“Sono pessimista nel breve e ottimista nel lungo periodo”. Intervista a Juan Martin Guevara

 

Seconda parte dell’intervista, realizzata nel 2019, a Juan Martin Guevara, in un incontro che fu anche occasione per parlare di attualità, ad oltre mezzo secolo di distanza dalla scomparsa di suo fratello Ernesto e della necessità di lottare, «perché non si può vivere in questo mondo così come è ora, come dimostrano le tante tensioni presenti nel mondo. Questo sistema non riesce a far sì che noi che lo viviamo non riusciamo ad essere soddisfatti di esserci».

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PER UN CAMBIAMENTO POSITIVO SERVE UNA VERA UNIONE DEI POPOLI

Secondo Guevara, per arrivare ad un cambiamento positivo serve un’unione dei popoli, ma non un’unione come quella europea, che «risolve solo i problemi della Germania e non, ad esempio, della Grecia».

«È necessario raggiungere una stabilità e un equilibrio che il mondo, così come è ora non raggiungerà, come pensava anche il Che, che parlava soprattutto ai giovani, che hanno nelle loro mani la capacità di cambiare il mondo» continua, sottolineando anche come non è vero, come spesso si dice, che la tecnologia contribuisca a superare squilibri e contraddizioni: «È solo un modo per giustificare lo status quo. Non è veroL’unica cosa che fa la tecnologia è modificare le condizioni dell’accumulazione del potere, negli stessi luoghi dove è sempre stata. Modifica il modo di comunicare, che avviene oggi tramite social network e non più faccia a faccia. Non modifica altro, non modifica la contraddizione principale, che è data dalle diseguaglianze, dall’accumulazione dei poteri e delle ricchezze sempre più ai piani alti e sempre meni a quelli bassi».

«Non modifica, cioè, il problema del capitalismo, che ha bisogno di consumatori. Le grandi aziende tecnologiche hanno bisogno di gente che abbia denaro per consumare, per acquistare prodotti. Se le persone non hanno denaro, non può esserci commercio e, se non c’è commercio, perchè ogni volta la ricchezza si accumula sempre più ai piani alti e meno a quelli bassi, è la fine» spiega, riportando, come esempio, la crisi dell’Argentina, «dove i consumi in Argentina sono scesi ad un livello incredibile in un paese con 44 milioni di abitanti dove si produceva per 400. Senza dubbio il consumo è diminuito e la povertà è aumentata. Sono diminuite le pensioni di chi ha lavorato. Evidentemente sono crisi interne al sistema capitalista che non si risolveranno».

STATI UNITI SULLA DIFENSIVA

Nella lunga analisi Guevara parla anche degli Stati Uniti e delle sfide che oggi vedono la superpotenza impegnata: «Gli Usa sono sulla difensiva di fronte a Europa, Russia, Cina. Ma sono sull’offensiva nel continente americano, dal punto di vista economico, commerciale, militare».

In questo contesto, Trump sarebbe il più tipico presidente nordamericano. Bianco, del Midwest, visionario: «Questi sono gli Stati Uniti veri. Gli mancano solo cappello e stivali. Un cowboy visionario e urbano che sa fare affari. Non è un pazzo a cui sono fuggiti i neuroni. Si sta muovendo nel sentiero indicato dalle forze economiche, dalle industrie della Silicon Valley, dalle industrie belliche. L’Argentina ha litio e gas, il Venezuela il petrolio, come anche il Messico che è il paese che gli Usa hanno sempre avuto accanto, a cui, storicamente, hanno anche rubato chilometri.

In ogni paese ha una politica che nasconde, sotto il controllo del narcotraffico o altri pretesti, volontà di dominio. Attraverso la lotta al narcotraffico, riesce ad entrare nei vari paesi e ad avere l’accesso ai beni naturali di cui gli Usa hanno bisogno. Uno degli aspetti più importanti della politica di Trump nell’America Latina è il dominio sugli eserciti. Solo gli eserciti di tre paesi non rispondono agli Usa: Venezuela, Nicaragua e Cuba, che perciò sono nemici.

Come avanza su Cuba? Con 125 voli su Cuba. In migliaia viaggiano quotidianamente da Usa a Cuba, specialmente i cubani americani, discendenti dei cubani che andarono via, che tornano a vivere a Cuba e a fare affari. Un flusso di milioni di dollari che Trump non interromperà. Fa qualche dichiarazione, ma nulla di più. È un lavoro di penetrazione commerciale, politica, ideologica, e finanziaria. Gli Usa, negli ultimi dieci anni, sono stati i maggiori fornitori di riso a Cuba. Il riso è la principale fonte di cibo per i cubani. E gli Stati Uniti non si ponevano certo il problema di vendere tonnellate di riso. Non potevano perdere l’occasione. Gli Usa hanno un obiettivo su Cuba. Non l’invasione, ma il contenimento nella propria sfera economica e commerciale».

SENZA ORGANIZZAZIONE NON C’È SOLUZIONE

«Sono pessimista a breve termine e ottimista a lungo termine. Senza unità non c’è soluzione – aggiunge – Senza organizzazione non c’è soluzione. Senza lotta non c’è possibilità di risolvere problemi. Non ci sono esempi nella storia del mondo, in cui il potere non si prenda con la lotta, con la coscienza. Serve unità, unità di strategie, di obiettivi. E servono organizzazione, decisione, valori, coerenza. Questo è il pensiero più importante che ha lasciato il Che con la sua lotta. Ed è anche la mia idea. Non credo che, dato che ho 75 anni, vedrò il cambiamento, che probabilmente avverrà quando non ci sarò più».

Juan Martin Guevara conclude la sua lunga intervista accennando alla fondazione che, attualmente, è impegnato a realizzare, raccogliendo tutto il materiale possibile su suo fratello, con l’obiettivo di raccontare il vero Che, di raccontare «tutto quello che c’è di vero, in mezzo a tante menzogne e deformazioni» e di umanizzare il personaggio, come spiega anche nel libro, sottolineando che “è essenziale comprendere che Ernesto, all’inizio, era un ragazzo normale. Dopo è diventato una persona eccezionale che altri possono e devono imitare. I grandi uomini sono rari, ma esistono».

E, in questo progetto, rientra anche il libro scritto nel 2017, che gli ha permesso di viaggiare per il mondo e ascoltare le varie narrazioni date, nei vari paesi, del fratello: «Il libro mi è servito come strumento per poter parlare con la gente, nei diversi posti, di Ernesto, del suo pensiero. Ma non solo. Anche per discutere di cosa succede e cosa succederà. L’obiettivo è arrivare alla gente».

 

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