di Trifone Gargano
Meraviglioso / Fantasy
Il ritorno del fantasy, e il suo grande successo, al passaggio tra XX e XXI secolo, non vanno letti soltanto come bisogno (umano) di evasione dalla (dura e nuda) realtà. Fuga dalle atrocità storiche che hanno caratterizzato il XX secolo, con i due conflitti mondiali. No. Tutt’altro. Se ci si limitasse a una lettura di questo tipo, in vero, molto superficiale, del complesso e multiforme fenomeno, allora, questo ritorno del fantasy potrebbe essere inteso come l’espressione di un sentimento/desiderio di evasione dal presente, triste e insoddisfacente. Ma esso è stato, ed è, ancora oggi, ben altro. Il suo successo, in tutte le attuali declinazioni del fantasy, e con la specificità dei codici espressivi contemporanei (novel, graphic novel, cinema, animazione, fumetti, videogiochi, ecc.), da Tolkien a Lewis, da Ende alla Rowling, non è un piano di fuga collettivo dalla realtà, alla ricerca di un approdo rassicurante, in un altrove distopico, magico-fantastico. No. Piuttosto, questo sorprendente fenomeno va letto e interpretato, al contrario, come esempio di potenziamento della realtà: il modo narrativo del fantasy (come una volta quello del mito) altro non sarebbe, dunque, che realtà aumentata (Query Code, o Code QR, per dirla con l’odierno linguaggio informatico). Il mito, secoli fa, il fantasy, oggi, hanno lanciato e lanciano, di fatto, una sfida nei confronti della realtà (e delle poetiche realistiche, o presunte tali), e cioè, la sfida per (re)introdurre in essa ordine e armonia, in un mondo, qual è il nostro, devastato dal caos, dalla bruttezza. Non fuga dalla realtà, dunque, ma intervento su di essa, per potenziarla, e per re-introdurvi ordine e armonia, bellezza e grazia.
Oggi, età nella quale nulla più risplende, nella quale cioè l’universo non è più a «Dio simigliante» (tanto per citare Dante), e nella quale l’uomo brancola nel buio, con crocevia multidirezionali e disorientanti, il fantasy fornisce indicazioni e risposte di senso alle paure, ai sogni, alle speranze di ciascuno di noi. Le risposte alle domande ultime, sulle questioni fondamentali della vita, hanno trovato come loro vettore il linguaggio fascinoso del fantasy, così come un tempo lo fu quello del mito. Questo è stato l’approccio critico, con il quale mi sono accostato alla lettura comparata di due estremi cronologici del fantasy moderno: da un lato, Dante Alighieri, con la Divina Commedia (XIV secolo), poema in tre cantiche, che chiude il modo del meraviglioso medievale; dall’altro, Johanna K. Rowling, che, con la saga di Harry Potter (XXI secolo), in sette romanzi, ha re-interpretato il fantasy contemporaneo: Dante & Harry Potter (Edizioni del Rosone, Foggia, 2018).
Così come lo conosciamo oggi, in tutte le sue declinazioni ed espressioni, il modo fantasy si definisce (e si afferma) in Europa nel XIX secolo, e, in modo particolare, nell’Inghilterra di scrittori come Mary Shelley e George MacDonald. Può sembrare paradossale che proprio nell’Inghilterra del XX secolo, cioè in un paese in cui si registra, con punte massime di eccellenza, il primato della scienza e della tecnologia (con la conseguente rivoluzione industriale), il genere fantasy capti ed esprima i sogni, le speranze, le paure, e i desideri di felicità di una umanità, evidentemente, non soddisfatta dalle risposte della scienza e della tecnologia contemporanee.
La cucina di Hogwarts
Come ben sanno i lettori della saga di Harry Potter, alle cucine di Hogwarts si accede attraverso il quadro magico «Dipinto della ciotola di frutta». E, in effetti, sia nella vita dei maghi e delle streghe, sia in quella di ciascuno di noi, babbani, non credo che ci sia un luogo più magico della cucina.
Nulla somiglia maggiormente a un «antro di streghe» di una cucina, con la grande fiamma che crepita nel camino, con i pentoloni neri e fumanti che gorgogliano, e con la cuoca, attorniata da tutto uno stuolo di silenziosi e ubbidienti aiutanti, che si aggirano intorno al fuoco domestico, con fare magico e sapiente (eseguendo ordini diretti e sicuri, assaggiando in punta di lingua sughi, sughetti e leccornie bollenti, e, soprattutto, attendendo che il lento trascorrere del tempo di cottura trasformi anonimi alimenti in gustosissimi intingoli). Esattamente come i cento elfi domestici (e più), che, nelle cucine di Hogwarts, attendono alla preparazione dei cibi e delle pietanze, per i sontuosi banchetti. Si pensi all’importanza del banchetto di benvenuto, che si tiene annualmente a Hogwarts, per accogliere gli studenti iscritti al primo anno della Scuola di Magia, i quali vengono, dapprima, ricevuti dalla professoressa Minerva McGranitt, per le necessarie e preliminari operazioni di smistamento in una delle quattro «case», e, poi, vengono radunati nella Grande Sala del banchetto.
Ma anche il banchetto annuale di congedo, alla fine di ciascun anno scolastico, che segna, quindi, per tutti, l’inizio delle vacanze:
Il cuoco è come il mago, possiede cioè le conoscenze e le competenze per cambiare la natura di alcuni elementi: ricavare una pagnotta di pane dal grano; o un litro d’olio da qualche kg di olive; un litro di vino, da qualche kg di uva; come pure miscelare diversi ingredienti tra loro e lasciare che l’impasto lieviti, fermenti, e si predisponga per diventare altro.
I dolci di Hogwarts
Citazione a parte meritano i dolci di Hogwarts. Nel mondo magico, infatti, i gusti non sono mai scontati. Le «Gelatine Tuttigusti+1» riservano sorprese al palato. I «Pallini Acidi» provocano buchi nella lingua. Gli «Scarafaggi a Grappolo» (cockroach cluster) contengono (molto probabilmente) veri proprii scarafaggi.
Queste e altre leccornie magiche, tutte da Mielandia (a Hogsmeade, l’unico villaggio della Gran Bretagna interamente abitato da maghi e da streghe), il miglior negozio (al mondo) per acquistare dolci magici.
Segnalo, come lettura «gustosa», la prima pagina del capitolo 4 del libro IV della saga, Harry Potter e il Prigioniero di Azkaban, per i riferimenti alla colazione di Harry, ch’egli consuma ogni mattina al pub «Il Paiolo magico», e ai mitici gelati della «Gelateria Florian», di Florian Fortebraccio, con i tavolini all’aperto, a Diagon Alley, la via magica di Londra, con negozi e locali d’ogni tipo, attrazione per tutti i Maghi e per tutte le Streghe della Gran Bretagna.
Il libro della saga che contiene maggiori riferimenti al cibo è il primo, Harry Potter e la pietra filosofale; quello che ne contiene di meno è Harry Potter e il prigioniero di Azkaban, con l’eccezione per il preciso (e invitante) elenco dei dolci venduti a Hogsmeade. Per tutti i dettagli gastronomici, ovviamente, il lettore vede attraverso gli occhi di Harry, cioè attraverso gli occhi di un ragazzino (che, via via, diventa un giovanotto), e non attraverso gli occhi di un adulto (chef o casalinga che possa essere); quindi, i dettagli sui quali l’attenzione di quegli occhi che vedono (e che pregustano il cibo) son quelli di un ragazzino, in base ai suoi gusti personalissimi gusti. Di conseguenza, il senso che la fa da padrone, in queste descrizioni gastronomiche, è quello della vista (e non, invece, quello dell’olfatto); e, quindi, sono i particolari cromatici, che vengono esaltati, fatti di forti contrasti (tra il giallo del succo di zucca e il verde dei piselli, il rosso scuro del ketchup e il marrone in cento sfumature della carne cotta). I colori, dunque, balzano subito agli di Harry (e di chi legge). Il tutto appoggiato sul lindo e candido bianco delle tovaglie, stemperato dalla luce morbida delle candele galleggianti.
Il succo di zucca è bevanda analcolica largamente presente, nei libri di Harry Potter. Sulle tavole di Hogwarts, abbondano roast beef, pollo arrosto, trippa, braciole, salsicce, stufati, bistecche, patate arrostite, patatine fritte, purè, agnello, pancetta affumicata, uova, panini con prosciutto, caramelle, gelatine, torte di mele, gelati, cioccolatini, dolci di melassa, ciambelle e ciambelline. Quasi tutti piatti tipici britannici (e non certamente leggeri). Già sul treno espresso, che conduce gli studenti a Hogwarts, i passeggeri si deliziano, durante il viaggio, con cioccorane, gelatine, liquirizia, gelati, caramelle, scarafaggi a grappolo. Ai superalcolici accede, praticamente, solo Hagrid. La bevanda consentita anche agli studenti è la burrobirra, che è leggermente alcolica (nei pub di Hogsmeade), che gli studenti frequentano durante il fine settimana. Il cioccolato ha il potere di far rinsavire il malcapitato dalla presenza dei Dissennatori, così come si legge in Harry Potter e il prigioniero di Azkaban.
Cuoco tu…
Spero che la lettura di questo mio articolo spinga qualcuno ad aprire un pub, una pizzeria, una locanda, un ristorante, un punto di ristoro qualsiasi, purché ispirato alle Magiche Cucine di Hogwarts, con ricchi e gustosi menù, all’insegna dei saperi e dei sapori magici, con piatti tipo:
– spaghetti Mangiamorte
– soufflé alla Silente
– mousse, meringhe e tiramisù… più gustosi e disparati
– nero di seppia del «Signore Oscuro»
– maccheroncini «Grifondoro»
– pasta al pesto verde «Serpeverde»
– vino rosso della casa «Tassorosso»
– muffin al cioccolato «Paciock»
– gelatine… tuttigusti (ovviamente), più 1
– …
Per chi volesse approfondire:
Per seguire l’evoluzione del fenomeno (globale) della saga di Harry Potter, in questi ultimi decenni, a partire dal 1997, anno di prima uscita del primo volume, passando per il 2007, anno di ultima pubblicazione della puntata conclusiva, e fino ad oggi, Internet mette liberamente a disponibili tantissime risorse social, frutto del lavoro di appassionati lettori, ma anche con il diretto coinvolgimento delle case editrici che pubblicano, nel mondo, i romanzi della Rowling), come pure della stessa autrice.
Cito, qui, solo pochissimi esempi:
- Potterpedia: http://www.potterpedia.it/
- https://it.wikipedia.org/wiki/Oggetti_magici_di_Harry_Potter
- pagine e pagine wiki: http://it.potterpedia.wikia.com/wiki/Potterpedia_Wiki
Si tratta, quasi sempre, di risorse aperte, collettive e collaborative, in cui cioè chiunque, se lo volesse, potrebbe scrivere.