BARI INTERNATIONAL FILM FESTIVAL – 26 agosto: “A MANO DISARMATA” di Claudio Bonivento

di Francesco Monteleone

“Il film è stato fatto a mo’ di fiction televisiva!” Questo giudizio di colpevolezza artistica scatta in quasi tutti gli spettatori, alla fine della visione del terzo lungometraggio diretto da Claudio Bonivento, ma è un giudizio improvvisato e profondamente sbagliato. L’intreccio, ispirato alle drammatiche vicende professionali della giornalista Federica Angeli, non è certamente l’abusato frutto della fantasia di sceneggiatori che provano a intrattenerci con sparatorie, inseguimenti spericolati e scazzottate di criminali prepotenti, fino a quando arrivano i rappresentanti dello Stato a ripristinare pace e giustizia.
“A mano disarmata” è la narrazione di fatti reali, concreti, vicini a noi; non ha niente di spettacolare, semplicemente perché dice la verità senza enfasi o mistificazioni; insomma, questo film toglie i paraocchi invece di metterceli, come fa il cinema commerciale; non farà gli incassi noir di Michele Placido o Matteo Garrone, ma nel suo piccolo è una narrazione perfetta, perché spiega alla gente comune la storia di una donna coraggiosa, con semplicità e chiarezza; vecchi o adolescenti, laureati o analfabeti, di destra o di sinistra, non c’è nemmeno uno spettatore che dimenticherà quello che ha visto.

 

Questa opera di educazione civica ha una Permanente 3, nel senso che ti fa piacere presentarlo o discuterlo per almeno 3 giorni con gli amici (chi vi scrive ha la mamma con un passato di parrucchiera). Il risultato finale migliore si ottiene quando una persona con il giusto approccio estetico e morale non dice: “ho visto un bel film” ma “io sono dalla parte di Federica”.
L’antefatto storico: nel fare un rassegnato lavoro di cronista di nera per “la Repubblica”, Federica Angeli si trova di fronte a pericolosi delinquenti che stanno trasformando la sua Ostia in una cittadina senza futuro; la professionista non vuol perdere la presa, perciò sceglie di rinunciare a comodità e interessi personali e si trasforma in una giornalista irriducibile.
Federica, in questi anni, ha rischiato più volte di essere sbranata dai vendicatori visibili, crudeli e primordiali di un clan mafioso, che si sentiva intoccabile e invincibile; ella ha saputo affrontare coraggiosamente un lungo periodo di crisi vissuto nella paura, avendo solamente due poliziotti di scorta, avendo i familiari o gli amici che formavano un coro di codardi, avendo le cornacchie in redazione che ipotizzavano una voglia di notorietà e con 3 figli che dovevano rimanere estranei a tante preoccupazioni.
Pensi che sei sotto scorta, ma devi garantirti la continuità della vita, anche se le finestre della tua casa ti vengono sbarrate, anche se molti amici, nella malasorte, si rivelano ipocriti e traditori; anche se perfino tuo marito ti considera un’anima senza guida e ti deplora. E sei consapevole che se i diavoli che combatti riescono ad ammazzarti prima del processo, i lettori del tuo giornale, al massimo per una settimana, vorranno sapere com’era il fatto. Per tutto questo bisogno di verità, “A MANO DISARMATA” doveva appagarci facendoci entrare in un’altra vita, ma non poteva essere realizzato con tecniche cinematografiche spettacolari che lo avrebbero reso avvincente e non credibile.

In ogni modo, il cambiamento di direzione più deciso verso la nostra coscienza lo ha determinato Claudia Gerini. L’attrice romana ha una vicinanza variabile con noi che la amiamo, perché lavorato tantissimo in generi diversi; è un’artista ‘alla mano’, sempre soddisfatta dei risultati raggiunti, ma capace di imporre sfide continue a sè stessa. Noi crediamo che questa sia la sua migliore interpretazione come protagonista. Senza la sensibilità della Gerini, non avremmo conosciuto a fondo i molteplici valori umani di Federica Angeli. Nella vita privata le due donne si assomigliano, vivono secondo ciò che credono, fanno delle scelte anche ardue, si sentono oneste con sé stesse e non mutano uniforme per convenienza.
Molti attori sanno commuovere o divertire, perché hanno una ottima capacità mimetica. In questo film Claudia ha raggiunto il più autentico stile antiretorico e ha dimostrato che possiede una totalità di mezzi recitativi per stupire e meravigliare. Non era facile esprimere in tanti insistenti primi piani il miraggio di una vita migliore e il rigore morale di un essere umano che non abbandona gli altri. Non era facile rappresentare così perfettamente la pazienza materna, cioè quel sentimento femminile prodotto dallo sgravamento d’amore e mai profondamente compreso dagli uomini.

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