A TAVOLA CON …GIANNI RODARI

di Trifone GARGANO

Il Classico appartiene a chi legge. Sono i Lettori, infatti, che danno vita al loro Autore, al loro Classico. Di conseguenza, non esiste un solo Autore, o un solo Classico, ma 10, 100, 1000, con identità differenti, sfumature particolari, proprio a seconda di chi legge. Per Gianni Rodari è la stessa cosa. Ogniqualvolta un Lettore apre un suo libro, e inizia a leggere una sua storia, egli ri-nasce, e assume volto e identità nuovi.

Gianni Rodari (1920-1980) è stato maestro, pedagogista, scrittore, poeta, giornalista, autore di testi teatrali e di programmi televisivi. Ha saputo rendere la letteratura per l’infanzia una letteratura adulta, liberandola dallo scaffale dei libri per bambini, e facendola circolare ovunque. La sua Grammatica della fantasia non è una (semplice) raccolta di giochini linguistici, o di tecniche combinatorie delle parole. Tutte le sue filastrocche, le sue storie, le sue favole «a ricalco», le sue invenzioni fantastiche, hanno sempre avuto (e hanno) una forte ragione etica e civile. Le sue opere trasmettono al lettore messaggi di pace, di convivenza pacifica, di anti-militarismo, di rispetto dell’ambiente, di cittadinanza attiva.

C’è anche una «fantastica casalinga», dice Gianni Rodari, ed è il luogo dove il bambino, sin dai primissimi mesi di vita, comincia a interagire con mamma e papà, cioè, con il mondo. Il momento della pappa, allora, assume un ruolo importante, specie se si «gioca a mangiare»:

Un po’ per la mamma,
un po’ per il papà,
un po’ per la nonna
che sta a Santhià,
un po’ per la zia
che sta in Francia:
fu così che al bambino
venne il mal di pancia

La mamma che finge di infilarsi il cucchiaio nell’orecchio, fa notare Rodari, sta compiendo, senza saperlo, un atto creativo, artistico: quello che gli esperti chiamano di «straniamento», il cucchiaio che esce dalla sfera del quotidiano, smette di essere un utensile domestico, per diventare altro. Alla stessa maniera della sedia, che, nelle mani di un bambino, diventa treno, automobile. Ecco alcuni oggetti fantastici della tavola di Rodari:

– il cucchiaio, che non sa dove andare:

…punta su un occhio. Aggredisce il naso. E ci regala un binomio «cucchiaio-naso» […].

Il cucchiaio […] può diventare un personaggio autonomo. Cammina, corre, casca. Ha avventure sentimentali con una forchetta. Il suo rivale è un terribile coltello […].

«Il signor Cucchiaio era alto alto, magro magro, con una grossa testa, così pesante che non riusciva a stare in piedi»

– il piattino, che il bambino trasforma…

in automobile, in aeroplano […]. Il piattino vola. Va a trovare la nonna, va a trovare la zia, va a trovare il papà in fabbrica […]. il piattino è un aeroplano, il cucchiaio è il pilota…

– lo zucchero offre almeno tre vie all’invenzione fantastica…

secondo il «colore», il «sapore», la «forma» […]. che succederebbe se lo zucchero sparisse dalla terra, così all’improvviso. Tutte le cose dolci diventano amare, senza preavviso […]. un mondo amaro. Per colpa di un mago cattivo. Mago Amaro.

Rodari parlava del gioco della «sottrazione fantastica», e cioè far scomparire, a uno a uno, gli oggetti del nostro mondo, del nostro vivere quotidiano. Così facendo, arriveremmo a un mondo vuoto, a quello che Rodari definiva «un mondo di niente…».

 

Cucina Spaziale…

Un mio amico cosmonauta è stato sul pianeta 213, e mi ha portato per ricordo il menù di un ristorante di lassù. Ve lo ricopio tale e quale:

Antipasti

  • Ghiaia di fiume in salsa di tappi
  • Crostini di carta asciugante
  • Affettato di carbone

Minestre

  • Rose in brodo
  • Garofani asciutti al sugo d’inchiostro
  • Gambe di tavolini al forno
  • Tagliatelle di marmo rosa al burro di lampadine tritate
  • Gnocchi di piombo

 

Piatti da farsi

  • A piacere

Per spiegare quest’ultima espressione, un po’ generica, aggiungerò che il pianeta 213, a quanto are, è interamente commestibile: ogni cosa, lassù, può essere mangiata e digerita, anche l’asfalto della strada […].

[da G. Rodari, Favole al telefono]

L’insalata del prof Grammaticus

Il professor Grammaticus
entrò nel ristorante
e ordinò al cameriere:

– Metteteci l’indivia,
la lattuga, la riccetta,
il sedano, la cicoria,
due foglie di rughetta,

un mezzo pomodoro,
cipolla se ce n’è:
portate l’olio e il sale,
la condirò da me.

E il bravo professore,
con la forchetta in mano,
si accingeva a gustare
il pranzo vegetariano.

Ma tutta la sua delizia
fin dal primo boccone
si mutò in una smorfia
di disperazione.

Guardò meglio nell’ampolla
dell’olio e inorridì:
gli avevano servito
un «OGLIO» con la «g»!

Offeso e disgustato
fuggì dalla trattoria:
sono un pessimo condimento
gli errori di ortografia.

A volte, cari lettori, basta un piccolo (anche se minuscolo, anche se impercettibile) errore di ortografia,  per peggiorare il mondo.

Le illustrazioni presenti nell’articolo sono di Carlo Volsa.

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