisistrata” di Ugo Chiti, con Amanda Sandrelli nel ruolo della protagonista, Lucianna De Falco nel ruolo di Spartana, e poi con Giuliana Colzi, Andrea Costagli, Dimitri Frosali, Massimo Salvianti, Lucia Socci, Gabriele Giaffreda, Elisa Proietti.
L’operazione teatrale è convincente, in quanto il regista riscrive senza tradire. Pur mantenendo la cornice storica, nella quale lo spettatore ritrova i suoi punti fermi e si sente rassicurato, Chiti svecchia i dialoghi, li modernizza, conserva i doppi sensi e le scurrilità dell’opera aristofanea senza risultare eccessivamente volgare. Appropriato in tal senso appare l’uso del dialetto: alcuni attori in scena parlano in fiorentino e in romanesco, ma ciò è ben lontano dall’apparire una mancata fedeltà al testo originale. Al contrario, attualizza e fa sentire l’opera più vicina a chi la guarda, d’altra parte la guerra del Peloponneso può essere una qualsiasi altra guerra nel mondo, del passato o del presente.
Efficace è anche la scena minimalista di Sergio Mariotti, che ben esalta, attraverso un gioco di chiaro-scuri, i costumi di Giuliana Colzi e le figure attoriali sul palcoscenico.
Brillante è tutto il cast, capitanato da una estrosa Amanda Sandrelli, la quale a teatro ci sembra più “a casa” che al cinema; in questo ruolo riesce a tenersi in equilibrio tra seduzione e virilità, dando alla protagonista un carattere, un’identità.
E dietro tutto questo c’è il profondo messaggio racchiuso nell’opera aristofanea, che tra una risata e l’altra parla all’essere umano di ieri come all’essere umano di oggi. “Castigat ridendo mores”, è proprio il caso di dirlo. Innanzitutto, il binomio guerra e pace: se l’uomo è nato per la guerra, la donna è portatrice di pace in quanto generatrice di vita. E poi il binomio femminismo e maschilismo: se l’uomo ragiona con il testosterone nel cervello, la donna sa farsi quando vuole mediatrice sapiente.
Alla fine dello spettacolo si esce dal teatro entusiasti e divertiti senza alcun dubbio, ma inevitabilmente con un pensiero rivolto al vento della guerra in Ucraina, frutto della stupidità e della cecità umana, che si ostina a non cessare.