Quante volte abbiamo sentito usare l’espressione “giocare alla PlayStation”, spesso declinata nei vari dialetti locali, per indicare l’attività videoludica in generale, anche su altre piattaforme. O, in termini dispregiativi, per accusare qualcuno (i più giovani in particolar modo) di perdere tempo in attività giudicate inutili e infruttuose, in base ad uno dei più classici pregiudizi?
Tralasciando il significato che, di volta in volta, si dà all’espressione “giocare alla PlayStation”, il suo frequente utilizzo è testimone di una cosa di cui spesso chi la usa non è consapevole: il suo enorme impatto sulla cultura popolare.
La celebre consolle da gioco di casa Sony, a dicembre 2024, ha compiuto trenta anni. Era il 3 dicembre 1994 quando dal Giappone arrivava prima in Giappone e poi nei negozi di tutto il mondo quel popolare aggeggio grigio che, in brevissimo tempo, avrebbe conquistato le case di tantissime persone. Scavalcando l’egemonia che, prima di allora, aveva un’altra celebre casa videoludica: la Nintendo. Chi scrive ricorda quando, da bambino cresciuto negli anni ’90, giocare con un controller in mano era spesso indicato come “giocare alla Nintendo”. Anche se si giocava con il concorrente Sega Mega Drive. Prima della PlayStation, infatti, era la Nintendo la regina dei videogiochi, sin dal 1983 quando si insediò in un mercato in forte crisi, conquistandolo e riportandolo allo splendore.
Ed è proprio insieme alla Nintendo che Sony, all’epoca estranea al mondo videoludico, intendeva approdare nel settore, installando i suoi giochi su un supporto innovativo: il Cd-Rom, strumento che garantiva importanti novità rispetto alla limitata tecnologia delle cartucce, di cui facevano uso sia la stessa Nintendo, sia la sua principale rivale Sega.
La Playstation avrebbe dovuto essere frutto di un accordo con la casa di Kyoto e, inizialmente, doveva chiamarsi Snes Cd. Ma l’accordo saltò e quei pochi prototipi prodotti di “Nintendo Playstation”, come negli anni successivi fu ribattezzata, sono ora cimeli dal costo di migliaia e migliaia di euro. Una sorta di Santo Graal della storia videoludica.
Da subito, la PlayStation si distinse per la sua capacità di offrire esperienze di gioco più immersive e complesse, che andavano ben oltre la semplice interazione manuale. In particolare, segnò un cambiamento epocale nella narrazione videoludica. I videogiochi erano caratterizzati da meccaniche di gioco molto semplici. Si pensi a Super Mario, principale mascotte della Nintendo, in cui le uniche azioni che si potevano compiere erano fino ad allora: camminare, correre, saltare. Ai giochi arcade bidimensionali o agli sparatutto in prima persona che negli anni ’90 ebbero un enorme successo, specialmente tra i giocatori da pc. L’obiettivo era sparare a qualsiasi cosa si muovesse. Nessuno spazio, o quasi, per altre interazioni con l’ambiente circostante o con i personaggi.
L’innovazione tecnologica apportata dalla PlayStation fu enorme e contribuì ad una ulteriore evoluzione del media videoludico. Diventava possibile narrare storie più complesse di quella di un eroe solitario che deve solo sparare a mostri, alieni, criminali o nemici vari. Tramite quella scatoletta grigia arrivò una nuova generazione di videogiochi capaci di raccontare storie emozionanti, con personaggi dal carattere più complesso, rispetto ai precedenti, meri ammassi di pixel da sparare fino alla dipartita. Titoli come Metal Gear Solid (giusto per citare uno tra i maggiori esempi) dimostrarono come un videogioco potesse essere molto più di un passatempo: poteva essere un’esperienza narrativa profonda, capace di coinvolgere i giocatori su un piano emotivo e intellettuale.
Si immagini un ragazzino, abituato a giochi dalle dinamiche molto semplici, che, d’improvviso, si trova davanti ad uno schermo mentre gioca a Metal Gear Solid, con i suoi dialoghi che, seppur tremendamente doppiati in italiano (oggi si chiamano doppiatori di prim’ordine, ma all’epoca non si dava molta attenzione a qualcosa che era considerata un semplice giochino elettronico), lasciano trasparire lo spirito del gioco, volto a descrivere l’orrore guerra e i traumi che lascia in chi sopravvive. Chi scrive ricorda ancora le lacrime versate.
Con la nuova generazione di videogiochi inaugurata dalla Playstation e dalle sue consolle concorrenti che dopo breve tempo sorsero, nacquero nuovi personaggi destinati a diventare iconici, parte integrante della cultura popolare, celebri anche per chi non è videogiocatore. Si pensi all’enorme successo di un titolo come Tomb Raider, che ha portato la formosa archeologa inglese Lara Croft, prima vera protagonista femminile di un videogioco, nell’Olimpo videoludico, facendola diventare una icona che, come Super Mario molto prima di lei, riuscì a farsi conoscere anche al di fuori di quel mondo. Per avere una idea dell’enorme popolarità avuta dal personaggio di Lara Croft, basti pensare che, oltre ai famosi film con Angelina Jolie e Alicia Vikander, a lei è stata dedicata anche una canzone dal cantautore Eugenio Finardi, dal titolo “Amami Lara”, presentata al Festival di Sanremo 1999 e pubblicata nello stesso anno come cd singolo, sulla cui copertina c’era, ovviamente l’archeologa virtuale.
Il successo della Sony, con la sua PlayStation, continuò negli anni successivi, nonostante la rivalità con la Xbox di casa Microsoft portato. Nel 2000 arrivò la PlayStation 2, che in breve divenne una delle console più amate proprio. Nel 2006 arrivò la terzogenita di casa Sony, la PlayStation 3, la meno fortunata, messa in difficoltà dal successo di Microsoft. Difficoltà ampiamente superate nel 2013, quando fu lanciata la Playstation 4. Sette anni dopo, in piena pandemia, fece il suo ingresso sul mercato l’ultima arrivata, la PlayStation 5. E non dimentichiamo le due consolle portatili: Psp (2004) e Ps Vita (2011).
Con l’evoluzione delle generazioni, PlayStation ha continuato a plasmare il modo in cui i videogiochi venivano progettati e percepiti, trasformandosi da semplice piattaforma a vera e propria icona culturale. Le sue console hanno ospitato alcuni dei titoli più importanti e innovativi della storia dei videogiochi, contribuendo a rendere il medium videoludico un pilastro fondamentale dell’intrattenimento globale.
Oggi, a 30 anni dal lancio, PlayStation non è solo una console, ma un simbolo di innovazione continua. Il suo impatto sulla cultura popolare è immenso, e la sua capacità di evolvere, sia nel design che nelle esperienze di gioco, ha permesso ai videogiocatori di vivere storie sempre più complesse e coinvolgenti.